IXa sulle decisioni: la povertà.
 
L.G. n. 8: “ come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni così pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo, sussistendo nella natura divina spogliò se stesso prendendo la natura di servo e per noi da ricco che era si fece povero, così anche la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria della terra, bensì per diffondere, anche con il suo esempio…".
Se Cristo si identifica nel povero (ebbi fame e mi deste...) e la Chiesa è il Cristo prolungato e diffuso, ne consegue allora che tanto più manifesterà la sua natura originaria, quanto più rassomiglierà ai poveri, sarà essa stessa povera! Come abbiamo letto dalla L.G. - un passo perentorio - la Chiesa è chiamata a percorrere la stessa via di povertà e di persecuzione per comunicare a tutti la salvezza! Ma la risposta può essere più o meno generosa, può essere di qualcuno o di tutti insieme. Da qui iniziamo la nostra meditazione. Il mistero della Chiesa è il mistero del Cristo, e il Cristo ha voluto essere povero, praticare la povertà e identificarsi con i poveri. Allora non è possibile parlare di comunità Chiesa con verità e completezza senza incontrare la povertà e i poveri. Poveri e povertà che interpretiamo in forma larga ma attuale: ignoranza di Dio e povertà di mezzi. Povertà di casa, lavoro, salute e povertà di cibo, di strutture eccetera. Per quale motivo ci fermiamo a meditare la povertà? Non perché la povertà è un aspetto interessante della vita. Buddhisti, induisti, seguaci dell'Islam hanno stimato la povertà come una virtù, una beatitudine. Per mezzo della pratica della povertà, l'uomo si libera, si fa disponibile totalmente alla preghiera e alla pratica delle virtù. Noi ci fermiamo a meditare sulla povertà perché è stata una precisa scelta di Gesù; allora per imitazione di Gesù che ha praticato la povertà, per docilità a Gesù che ha predicato la povertà. E Gesù non pratica nè predica una povertà astratta. Egli non dice: "Beati coloro che praticano la virtù della povertà..." ma "Beati voi che siete poveri, che avete fame...". È vero che si dice pure "Beati i poveri in spirito"; ma teniamo presente che il giudizio di approvazione o di condanna è basato sul nostro amore e l'apertura a chi ha fame, è nudo, è malato: che poi è Gesù Cristo. Così la povertà evangelica è ben diversa da quella buddista. Non è moralistica né antropocentrica. È centrata su Gesù: "mio Signore Gesù, come si farà presto povero colui che, amandovi con tutto il cuore, non potrà tollerare di essere più ricco del suo Amato... Mio Dio, io non so davvero se sia possibile a certe anime vedervi povero e rimanere volentieri ricche, vedersi tanto più grandi del loro maestro, del loro Amato, e non volervi assomigliare in tutto quanto dipende da esse e soprattutto nel vostro farvi piccolo. Io voglio credere che esse vi amino, mio Dio, ciò nonostante, credo che manchi qualcosa al loro amore. In tutti i casi non posso concepire l'amore senza un bisogno, il bisogno imperioso, di conformità, di rassomiglianza, di compartecipazione a tutti i dolori, a tutte le difficoltà, a tutte le durezze della vita". Ch. De Focault. Gesù ha voluto essere povero e ha predicato la povertà non oltanto come una liberazione spirituale o morale, ma come una condizione dell'incarnazione redentrice, passaggio necessario verso la risurrezione, preparazione del suo ritorno. San Paolo l'ha scritto chiaramente ai Filippesi (2,6-11: lettura). Per arricchirci della sua divinità Gesù non poteva farsi più povero, più concretamente povero, nella nostra umanità. E non si tratta di una sola e semplice povertà di spirito! Si tratta del Cristo povero e il San Paolo ce lo propone come esempio perché noi si sappia dividere i nostri beni: "Cristo da ricco che era...". Non si tratta di ridurre noi all'indigenza per sollevare gli altri ma di seguire una regola di uguaglianza. 2 Cor. 8,9-13. Se la povertà tiene un posto così importante nella vita di Cristo, è comprensibile che abbia posto in quello della Chiesa, suo corpo e sua sposa. I Padri del Concilio in una prima stesura della L. G. così scrivevano: "Cristo ha annientato se stesso facendosi povero... Così la Chiesa, sua fedele sposa che vive nella terra, si impegna sulla stessa via per compiere pienamente la sua missione. È per questo che, rinunciando alla gloria e alle ricchezze terrene, soffrendo persecuzioni e anche contraddizioni, non soltanto non esclude coloro che sono schiavi del peccato e di tutte le miserie umane, ma li accoglie tra i suoi figli, maternamente, e li segue con il suo amore, facendo del bene ed evangelizzando i poveri. Sarà così sacramento di Cristo e segno elevato fra le nazioni".
