IIa Il dramma della fede
… difficoltà della fede.
Se l'inedia, l'atrofia, la sclerosi hanno preso il sopravvento, oggi ci sentiamo freddi, vuoti, tristi! Mancato coraggio, allenamento, movimento spirituale, vittoria del secolarismo! Crisi della intimità con Dio? Non so il perché? Che cosa devo fare? Dove si nasconde la crisi? Secondo me il nostro frequente malessere si nasconde nella crisi della fede! Non è nei dubbi, in una crisi intellettuale, ma crisi esistenziale, di credenti-atei, crisi di colui che sa chi è Dio ma non sa più come parlargli e entrare in intimità con Lui.
Contemplando nella Bibbia il cammino del popolo verso Dio, cammino fatto con mille purificazioni, con evidenza constatiamo quanto è lungo il cammino che porta al mistero di Dio: la via della fede. E non solo per Israele ma per noi. Ogni giorno vediamo lo scoramento, l'incostanza, e le crisi che ci attendono ad ogni angolo. Senza dimenticare che la fede è essa stessa oscurità. Perciò parliamo di dramma. Nell'entrare in questa meditazione e in questo tunnel oscuro, dobbiamo ricordarci il coraggioso invito di Gesù: "sforzatevi di entrare per la porta stretta...". Lc, 13,24.
La prova del deserto
In diversi momenti i testi del Concilio Vaticano II ci invitano alla consapevolezza di vivere la fede come una peregrinazione (Lumen G. n. 2,8,65) per lo più facendo espresso richiamo alla traversata di Israele nel deserto. Quella marcia: prova del fuoco... uscì fortificato: il popolo di Dio. Ma quella peregrinazione fu colma di adorazione e di bestemmia, di ribellione e di sottomissione, fedeltà e diserzione, acclamazioni e proteste..! Tutto ciò è il simbolo della nostra relazione con Dio mentre siamo in cammino; è simbolo delle nostre esitazioni e perplessità, che subiamo nella nostra ascensione verso Dio. La Bibbia ci dice che nessuno andò esente da tali mancamenti.
Al momento opportuno Dio chiama Mosé. Affronta il Faraone, riunisce il popolo disperso e si pone in marcia. È la marcia della purificazione, della fede autentica. Ma, fatti i primi passi, il dubbio sale alla gola in un grido: Es. 14,11-12!. Si preferisce la sicurezza alla libertà. In mezzo a tutta quella confusione Mosé mantiene viva la fede (non abbiate paura, Dio farà risplendere la sua potenza. Dio combatterà con noi...): Es. 14,13! A queste parole il popolo riaccende la propria fede. Contempla fenomeni mai visti: il vento impetuoso, il mare che si apre... e il popolo "credette in Lui e nel suo servo Mosé" Es, 14,31 - e intonò un canto trionfale Es. 15,1-21! Avevano avuto ancora bisogno di un segno per avere fede! "Beati quelli che non avendo visto crederanno". La peregrinazione riprende e dura tre giorni e la prova della fede ritorna. Il silenzio della terra e, a volte, il silenzio di Dio invadono le anime, tutti hanno paura. Le provviste sono esaurite. Che cosa mangeranno? E ancora scoramento, nostalgia si abbatte sul popolo; è la ribellione! Es. 16,3. E si lamenta: Numeri 11,4-5. Mosé, l'uomo di fede, prende parola: Es. 16,6. E il giorno seguente: stormo di quaglie e manna! Riprende la peregrinazione. Sale, caldo, sete. E ancora la tentazione di abbandonare tutto, di ritornare indietro: Es, 17,3. E qui nasce il momento più terribile, la crisi più forte, la domanda più pesante: "Il Signore è in mezzo a noi sì o no" 17,7. È il dubbio che raggiunge il culmine. E quel luogo venne chiamato Massa (prova) e Meriba (protesta). È la prova del deserto del popolo eletto. Oggi la Chiesa, la comunità sta attraversando un nuovo deserto. Le minacce che incombono su noi sono le stesse: scoramento e avvilimento per eclissi di Dio - apparizione di nuovi dei che pretendono adorazione - e tentazione di non andare più controcorrente, di lasciar perdere tutto, di ritornare a casa, in Egitto, e così star tranquillo. Non voglio più lottare. Sono stanco!
