Coscienza fondamentale e attuale.
 
VI
 
La sinderesi o coscienza abituale degli antichi è quello che noi oggi chiamiamo “coscienza fondamentale”. Si tratta del nucleo fondamentale, naturale della percezione e intuizione della moralità nei primissimi e universalissimi principi dell'ordine pratico.
All'interno dell'uomo che si evolve, opera, costruisce, esiste un nucleo fondamentale che dirige, un nucleo che giudica e indirizza tutto secondo principi universali che sono per il desiderio e l'elezione del vero e del buono; diviene così l'uomo soggetto morale che unifica tutto nella presa di coscienza, nelle scelte e nell'ordinare il tutto secondo un indirizzo […], e si sente responsabile nella scelta fra una molteplicità di atti. Cosa significa concretamente tutto a questo per la mia esistenza? In che senso scegliere ecc. ?
 L'unità  del mio essere è dato dal significato totale dell'esistenza personale che deve essere conosciuto, scelto e voluto. L'unità del mio essere lo raggiungo quando conosco so, scelgo e voglio il fine per cui sono nato.
Fra i molti atti, che devono essere conosciuti, allora si sceglierà quegli atti e tendenze che possono essere subordinati alla realizzazione del fine dell'esistenza.
 Abbiamo così una conoscenza e una scelta fondamentale riguardante il destino del vivere; e una conoscenza e una scelta particolare subordinata alla realizzazione del fine globale.
 Le scelte particolari sono e devono sempre essere in dipendenza di quelle fondamentali.
(conoscenza e scelta fondamentale = sinderesi o coscienza fondamentale; conoscenza e scelta particolare = è il giudizio che diamo in relazione alla scelta fondamentale = è la coscienza comunemente detta).
Se noi dunque facciamo un ripensamento  sul senso della vita noi scegliamo, in conseguenza, nei singoli atti, il senso e l'orientamento da dare alla nostra esistenza = E' un ideale che diviene progetto negli atti singoli che sono scelti.
Perché ci sia unità nell'esistenza deriva questa obbligazione: ognuno deve formarsi il suo giudizio fondamentale di coscienza e deve seguirlo fedelmente, deve assumersi la responsabilità degli atti secondo la scelta fondamentale. Tutto ciò diviene norma, criterio di giudizio, attrazione a non accettare dei non-sensi …
+ Il giudizio fondamentale di coscienza è la luce nella quale elaboriamo il giudizio particolare di coscienza, le norme morali ecc. Le scelte particolari sono e devono essere partecipazione ed espressione della scelta fondamentale: ne sono una realizzazione parziale: (vedete a questo punto il significato dell'esame di coscienza? Se ogni atto fosse e venisse così scelto…!)
Deriva, da tutto questo, un'altra obbligazione: non saremmo persone reali se non seguissimo fedelmente, nelle scelte particolari, la scelta fondamentale di coscienza! La coscienza attuale è il dettame, la scelta dell'azione concreta hic et nunc. Sempre in relazione alla scelta fondamentale. La coscienza attuale diviene, nel singolo atto, costruzione della coscienza fondamentale essendo in dipendenza della stessa coscienza fondamentale.
 
+ Se la coscienza fonda l'uomo, lo costituisce come uomo, ogni atto che l'uomo compie non sarà un atto morale fino a quando la coscienza non avrà omesso il suo giudizio. A questo punto è responsabile dell'atto che omette. Da questo si deduce che il dettame della coscienza è necessario, costituisce la moralità e la responsabilità dell'atto, e che non c'è moralità fuori dalla coscienza.
La coscienza diviene, quindi, autorità normativa ed esclusiva. Cioè la coscienza - rettamente fermata (!?) è da seguirsi sempre! La coscienza certa diviene la norma assoluta dell'agire. Discostarsi dalla coscienza è sempre peccare! Non si deve agire né può diventare norma d'agire la coscienza dubbiosa, il dubbio di coscienza. In auto alla coscienza due indicazioni:
  • prudenza e formazione della coscienza
    • Prudenza: presiede l'attività dell'effettività perché il giudizio di scelta sia conforme al giudizio di coscienza. E' la scelta serena dei nostri atti in rodine al fine. E' la virtù che ci abilita a scegliere il bene, a decidere bene circa il nostro agire.
S. Tomaso: è la virtù che giudica di tutte le cose partendo della causa altissima i tutte le cose che è Dio. Scegliere gli atti convenienti, le tappe giuste per arrivare al fine, è compito della prudenza: la prudenza è la virtù della scelta dei mezzi per arrivare al fine. Tali mezzi sono gli atti umani. Dal che si deduce che per ben giudicare e ben scegliere si deve avere una vita virtuosa.
  • Se la coscienza è la misura della nostra perfezione morale, la nostra attività sarà tanto più morale quanto più la coscienza ha raggiunto un alto grado di perfezione. Diventa logico allora parlare di educazione o formazione della coscienza.
  Un possibile itinerario:
  • interiorizzare sempre più le esigenze morali, le esigenze di vita spirituale: fede e carità così come Gesù ce le dà. Far diventare vita…
  • Identificarsi in Cristo nell'amore del Padre e al prossimo. E' lo sforzo per vivere il proprio principio o realtà antologica. Siamo in Cristo e dobbiamo vivere come Cristo signore. La nostra coscienza diviene il luogo dello Spirito Santo.. e quindi l'indirizzo storico dell'esistenza nostra!
  • Un continuo sforzo di lucidità: vita di grazia e preghiera. Un lasciarsi illuminare dalla Parola interpretata dal Magistero Autorità! e dalla comunità..!
  Quindi ancora:
  • essere sinceri con sforzo constante..
  • continua conversione
  • docilità!
Mt. 6,23 “Bada che la luce in te non si spenga; grande sarebbe la tua tenebra!” La  coscienza illuminata e formata diventa autonomia e responsabile e regola di vita.
Cioè non una coscienza qualsiasi è in grado di giudicare e dirimere i nostri comportamenti morali; ma una coscienza irreprensibile “di fronte a Dio e di fronte agli uomini” (Atti 24,16) quella coscienza che altrove  l'Apostolo Paolo qualifica come perfetta ed intemerata, come  “buona” 1 Tim. 15 e pura. Una coscienza, insomma, che sia nella verità. In Dio nello Spirito!
 
Perché tanta insistenza su tutto questo tema cioè di coscienza illuminata? Perché senza Riv. senza Gesù Cristo salvatore l'uomo sarebbe ancora chiuso nel suo egoismo, nell'ignoranza, nella disperazione, nella coscienza ottenebrata da tutto.
Gesù Cristo toglie l'uomo dal pantano, dalle sabbie mobili! Gesù Cristo diviene realmente la luce, la vita, la via delle coscienze di tutta l'umanità. E' necessario accettarlo! Come riuscirebbe l'uomo a salvare se stesso? Come riesce quando si trova nelle sabbie mobili? Solo dall'esterno può venire un aiuto. Da Cristo Signore! In questo troviamo l'unità del nostro essere, unità nel pensare e nell'agire.