La Chiesa dunque, cosa sola con Gesù, è povera e raccoglie, soccorre, i poveri. Questo è tutto vero. Ma come mai i poveri sono così poco evangelizzati? Perché, in molti casi, non sentono la Chiesa - comunità come una casa materna? Deve impegnarsi sulla stessa via... e qua e là appare infedele! Dobbiamo prendere coscienza che se la Chiesa è divina, è formata tuttavia da noi, peccatori, imperfetti! E dobbiamo riconoscere e riparare il nostro peccato! (I poveri non trovano la maternità della Chiesa: anziani  e bimbi! Giovani e famiglie... atei e lavoratori...).
Tra i peccati dai quali il Cristo ha voluto lavare la sua Chiesa sin dalle origini, uno dei più frequenti, è la compromissione con "mammona di iniquità". Dei dodici uno tradiva, e di lui Giovanni dice che era un ladro. Appena nata la Chiesa è minacciata dalla menzogna allo Spirito Santo per una questione di denaro. Pietro non esita a colpire di morte Anania e Saffira. La simonia non tarda ad apparire: Pietro tuona "in perdizione te e il tuo denaro". Giacomo deve denunciare l'offesa fatta ai poveri con l'adulazione dei ricchi inanellati d'oro, con il furto sul salario degli operai, con la mollezza e il lusso dei ricchi!! Non c'è niente di nuovo nella lotta per la povertà della Chiesa. Tutti i secoli hanno visto due battaglie: Giov. Crisostomo dovette sostenere dure lotte con coloro che venivano disturbati nei loro agi; e si trattava perfino di confratelli nell'episcopato! E il Papa e i vescovi uniti al Papa sono infallibili ma non impeccabili. San Pietro sapeva bene e scriveva: "pascete il gregge di Dio... non per sporco interesse” (1 Pt. 5,2)... Per i laici: per sporco interesse si lavora!!!!! Se, nel corso dei secoli abbiamo enormi storture, abbiamo anche un grande numero di esempi preclari, fino ai nostri giorni: esempio di Marcello Candia.
Alcuni vescovi sono arrivati sino al punto di pensare di proporre al Concilio, un testo come questo: "Il concilio leva la sua voce per implorare perdono di tutti i peccati commessi per oblio o per disprezzo dei poveri". Non è nelle abitudini conciliari usare un tale linguaggio ma l'intenzione è significativa! Una teologia della povertà della Chiesa deve tener conto di due elementi:
a) la conformità mistica della Chiesa al Cristo impone la conformità della povertà della Chiesa alla povertà di Cristo! Lo spirito di Gesù garantisce alla Chiesa di poter essere sempre rifugio alla povertà autentica, anche se il mondo intero dovesse affondare nella ricchezza. Il mistero del Cristo povero si prolunga nella Chiesa povera.
b) la Chiesa come comunità sarà sempre composta di persone imperfette. Lo Spirito ci guida: "non puoi servire Dio e il denaro...". La povertà andrà sempre recuperata, con sforzo, come condizione indispensabile della fedeltà a Cristo! Qual è, dunque, la povertà di Cristo?
1) il Cristo ha accettato la miseria della mangiatoia e della croce. Non ha usato né la forza né i miracoli per avere un posto negli alberghi di Betlemme; non ha mobilitato schiere di angeli il Venerdì Santo. Così noi non possiamo pretendere privilegi, difese ecc. Così ha redento il mondo il Cristo; così deve redimere il mondo la Chiesa: più preoccupata nel servire la carne sfigurata del mondo piuttosto che in discussione sulla virtù della povertà. Gesù, fino alla croce! La Chiesa fino alla croce: servizio ai poveri!!
2) Gesù ha vissuto una vita povera, di una povertà da lavoratore. Il carpentiere di Nazaret. San Francesco d'Assisi scrive nel suo testamento: "Quando il Signore mi ebbe donato dei seguaci mi rivelò come dovevo vivere conformemente al santo Vangelo. Noi vivevamo come gente della più bassa condizione sociale. Io lavoravo con le mie mani, e voglio farlo ancora; e voglio che lavorino tutti gli altri frati, di onesto lavoro: quelli che non sanno, imparino...". Oggi noi viviamo una disgraziatissima frattura tra Chiesa e mondo del lavoro!!
3) Gesù, infine, durante la sua vita apostolica è vissuto povero, di una povertà significativa, per tre motivi:
- non sa dove posare il capo. La borsa è comune...
- una borsa comune doveva servire ai poveri...
- è riconosciuto come carpentiere!
- la sua predicazione è verso i poveri, gli afflitti, i malati, i lontani, tutti i disponibili alla chiamata interiore.