2° Difficoltà intellettuali:
Per migliaia di anni l'uomo ha divinizzato la natura: quanti riti magici! Quantunque la Bibbia sia molto chiara questo magismo è entrato in noi legato alla Bibbia. Ed è entrata la scienza che ha spiegato tutto... e così abbiamo raso al suolo tutto, senza distinguere... Dio è diventato una ipotesi inutile. Ma per quanto si scopra nessuno di noi riuscirà a dare la risposta esatta al problema fondamentale dell'uomo: il senso della vita. Soltanto quando l'uomo si imbatte nel suo proprio mistero, quando sperimenta fino alla vertigine la stranezza di stare qui, di essere al mondo come coscienza, come persona, solo allora affronta gli interrogativi centrali: chi sono io? Per quale ragione la mia esistenza? Da dove vengo e dove vado? Il pericolo più grave che corriamo è l'ateismo pratico: Dio non ci interessa, e si vive..?!! Comunque tra le nostre conoscenze bibliche e la limpidezza dei metodi scientifici qualcuno non si ritrova più. Dovrebbe essere un processo purificatore dell'immagine di Dio. Ma qualcuno rimane bloccato e cade nel secolarismo, dove Dio agonizza fino a morire. Ma da tutto ciò nasce un'altra ideologia che debilita la fede e problematizza i nostri impegni con Dio: l'orizzontalismo. Essa afferma che qualsiasi sforzo applicato a ciò che non appartiene a questo mondo è alienazione; la vita con Dio è tempo perso; qualsiasi impegno religioso è energia sciupata; la verginità è da sciocchi e il peccato non esiste (dal servizio di Repubblica 17 luglio 1981...).
Questo clima diffuso, questa martellante predicazione è entrata poco a poco nell'animo di tanti che un tempo si dichiaravano alleati di Dio..! Quanti ci lasciano e ci stimano illusi! Ho l'impressione che il popolo nuovo di Dio si sia un'altra volta impantanato nelle acque di Massa e Meriba: difficoltà, crisi, non ci vedo più; è duro il tuo linguaggio, non lo comprendo: verginità, castità, povertà, obbedienza, autorità: e come in ogni epoca si realizzano le parole evangeliche: "Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con Lui” (Giov. 6,66).
Dopo lo scompiglio verrà la maturazione e la sintesi tra scienza e l'amicizia con Dio. Intanto il periodo di prova aiuterà a purificare l'immagine di Dio. La fede, come dice Martin Buber, è una adesione a Dio ma non una adesione ad una immagine che uno si è formato di Dio, ma una adesione al Dio vivente!
III° Difficoltà dell'esistenza.
Sono accettate oggi, come criteri di vita, l'immediatezza, l'efficacia, la rapidità. In contrasto la vita di fede è lenta ed esige una costanza infinita per arrivare, per togliere quel difetto ecc. Di conseguenza ci sembra sempre di essere agli inizi mentre altre trionfano..! Sotto, poi, l'influenza delle scienze psicologiche e sociologiche. Oggi prevalgono i criteri soggettivi. Ciò che era oggettivo, come la verità di fede, la norma morale, hanno perso attualità e valore cedendo il passo ai dati personali e istintivi (io provo così! Io non mi sento... io...). Oggi è di moda l'emozionale, l'affettivo, lo spontaneo. Con questo modo di giudicare e di vivere non c'è più posto per il dominio di sé stessi (e perché?), l'ascesi, il superamento, la privazione che sono elementi indispensabili della marcia verso Dio (non ti capisco... perché devo andare controcorrente?). Tali concetti e parole a molti sono perfino ripugnanti; come minimo li ritengono pregiudizievoli per lo sviluppo della personalità. La comodità è diventata suprema norma di comportamento. Questa nuova norma di condotta coincide con l'ideale della società dei consumi: trarre il massimo dalla vita, concedersi tutte le soddisfazioni. È l'eterna proposta dell'insipienza: "profumiamoci, coroniamoci di rose...” Sap. 2,7-8. Oggi si parla diversamente ma lo scopo è identico: "bisogna evitare sacrifici; bisogna favorire la spontaneità, non bisogna violentare la natura, è necessario assicurare l'autenticità”. Oggi non sappiamo che farcene del silenzio. Svago e divertimento per evitare il vuoto della solitudine; le norme stabilite non si sopportano: evviva lo spontaneismo che è figlio del soggettivismo. Viviamo dunque nel nuovo deserto. Il cammino verso Lui è irto di difficoltà. Le tentazioni cambiano di nome: secolarismo, orizzontalismo, edonismo, soggettivismo, spontaneismo, frivolezza. Quanti arriveranno a Lui, quanti abbandoneranno la marcia della fede? Solo un piccolo resto ancora ce la farà? Stiamo vivendo in un tempo di purificazione. La fede è un fiume che avanza. Le impurità si posano sul letto del fiume, ma la corrente non si ferma.
