LA BEATITUDINE NELLE SACRE SCRITTURE
   “Beatitudine come vocazione”  
 
Le beatitudini promulgate da G.Cristo sul monte sono state sempre considerate come il vertice della esperienza cristiana e la pienezza del messaggio evangelico. I cristiani sono chiamati tutti a vivere queste beatitudini. Essendo dunque considerati come il vertice della esperienza cristiana, il che equivale a dire santità, è necessario per noi, qui per un corso di Es.Sp., far diventare le Beatitudini motivo di attenta meditazione. Infatti la Beatitudine è l'espressione, il risultato di un cristianesimo perfettamente vissuto e pienamente realizzato. Cioè sarai beato, godrai della beatitudine se svilupperai la povertà in spirito, la purificazione del cuore, la mitezza e mansuetudine.
1) Che cos'è la beatitudine.
La beatitudine è la felicità raggiunta. E' l'appagamento, pieno di riposo e di pace, non di un qualsiasi desiderio, ma del desiderio che costituisce l'ideale della vita, il perché della vita”.. sono arrivato..”.Moltissimi desideri di felicità sono egoismo. Ma l'ideale della vita no! non è egoismo. Questa ricerca di felicità - beatitudine è Dio che l'ha posta e, raggiunta, diventa un ulteriore segno della nostra somiglianza con Dio. Dio è beato perché è Dio. Per ciò che è e non per ciò che ha.. Così deve essere per l'uomo. Non siamo beati perché possediamo qualche cosa, ma perché siamo quel qualche cosa che costituisce il nostro essere. Beati non perché hai raggiunto un voto alto, ma perché hai fatto il tuo dovere. La beatitudine dunque passa attraverso la fedeltà. Fedeltà al progetto di Dio.
Il tema della beatitudine ricorre molto nella Bibbia. Nell'A.T. specialmente in certi periodi, Dio promette all'uomo soprattutto la beatitudine terrena. In questa prospettiva l'uomo felice è l'uomo che ha molti  figli, l'uomo che ha molti campi, che ha molti armenti, prospero nella vita terrena: Giobbe 1,1 - 42, 12-17. La benedizione patriarcale è proprio di questo tipo “Iddio ti dia la rugiada del cielo e la fertilità della terra ecc”.Gen.27,28 - Deut.28,11.(2)
Però non sta in questo la beatitudine. E' solo un simbolo di qualcosa di più grande e cioè: Dio promette la beatitudine all'uomo che rimane fedele alla sua legge e alla sua volontà. Al suo progetto insomma. Coloro che saranno fedeli saranno beati anche in terra: Deut.28,13-14. Avranno dunque anche in terra! Del resto nel N.T. si ritorna su questa prospettiva: Gesù dice che chi avrà lasciato tutto per Lui avrà il centuplo in questa vita e la vita eterna. Cioè a chi gli è stato fedele. Chi è fedele a Dio, così dice l'A.T., è felice, è colmato di beatitudini e, come segno esterno, anche di prosperità materiale. Questa ultima osservazione è per far intendere!
Vediamo per esempio Abramo. Riceve una promessa di beatitudine ma nell'ambito della fede, nell'ambito dell'obbedienza.
La fedeltà è appunto l'obbedienza della fede, base della gioia.
“Io ti benedirò e moltiplicherò la tua stirpe perché hai obbedito alla mia voce.” Gen. 22, 17-18. Del resto  il popolo eletto fa sempre l'esperienza che quando è fedele è felice , quando è infedele è tribolato. Dio indica dunque la strada della beatitudine e per tutto l'A.T., nel suo primo stadio, gliela indica nel modulo: fedeltà, prosperità. E tutto ciò è molto importante per la vostra meditazione.(3) Infatti questo primo momento ci fa capire che la beatitudine non consiste semplicemente  nel possesso di questo o  di quel bene, non consiste  nel possedere o nel fare, ma consiste piuttosto nel realizzare un rapporto con Dio.
La felicità, quindi, nella storia del popolo eletto, è un'esperienza di relazione, un rapporto interpersonale, un'adesione ad un progetto, l'accettazione di un'alleanza con tutte le conseguenze.