I poveri:
I poveri, o sono così poveri da non interrogarsi o interrogano la Chiesa: e si risponde loro parlando di "spirito di povertà". Noi fabbrichiamo una soggettiva teologia della povertà, una teologia che va bene a noi ricchi; nei salotti si discute molto della povertà... mentre la cameriera, dopo una dura giornata di lavoro, attende finalmente il permesso di andare a dormire. Così è Gerusalemme, i pellegrini fanno pienamente la loro "Via Crucis" portando una croce simbolica attraverso i suks, dove i facchini, che talvolta sono dei bambini, oppressi sotto il peso di pesanti fardelli (magari le valigie dei pellegrini) portano la croce di Gesù, loro sì, come Simone di Cirene. La povertà, come virtù morale, rischia di interessare, proprio come atteggiamento spirituale, soltanto quelli che, avendo già i beni di questo mondo, vogliono acquistare anche quelli dell'altro. Il giovane ricco domanda che cosa deve fare per acquistare la vita eterna conservando le sue ricchezze. Se Gesù gli avesse soltanto risposto: "Acquista la povertà spirituale godendoti di tutto..." non se ne sarebbe andato triste! Gesù non gli ha parlato di povertà ma dei poveri: "doni i tuoi beni ai poveri". Il Vangelo non parla se non una volta sola di povertà di spirito. Ben 93 volte di povertà reale, di poveri. Del termine astratto di "povertà" non c'è traccia. Molti si fermano alla povertà spirituale invece..! Chi sono per noi questa infinita massa di poveri? Che relazione c'è tra noi, l'evangelizzazione, la promozione umana e il mondo? Per non aver dato, a suo tempo, una risposta concreta, noi abbiamo milioni di persone che muoiono... miliardi che vivono non conoscendo Cristo... milioni di uomini che si sono affidati a Carlo Marx. L'umanità attuale si scopre, per tre quarti, ammalata, malnutrita, affamata; non basta dire: tu sei malata, non  devi fare... io ti condanno se... devi fare! Ha bisogno di sapere, di conoscere, di mangiare, di essere libero; ma quasi tutti siamo oggi in un grosso rapporto di sfruttamento! Con quale forza possiamo chiamare "fratelli" il mondo che sfruttiamo?
Lui, Cristo, ci ha amati per primo; noi in riferimento al mondo? Si dice che il poveri appartengano alla Chiesa per spirito evangelico: ma noi ci disinteressiamo!! Il cardinale Lercero, al Concilio, affermava: "... il mistero di Cristo, nella Chiesa, è sempre, ma soprattutto oggi, il mistero del Cristo nei poveri... membri privilegiati della Chiesa". 13 vescovi africani avevano presentato il seguente emendamento allo schema della L.G. “tutti coloro che sulla terra sono schiacciati da una crudele povertà, anche le classi lavoratrici le cui condizioni di vita rendono tanto difficile l'unità nel Cristo e la pratica religiosa, tutti costoro sappiano che essi hanno una parte privilegiata nell'amore del Cristo e della Chiesa".
Questo testo denuncia chiaramente la contraddizione tra l'amore di Cristo e della Chiesa dichiarato e la lontananza di tutti i possibili beneficiari. Questo è il dramma! Non diamo spazio a loro, oggi, in tutti i nostri organismi e iniziative! (Lavoratori, handicappati, anziani, i senza casa, i fanciulli esposti alla pornografia, ecc.).
La massa dei poveri, amate soprattutti, sono le masse che hanno lasciato la Chiesa!
Gesù si è identificato con il poveri dicendo: "ho avuto fame...". Il povero completa la vita del Cristo povero e della sua passione in modo che egli è segno del Cristo fra gli uomini. Così la Chiesa che continua Gesù Cristo non può essere che solidale con un'umanità sofferente per salvarla dal di dentro. Essa deve cercare e salvare quello che è perduto come umile serva al seguito di quel Gesù che ha preso la condizione di servo sofferente. Essa è, in Lui, consacrata e inviata per evangelizzare i poveri. Essa deve essere povera con i poveri... È la condizione per l'azione apostolica..! È cosa normale che Gesù si sia legato ai più sofferenti, ai più afflitti, che egli si sia legato a loro con un legame d'amore. È sempre così anche nell'amore umano, riflesso di quello divino: una madre vive di più in quello dei suoi bimbi che è infermo. Il Vangelo ci mostra Gesù... a tutti e nessuno può dirsi escluso.
Concludiamo con due testi di grande importanza:
a) la parabola di Lazzaro!
b) Giacomo nella sua lettera: Gesù privilegia i poveri e condanna i ricchi che opprimono i loro fratelli... "Voi avete ucciso il giusto".
Noi non abbiamo forse mai visto i bimbi morire di fame. Altrimenti diremmo con l'autore di "la nausea": "Ca allora ho visto dei bambini morire di fame. Di fronte a un bambino che muore di fame neppure la nausea è proporzionata". Il consiglio che si dà dovrebbe valere per tutti: "uno scrittore deve schierarsi a fianco della maggioranza, dei quasi 2 miliardi di affamati, se vuole potersi rivolgere a tutti ed essere letto da tutti. Se manca in questo egli è al servizio di una classe privilegiata ed è, alla pari con essa, uno sfruttatore" (intervista a Sartre di Le Monde). Ora a noi. Che vogliamo fare? Quali le nostre preferenze? Quale povertà?