II° punto: turbamento e abbandono
La fede, nella Bibbia, è un atto e un atteggiamento che coinvolge tutto l'uomo: la sua fiducia profonda, la sua fedeltà, il suo assenso intellettuale e la sua adesione emozionale; abbraccia anche la sua vita impegnando la sua storia intera con i progetti, le emergenze, le eventualità. La fede biblica, nel suo sviluppo normale, racchiude i seguenti elementi:
- Dio si pone in comunicazione con l'uomo;
- Poi Dio pronuncia una Parola e l'uomo si dona incondizionatamente
- Dio mette alla prova la sua fede.
- L'uomo si turba e vacilla
- Dio si manifesta di nuovo
- L'uomo conduce a termine il piano tracciato da Dio partecipando della forza stessa del Suo Signore.
Questa è la fede che indusse Abramo ad ubbidire al comando: "Io sono Dio onnipotente; cammina davanti a me e sii integro" (Gen. 17,1). Espressione carica di un forte significato; Dio fu l'ispiratore della sua vita; fu anche la sua forza e norma morale; fu, soprattutto, il suo amico. "Abramo credette al Signore che glielo accreditò come giustizia” (Gen. 15,6). Con queste parole l'autore sacro vuole indicare non solamente che la fede di Abramo ebbe un merito eccezionale, bensì che essa condizionò, impegnò e trasformò tutta l'esistenza del padre dei credenti. Tutto ciò è ripreso nella lettera agli Ebrei: 11,8-38!
Il nuovo testamento presenta Abramo come esempio della fede... nessuno forse visse come lui il dramma della fede..! Dio dà ad Abramo un ordine che al tempo stesso è una promessa: "Vattene dal tuo paese verso... farò di te un grande popolo" (Gen. 12,1-2). Abramo credette. Che cosa significò per lui questo credere? Significò firmare un assegno in bianco, sperare e abbandonarsi a Lui senza calcoli, ciecamente, rompere con tutta una situazione ben consolidata: con i suoi 75 anni Abramo partì senza sapere dove andava: (Gen. 12,14. Ebrei 11,8). Questo abbandono tanto fiducioso gli verrà a costare molto caro e lo costringerà a uno stato di tensione non esente da confusione e perplessità. In una parola Dio mise a dura prova la fede di Abramo. Intanto passano gli anni e non arriva il figlio promesso. Dio mantiene Abramo in una continua incertezza, come in un romanzo a puntate, viene rimandato..., e in varie occasioni gli rinnova la promessa del figlio. Passano decenni. Il figlio non arriva. In questo periodo Abramo vive una storia di fedeltà, nella quale si alternano le angosce e le speranze, rendendosi ridicolo di fronte a sua moglie: “avvizzita come sono... e tu sei vecchio” (Gen. 18,12). La solitudine incomincia a bussare al cuore di Abramo. Vive con paura la separazione con il nipote Lot (Gen. 13,1-18). Nonostante le vittorie su diversi re, il suo cuore comincia a infiacchirsi, la fede tentenna, l'angoscia guadagna terreno. Arriva il momento oscuro... e si lamenta con il Signore: (Gen. 15,2-3). E Dio gli riconferma la promessa. Ma Abramo è in preda alla crisi di fede: "ad un uomo di 100 anni e Sara 90 come è possibile?" Gen. 19,17. E Dio per tutta risposta lo invita fuori della tenda: "guarda le stelle del cielo, contale se puoi". (Gen. 15,5). Anche noi, la necessità della conferma..! E nacque Isacco! Abramo, in tutti questi avvenimenti non solo recupera la fede, ma la consolida, fino a vivere come amico del Signore. Abramo è forte ormai, ha raggiunto la maturità della fede... e qui lo coglie la prova più grande, la notte dello spirito, spaventosa... purificazione in assoluto.... Ma vediamo la serietà di Abramo Gen. 22,1-2: qui la fede biblica raggiunge la cima più alta. Quando comprendiamo un ordine anche se massacrante, può essere bello, eroico anche se... Ma per accettare un ordine assurdo o bisogna essere pazzi o le ragioni di tale sottomissione sorpassano completamente le nostre regole e il nostro concetto di eroismo. Peniamo nelle carni di Abramo. Aveva sempre sospirato di aver un figlio. Era anziano. Aveva perso tutte le speranze. Poi Dio glielo promette. A Dio tutto è possibile... ma il tempo passa, delusioni... e poi finalmente arriva! Felice, ha discendenza, ora può morire in pace. E qui l'ordine terribile!! Una richiesta pazza e tanto barbara avrebbe potuto demolire la fede di tutta una vita. Poteva pensare ad una allucinazione. Tuttavia ancora una volta crede. Questo credere contiene una fiducia e un abbandono illimitati. Possiamo immaginare il dialogo di Abramo con se stesso. Lui sa tutto, può tutto, è il provvidente..!