L'uomo allora, se è vero tutto, non è felice se non è aperto all'incontro con qualcuno che è la sorgente della sua felicità. Dobbiamo allora affermare che la felicità non ha le radici dentro l'uomo, le ha fuori dall'uomo. La sua identità  personale è fuori dall'uomo, perché un altro ha creato l'uomo che non si è fatto da solo. L'istanza della felicità  è nell'uomo ma il senso e la realizzazione  è Dio. L'uomo, purtroppo, tante volte digerisce male che la sua felicità debba essere un Altro- Dio!  
Nell'A.T. specialmente nei libri Sapienziali, troviamo un'altra prospettiva della felicità dell'uomo.(4) E' detto beato il giusto, il prudente, il sapiente e il santo. Sal.1,1; 18,21-28.
La Beatitudine appare legata ai valori morali: alla perfezione, alla dirittura , al dominio di sé. Se notiamo bene anche questa prospettiva di beatitudine è sempre in rapporto con Dio.
Anche i valori morali sono beatitudine se in rapporto con Dio.
Questo rapporto beatificante con Dio è tale sia all'interno dell'uomo per la modificazione spirituale che produce, per il processo interiore di santificazione, sia all'esterno dell'uomo per il nuovo rapporto che instaura con l'uso delle cose, con  la realtà creata.. Insomma, in altre parole, la beatitudine è il risultato della configurazione  dell'uomo con Dio.
5°) La beatitudine non è edonismo.
Non dobbiamo confondere la beatitudine. Nel mondo pagano, greco e orientale, vi era il discorso sulla beatitudine. Beati erano gli dei. Ma dei che identificavano  la beatitudine con la soddisfazione di tutte le potenze di piacere dell'uomo. I beati dell'Olimpo sono una schiera di profittatori. Cercano la beatitudine ripetendo e ingrandendo le birbonate degli uomini.
Le cose stanno così proprio perché si crea Dio a propria immagine e somiglianza . E' l'uomo che crea Dio e non viceversa. E' l'uomo che costruisce le divinità con gli infiniti difetti. Ma ciò che poteva essere comprensibile nell'antichità, non lo è più oggi. Eppure oggi è ancora vivo questo tipo di beatitudine. Il fatto stesso che siamo creature di carne ci rende inclini a cercare istintivamente la beatitudine piuttosto nelle cose che si vedono e che si toccano piuttosto che nello spirito, nelle cose del mondo piuttosto che in Dio. E così il termine “piacere” viene assunto come sinonimo di beatitudine. E questo è l'edonismo. Oggi è diventato filosofia, è diventato un sistema di vita, che si traduce in parole banali ma molto espressive: godersi la vita . Stiamo vivendo un tipo di civiltà, un tipo di cultura, nel quale godersi la vita è diventato un ideale. Ed è una alterazione , una profanazione del concetto di beatitudine, come bisogno di infinito, così legato alla più intima esperienza dell'uomo e così legato alla rivelazione. Se da una parte l'uomo oggi è dominato dal pessimismo, dalla disperazione, dalla depressione dal non sapere  perché vivere, ecco che a quest'uomo viene offerta  una beatitudine terribilmente riduttiva (tv, canzoni, romanzi ecc.) che è quella di godersi l'esistenza. L'uomo d'oggi è profondamente tradito nel suo essere profondo; è decisamente ingannato. E' appiattito, rovinato.
