Meditazione ai malati Oftal 22-11-1970
- Il ricordo di un cane randagio: per quanto dicessi o facessi non una parola. Nessuna possibilità di passare da un piano puramente animale a quello razionale.
- Così non c'è nessun passaggio tra il nostro essere naturale e quello soprannaturale: per quanti sforzi facciamo..!
- Se per il cane non è avvenuto, per noi sì. Cristo ci ha resi tutti quanti figli, redenti, guadagnati con il suo sangue.
- Figli nel Figlio: amati dal Padre nel Figlio, con una eredità favolosa.
- Può un Padre abbandonare..? Così noi, cari malati, nonostante la solitudine, la malattia cocente possiamo dire: Dio è accanto a me, mi vuole bene... Come in una famiglia chi è più... è più amato, così in questa famiglia: siete i più amati.
- Non lo dico per vostra consolazione, ma perché è così, diversamente si potrebbe mettere in dubbio l'esistenza stessa di Dio.
+ Perché figli malati potete contare, più di tutti gli altri su Dio! Dio Padre, prima che a tutti gli altri, è a disposizione del povero, del malato, di chi non ce la fa da solo! E allora si aggrappa a Dio e poi dice: è Dio che mi ha aiutato, non la mia intelligenza, i miei soldi: Dio è sempre stato magnifico, provvidente a chi a Lui è ricorso! "Quando sono debole è allora che sono forte". Da qui la preghiera: colui che confida, ormai, solo in Dio, credeteci, quante grazie procura!
1) - I figli di Dio si fidano di Dio. Non facciamogli questo torto... vita di fede operosa.... A Lui rendetevi disponibili.
2) Seguendolo. Facendo la sua volontà. Croce!
- Ma questo è santificarsi! Parola passata di moda! Eppure..! Abbiamo bisogno di santi... testimoni! - Siamo obbligati? È volontà di Dio. E' volontà della Chiesa.
- In che cosa consiste? Non in grazie straordinarie, ma nella grazia... Corpo Mistico.
- In che modo ci santifichiamo? "Coloro che fanno la volontà". È la sua volontà: "amatevi come io...".
3) E Lui ci ha amati fino alla morte e risurrezione! Qui sta il punto che ci mette in crisi. Cioè:
- durante la Santa Messa, di fronte a tutti, dichiariamo che mentre siamo in attesa della sua venuta, annunciamo con la nostra vita, la sua morte e risurrezione.
- In questa realtà siamo stati fatti figli, questa realtà dobbiamo vivere nella nostra vita.
Due indicazioni:
1) Mc. 8, 31-37. Ci dice della sua morte. La annuncia come si verificherà: tradimento, insuccesso, abbandono; dovrà essere respinto. Morte, poi, ignominiosa...
- Vivere la sua morte. Accettare di non essere compresi, trattati male, messi da parte... perché si vuole rimanere fedeli a Lui... E questo porta divisioni... povertà...
- Così solo la materia sarà pura e la potremmo offrire all'offertorio: ma saremo noi, con Cristo, questa materia pura. Quanta materia scadente invece.
- Vivere la morte è il donarsi totalmente... senza lasciare qualcosa per sé...
-> Solo così Cristo rivive in noi la sua passione, e la sua risurrezione per molti.
-> Così scopriamo che Cristo veramente è risorto, facendo risorgere!
2) Di fronte a questa risurrezione potremmo, inizialmente, rimanere sbigottiti, come le donne che per paura non dicevano nulla; ma poi apostoli come quelli di Emmaus.
Allora: a) cammineremo da figli di Dio (per camminare importa sempre una rottura e un passaggio...)
b) si vivrà nella speranza
c) nella pace.
d) nella gioia.
Essere figli, vivere la santità è rivivere la morte e la resurrezione del Cristo. E' vivere realmente ciò che diciamo o dichiariamo solo con la bocca.