E' la fede: fiducia illimitata; è come sentirsi sicuri nonostante tutto, perché Lui è potente, giusto, buono, sapiente nonostante le apparenze diverse. Questa è la grande fede biblica.
Leggete come Abramo si comporta, pieno di pace, di tenerezza: Gen. 22,3-12. "Dio provvederà", è come una melodia di fondo che dà senso a tutto. "E Abramo chiamò quel luogo "Dio provvede"”.
 
E così è tutta la storia di Israele. Dio appare e scompare. Dio ha voluto che questa storia fosse una storia di fede. Così oggi, come allora, la nostra vita di fede si scontra, ad ogni passo, con il silenzio di Dio, la prova di Dio, la notte oscura. Non dimentichiamolo!!
Popolo di Israele in Egitto: esce ed è notte oscura. Gli viene promesso... ed è deserto... costruisce il tempio e viene saccheggiato, la città santa e viene distrutta! Sono queste le notti oscure nella via della fede. Nella notte Israele e noi tendiamo ad abbandonare Dio perché ci sentiamo abbandonati da Lui. Ma poi, purificati, Dio ci appare più radioso che mai. La storia dei profeti e dei santi fu così. La storia stessa di Israele: tra oscurità e prove, passa dal sogno di una grandezza terrena alla chiarezza, alla vera fede in Dio.
Per chi di noi vuol vivere la fede totale non può se non apparire commovente la crisi sofferta dal profeta Elia durante la sua peregrinazione verso il monte Oreb.
Profeta forgiato dalla lotta, da Dio, coraggiosa: sfamato e dissetato al torrente Cherit, aveva fronteggiato re, smascherato potenti, confuso e scannato gli adoratori di Baal al torrente Rison. Da un uomo di siffatta tempra non ci si poteva attendere un cedimento. Tuttavia questo si produsse e grave pure! E Gezabele..., e sale verso l'Oreb, simbolo del cammino di purificazione della fede (1 Re 19,3-7). Sorprende questa profonda depressione del profeta. Come Gesù: "La mia anima è triste...". Per coloro che hanno preso sul serio Dio e vivono nella sua vicinanza e presenza tali scoramenti sono caratterizzati da una vera agonia, come descrive San Giovanni della Croce. Non c'è uomo che s'avvicini a Dio che non abbia sofferto o soffra di simili processi di purificazione, che sono come ondate di oscurità che nascondono Dio, qualcosa che opprime, distrugge... chiami e non senti nulla! Ma Dio al momento opportuno dà un segno del suo amore. E tutto risplende, ritorna..! Francesco d'Assisi fu un credente che godette per gran parte della sua vita della sicurezza luminosa della fede; tuttavia alcuni anni prima di morire cadde in una cupa depressione  che i suoi amici qualificarono come gravissima tentazione spirituale e che durò circa due anni. Così scrivono i biografi: "Sappiamo solamente che fu una continua agonia nella quale il Poverello, apparentemente abbandonato da Dio, camminava tra le tenebre, tormentato da tanti dubbi ed esitazioni che quasi stava per disperarsi. Fu una inquietudine grave ed invincibile e Francesco ebbe bisogno di un intervento di Dio per uscirne".
Nei primi anni della conversione Dio gli aveva rivelato che doveva vivere secondo il Vangelo. Con la semplicità di un bambino tutto fece come il Vangelo dice... fino alla nudità. Non volle nulla anche per la congregazione, lavoro manuale, privi di riconoscimenti. Volle i frati poveri, liberi, allegri. Non biblioteche ma Vangelo ovunque! Questo stile di vita attirò migliaia di fratelli. Poi... alcuni si vergognarono di essere poveri, piccoli, minori e si iniziò un'altra corrente... capeggiata dal legato pontificio, e i sapienti! Quelli dicevano: abbiamo bisogno di saggi e di gente ben preparata. Francesco rispondeva: abbiamo bisogno di semplici edi umili. Quelli esigevano diplomi universitari. Francesco contestava: il diploma della povertà. Quelli reclamavano grandi case per studi. Francesco ripeteva: umili capanne per passare attraverso questo mondo.
Quelli: mani pronte alla battaglia agli eretici. Francesco: penitenti e convertiti: la Chiesa deve essere così! Dunque Francesco lottava per la vita evangelica. Ma il dramma stava qui: mentre aveva la sicurezza interiore della voce del Signore alla Porziuncola, dello stile di vita che doveva essere evangelico - povertà, umiltà ecc. il rappresentante del Papa e i sapienti dicevano che la volontà di Dio, la necessità della Chiesa e i segni dei tempi chiedevano un ordine strutturato, in lotta, all'insegna dell'efficacia. Ecco il dramma: a chi obbedire? Dove stava effettivamente la volontà di Dio? E in quel terribile momento la voce di Dio taceva - lunga agonia... che vuole Dio da me? Dicono che... ma il Signore mi ha ordinato... che cosa devo fare oggi? E il dubbio atroce: porto avanti una mia opera o l'opera di Dio? Lui è ignorante, la gerarchia sapeva le urgenze! Era logico che dovesse pensare che fosse lui a sbagliare, lui, l'insignificante Francesco! Ma allora la voce di Dio a San Damiano, alla Porziuncola, erano stati deliri, fantasie? Dio per me è stato una allucinazione? E il povero Francesco si rifugiava le notti a Rieti, a La Verna, sui monti: bussava alla porta di Dio e Lui taceva. Invocava piangendo e Lui taceva. Incominciò lui, allegro e semplice, a diventare triste. E poi, dopo notti e giorni terribili, allucinati, in cui incominciò a disperare della sua stessa salvezza, Dio gli parlò. Fu allora che compose l'inno più glorioso uscito dal cuore umano: "Il cantico di frate sole". Come sparì la gravissima tentazione? Con un atto di assoluto abbandono!! "Signore, rispose Francesco alla Voce, si faccia di me secondo la tua Parola". E la gioia e l'allegria inondò nuovamente la sua vita. Per noi?
 
II Punto: Il silenzio di Dio
In questo vivere giorno per giorno in cerca del Signore, ciò che più può sconcertarci e ci sconcerta nel nostro cammino di fede è il silenzio di Dio. "Dio è colui che sempre tace dal principio del mondo..." scrisse Unamano. I nostri occhi sono fatti per il possesso, ciò è evidente. Quando essi giungono a dominare, a vedere colori, prospettive, dimensioni, si sentono appagati; hanno raggiunto e realizzato il loro obiettivo. Anche le orecchie, per la loro conformazione, sono destinate a captare voci, suoni, melodie. Quando possono ascoltare si tranquillizzano; hanno realizzato il loro obiettivo. E così per le differenti potenze che compongono la struttura umana: potenza intellettiva, intuitiva, sessuale, affettiva ecc., con le finalità proprie di ciascuna potenza. Ottenuto lo scopo, si tranquillizzano, hanno realizzato il loro obiettivo. Qui però esplode il mistero: tutte le potenze raggiungono il loro scopo e rimangono soddisfatte. Ma l'uomo, l'uomo rimane insoddisfatto. Che cosa significa ciò? Vuol dire che l'uomo è un'altra cosa, è qualcosa di più che la somma di tutte le potenze sue. È un “io” profondo che trascende tutte le altre potenze, le sintetizza e cerca di dare un significato. Ancora: l'uomo, nato da un "sogno" dell'Eterno, è un abisso sconfinato perché ideato e scavato secondo una misura infinita. È fatto dall'infinito e affamato di Infinito. Nessuna creatura potrà riempire questo abisso di infinito che è l'uomo; solo un Infinito potrà colmarlo. Essendo l'immagine dell'Invisibile e risonanza e testimonianza del Silenzioso, l'uomo possiede forze inquiete e inquietanti che aspirano, con continuità e testardaggine, verso un Centro di gravità, dove finalmente acquietarsi, pacificate, dando finalmente fine alla corsa.
Ogni atto di fede e di orazione intensa è a sua volta un tentativo di possesso. Le forze più profonde dello spirito sono messe in azione dai meccanismi della fede. Il credente, sollevato in alto da queste incontenibili forze, tende ad avvicinarsi al suo Universo per possederlo e riposarvi. Ma a un determinato momento dell'orazione, quando l'anima, già presso la soglia di Dio, ha l'impressione che l'obiettivo sia a portata di mano, Dio svanisce come un sogno, diventa assenza e silenzio. È ancora questo scontro con il limite nostro, la nostra debolezza e incapacità! Questa realtà che ci sconcerta è intrinseca all'atto di fede. Ogni nostra tensione, apertura verso Dio è caratterizzata dal silenzio di Dio; il nostro cammino di fede è davvero caratterizzato da una specie di assenza e dal silenzio di Dio. La vita di fede è, nello stesso tempo, un'avventura... e una disavventura. Sappiamo che alla parola: "Dio", corrisponde un "contenuto". Ma chi di noi può raggiungere l'infinito "contenuto" di Dio. Rimarrà sempre per noi un mistero. L'eternità consisterà nella definitiva eliminazione di quel velo. Nel frattempo saremo degli eterni pellegrini: (e brontoloni) sempre lo cercheremo... e mai lo incontreremo.
-> Giovanni della Croce esprime mirabilmente il silenzio di Dio con questi versi: " Dove ti nascondesti, Amato, e mi lasciasti gemere? Come il cervo fuggisti, avendomi ferito; ti corsi dietro invocandoti: eri fuggito".
L'esperienza della fede, la vita con Dio è questa: un esodo, un perenne "correre dietro", invocando. Qui incomincia l'eterna odissea dei cercatori di Dio: la storia monotona e pesante, capace di fiaccare qualsiasi resistenza. A ogni istante, ogni tentativo di orazione, quando pare che il volto di Dio sia a portata di mano, già è fuggito: il Signore si avvolge in un manto di silenzio e si nasconde. Un volto perpetuamente inaccessibile: appare e dispare, si avvicina e si allontana, si concretizza poi svanisce. "Perché è l'anima che ha incontrato Dio, conserva sempre il sentimento di non averlo incontrato? Perché un senso di assenza durante anche la più intima presenza? Perché l'invisibile oscurità di quel Qualcuno che è tutta luce? Perché appena lo intravediamo ancora si occulta?" (H. de Lubac).
Pecco? Dio tace! Non pecco anche a costo di grande sacrificio? Dio tace ancora; né una parola di riprovazione, né di approvazione.
Passi la notte intera nella veglia davanti al S. Sacramento. Solamente tu parli durante la notte, mentre l'interlocutore tace. Quando all'alba te ne andrai segnato dalla stanchezza e dal sonno, non ascolterai una parola amabile di gratitudine o di cortesia. L'Altro ha taciuto tutta la notte e ancora tace al momento del commiato. E in giardino: i fiori parlano, gli uccelli parlano, parlano le stelle. Solamente Dio tace. Tutto nell'universo è un'immensa e profonda evocazione del Mistero, ma il Mistero svanisce nel silenzio, tace!
La vita e l'universo attorno a noi si popolano di enigmi e di domande. Ci risuona nelle orecchie il grido di dolore e di disperazione. Vediamo le cose più orribili: morte, sequestri, violenza, disoccupazione, ingiustizie, guerre... Che cosa fa Dio? Non è forse Padre? Non può tutto? Perché tace? È un silenzio ostinato e insopportabile che mina ha poco a poco anche le resistenze più solide. Si fa sempre più strada la confusione. E le voci si fanno più insistenti: dov'è il tuo Dio? E non sono voci solo di atei, ma di persone disperate che ancora vogliono credere. Anche noi, forse, ci lasciamo prendere dal silenzio sconcertante di Dio e allora: insicurezza e domanda se tutto è vero oppure è stato tutto un inganno. Anche noi sconcertati dal Suo silenzio. È il salmo 29,8 che ci ricorda il nostro stato: "Ma quando hai nascosto il tuo volto, io sono stato turbato". Geremia sperimenta, con crudezza terribile, il silenzio di Dio. Così si rivolge a Signore: Geremia, 15,17-18! E non è la storia di Gesù durante la sua agonia? Il Padre tace.
Gesù doveva aver perso quasi tutto il suo sangue. L'emorragia porta la disidratazione con una sensazione asfissiante e disperata. Come conseguenza Gesù fu afflitto da quell'arsura che non solo prende alla gola ma tutto il corpo: la stessa sete dei soldati dissanguati sul campo di battaglia. Nessun liquido potrebbe colmare tale sete se non una trasfusione di sangue. Febbre altissima... confusione mentale... fallimento della sua opera e il Salmista - Salmo 68: "Salvami o Dio, l'acqua mi giunge alla gola. Affondo nel fango. Non ho sostegno: sono caduto in acque profonde e l'onda mi travolge. Sono sfinito dal gridare, riarse sono le mie fauci; i miei occhi si consumano nell'attesa del mio Dio".
Nonostante che tutta la Passione venga vissuta in una mirabile serenità, ad un certo punto si entra in uno stato di confusione e di sconvolgimento. Crisi? Scoramento? Incubo? Momentanea notte dello spirito? Aridità in grado estremo? Certo è che ad un certo punto nel suo animo si fece buio, eclissi tale da giungere fino al grido: "Dio mio, Dio mio...". Il silenzio di Dio era calato sulla sua anima con il peso insopportabile di un mondo in sfacelo. Tuttavia tutto ciò fu solo sensazione! La fede non è un sentire, ma "sapere". Gesù fu magnifico anche in quel momento. Aprì gli occhi, si scosse tutto, supera il sentimento ed esprime il suo sapere, la sua certezza! Avrebbe potuto dire: Padre non ti sento... non sei vicino... sei nel vuoto, nel nulla assoluto... Ma, nonostante tutto, tu sei qui... "nelle tue mani consegno il mio Spirito". Fu un finale di gloria: il Padre l'attendeva a braccia aperte! Sono molte le persone, compromesse con Dio, che giungono a espressioni molto amare per l'esperienza del silenzio di Dio. Molti: se avessi la sicurezza della sua esistenza, allora farei tutto, con gioia, trasporto... se giungesse un giorno a rivelarsi, a parlarmi. Se avessi una sua improvvisa visita, una sua sola parola: tutto mi diventerebbe più facile, semplice... tutte le battaglie vincerei, sopporterei. Se lo vedessi, lo sentissi...
Una sorta di insicurezza sembra appartenere alla natura stessa della fede. Abbiamo sempre l'impressione di correre un rischio. È qui, precisamente, che traspare la grandezza della fede! È qui la nostra fede: la certezza di Lui! Tre categorie di persone nascono dal silenzio di Dio:
1) Gli sconfitti dal silenzio: hanno abbandonato, dopo tante esperienze, belle, profonde con Dio, definitivamente la vita di unione con Dio e si regolano, per vivere, come se Dio non esistesse. Per lunghi anni hanno vissuto, combattuto per la fede! Poi, prove, amarezze, e il suo silenzio! Si sono sentiti perduti. Non giungono a dire che Dio non esiste, ma che Dio non lo sentono più, è inutile tutto. Sono scoraggiati. E li prende uno spirito aggressivo: simbolo e segno di frustrazione. È la violenza compensatrice. Sono amareggiati e criticano tutto della Chiesa: autorità, istituzione, dottrina sociale... Si rivoltano contro la Chiesa ma è un rivoltarsi contro Dio!
2) I disorientati dal silenzio. Anche questi provengono da mille esperienze di festa con Dio. Quante rinunce, lotte per Lui! Passano gli anni e il silenzio sopravviene. E allora la paura, l'incostanza e, infine, l'apatia. C'è ancora la frequenza ai sacramenti ma per abitudine, c'è qualche orazione comunitaria, ma la vita ormai si riempie di tante compensazioni per riempire il vuoto interiore. Un tipico sintomo è la nostalgia. È il primo amore con il Signore... non tutto è passato! Si vorrebbe ritornar ancora... Con l'andar del tempo ci riesce con una nuova e più forte esperienza di Lui.
3) I confermati. È una lunga e dolorosa storia la vita di costoro. Quante crisi, aridità, cadute: sempre coraggio, abbandono, lotta, rinascita. Quante preghiere: "mostrami il Tuo volto...". Anche per questi Dio era silenzio ma non abbandonarono la lotta, nel silenzio. Lunghi periodi di aridità, ma non si lasciarono abbattere. In mezzo alla più completa oscurità rimasero fedeli, abbandonati a Dio. Giunsero le crisi. Il cielo rimaneva muto, chiuso, ma non si persero: la certezza di Dio e in Dio fu la loro bussola. Come Abramo e tanti altri uomini si abbandonarono a Dio! Nello stile dei poveri di Dio si abbandonarono senza appigli, in piena oscurità, fiduciosi senza condizioni, al loro Dio e Padre. Certezza nella fede!
 
III Punto
In tempi moderni abbiamo un'altra esponente di questa fede di abbandono: Teresina del Bambin Gesù: parole sovrumane: "L'aridità più assoluta e quasi l'abbandono furono il mio patrimonio. Gesù, come sempre, continuava a dormire nella mia navicella". È di grande conforto per noi sapere che una persona tanto eletta ha vissuto con tanta pace e il sorriso l'abbandono della fede, nonostante l'assoluto silenzio di Dio. Questa testimonianza assume nuova grandezza alla luce di altre parole: "Può essere che Gesù non si svegli che al mio ingresso nell'eternità. Ma questo, invece di intristirmi, mi causa un grandissimo conforto". Questa fragile donna è della stirpe di Abramo. Passa attraverso il dramma, tortura della fede. Le sue dichiarazioni, alcuni giorni prima di morire, ci lasciano muti e la elevano al di sopra di molti uomini che, nella Bibbia, chiedono un segno per avere la sicurezza di Dio. Teresina volontariamente ricusa questa grazia: "Non desidero vedere Dio su questa terra... Preferisco vivere di fede!". E ci svela pure il segreto della sua fede: "Io mi considero un debole uccellino ricoperto solamente di una leggera peluria. Non sono un'aquila; di essa ho soltanto gli occhi e il cuore. Ma, malgrado la mia estrema debolezza, oso guardare fissamente il sole divino, il sole dell'amore, e il mio cuore sente in sé tutte le aspirazioni dell'Aquila.” E desidera volare verso quel brillante sole che affascina i suoi occhi. Che cosa sarà di quest'uccellino? Morirà di pena per non poterci arrivare? No! Non arriva nemmeno ad affliggersi. Con un abbandono audace vuole proseguire guardando fissamente il suo divino sole. Niente sarebbe capace di spaventarlo, né il vento né la pioggia. E se oscure nuvole vengono a nascondere l'Astro d'amore, non cambia direzione; sa che oltre le nuvole il suo Sole continua a brillare"! Bernadette: “… non ti prometto…” a S. Gildard “non è per me…”.
Ecco qui il mistero finale della fede. Siamo stati strutturati per tendere ad un obiettivo infinito; difficoltà a non finire: cuore di Aquila con ali di passero! Che fare? Sappiamo che non possiamo volare in alto; e neppure tentiamo di agitare le ali. Soltanto ci abbandoniamo nelle ali del vento, e il vento è Dio. Lui finalmente può prestarci poderose ali di Aquila. C'è qualcosa che a Lui è impossibile? Sappiamo di essere un mucchio di rovine e di desolazione, ma se ci abbandoniamo in Dio Lui ci trasformerà in una dimora affascinante.
Se Dio si avvolge in un manto di silenzio e si nasconde dietro le nuvole, con un abbandono audace lo seguirò, sebbene niente veda e niente senta. Nonostante che migliaia di voci mi parlino di illazione, so che dietro il silenzio c'è Lui; lo seguirò ostinatamente, costi quel che costi! Io so che nel grande giorno si sveglierà! È bello dire ciò che Giobbe ripeteva: "Io so che il mio creatore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò il mio Dio. Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero!" Giobbe 19,25-27.
La certezza del suo amore, certezza di essere destinati ad una vita incorruttibile e immortale è fondamentale come importanza. Tutte le notti oscure, tutti i silenzi, tutte le tragedie del mondo non riusciranno ad abbattere questo certezza. La fede dunque è certezza! E questo certezza non nasce dalla ragione, ma dal cuore: dall'essere stato lungamente con Lui. È qualcosa che senti anche se non vedi, che ascolti, anche se non parla... è legato all'intimità... È dalla vita con Lui che nasce una certezza: e allora vengano le notti oscure, le prove... il fascino di Lui, la nostalgia di Lui sarà più forte. "È l'ardere del cuore".
Concludiamo: vi leggo alcuni frammenti di San Giovanni della Croce sul problema "certezza-oscurità”, il dramma della fede: "Come conosco bene la fonte che sgorga e corre, sebbene sia di notte. Quella fonte eterna sta nascosta, come conosco bene dove sta, sebbene sia di notte. In questa notte oscura della vita, come conosco bene, per fede, la fredda fonte, sebbene sia di notte. La sua chiarezza mai è oscurata. So che ogni luce da essa è venuta, sebbene sia di notte. Questa viva fonte che desidero in questo pane di vita io la vedo, sebbene sia di notte.” Il profondo mistero della fede sta precisamente in queste due espressioni antitetiche che attraversano, scandiscono e dominano il canto: "come conosco bene": certezza! "Sebbene sia di notte": oscurità. L'atto di fede consiste in quella forza contrastante e unificante che cessa di essere paradosso nel momento in cui si comincia a viverla.