6°) Per il cristiano che pensa non può e non deve  essere così. Il cristiano sa che deve rispondere ad una vocazione che Dio gli ha dato. La deve cercare, la deve vivere perché è in questo la felicità. E tutto ciò è il diritto - dovere alla beatitudine. Siamo chiamati alla beatitudine. E questa chiamata mi viene rivolta dall'Amico che mi può  rendere beato perché è Lui solo il fine del cuore dell'uomo. In che modo si può realizzare? Con la fedeltà al suo progetto.  Ma c'è da ricordare che la fedeltà è un impegno, la fedeltà è una conquista, la fedeltà è veramente una responsabilità. Immaginare la beatitudine avulsa da questa dimensione di responsabilità è fare un discorso banale e insufficiente. Ma il più delle volte è fare un discorso che non sta in piedi. La beatitudine è un itinerario allora; è un cammino nella fedeltà, un cammino nel quale vi sono delle costanti inderogabili: camminare nel progetto di Dio, verso Dio, cercare Dio, credere in Dio, incontrare Dio e realizzare un rapporto con lui. Se non si passa di lì, il discorso della beatitudine rimane provvisorio e incompleto. Che fare da parte nostra? Prendere terribilmente sul serio il discorso nell'essere beati. Non dobbiamo lasciarci ingannare da nessun surrogato. La felicità che sta nel Suo progetto, non la possiamo danneggiare con nessun compromesso…e deve essere una scelta così perentoria da tagliare i ponti con tutte le felicità fasulle e le felicità solo terrene proprio per realizzare profeticamente il più possibile la felicità definitiva. Noi sappiamo che ci sono anche le felicità provvisorie, ma non dobbiamo perdere il tempo con le felicità provvisorie. Se fossimo folgorati dalla beatitudine, come bruceremmo ogni felicità provvisoria! Madonna a Bernadette “ Non ti prometto..ma”. Folgorata dalla beatitudine per cui la sofferenza veniva offerta..! S.Francesco:” Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto”.E' nella logica della fede tutto ciò. Ma quando questa è cercata, è vissuta allora diviene pure avvenimento visibile, testimonianza.
E' la grande esperienza di S.Agostino. “Tardi ti ho amato..” Dio vuole vederci beati. Dio attende che noi esprimiamo la nostra felicità! Dio ci ha dato tutto per la nostra felicità, ha diritto nel vederci beati. Egli dunque potrebbe dire:” Non ti basto?” E forse dovremmo rispondere:” è vero, non ci basti”. Per nostra dabbenaggine e meschinità.
  La Beatitudine in Gesù.
Il valore della beatitudine come vocazione dell'uomo emerge in pienezza nel N.T. soprattutto nell'insegnamento di Gesù che la mette in relazione al Regno dei cieli. Dice infatti:” Beati i poveri in ..perché..il regno.. Beati i perseguitati..perchè è di essi il Regno..” La prima e l'ultima beatitudine in Matteo viene presentata con il presente : “è”. Nelle altre: il futuro. saranno.. La motivazione fondamentale, il contenuto, ciò che dà origine alla beatitudine è il regno, il possesso, la speranza, l'esperienza del Regno dei cieli, non più della terra. Le beatitudine del Signore non sono solo del futuro ma dell'oggi. Il regno di Dio inizia e si sviluppa lì dove ciascuno di noi realizza la propria vocazione cristiana. Se siamo, oggi, fedeli al suo progetto, oggi noi siamo beati!  E qui inizia  il suo Regno  che continuerà per sempre. Beatitudine eterna e infinita.
1) E' importante vivere, essere nel Signore per raggiungere la beatitudine. Chi vive nel Signore è beato, chi muore nel Signore è beato, chi soffre nel Signore è beato, chi è povero nel Signore è beato. Emerge così in maniera definitiva e piena  che la beatitudine dell'uomo è Dio solo perché Dio solo è beatitudine. La voc. dell'uomo alla beatitudine non ha altra motivazione e altro contenuto che il Signore. La fedeltà  è la strada!
2) Nel conoscerlo veramente sta la nostra beatitudine. Perché lo si conosce ascoltandolo, sperimentandolo, incontrandolo e allora si sviluppa in noi la beatitudine del completamento . E' un conoscere vivo , che incide nella nostra vita perché è diventato avvenimento. Quando rimane conoscenza apparente , nominalismo, intellettualismo, non c'è beatitudine. Quando c'è avvenimento c'è sempre beatitudine.
E la vita diviene la risposta ad una chiamata.  
3) Nell'amarlo veramente sta la beatitudine. Che significa voler amare perché si è scoperto che è l'amore. Perché si è scoperto che è il tutto. Quante esperienze di Santi!
4) La beatitudine  in noi quando è vera diviene testimonianza cristiana autentica. Storicamente visibile.
5) Ma tutto ciò non può avvenire senza una decisione senza ritorni, un definitivo rinnegare se stessi. Non dobbiamo  più perderci in felicità terrene, inquinarci in ideali non cristiani.. ma tendere con tutto noi stessi  al fine! E senza rimpianti. Insomma Dio è tutto. Nella fede se prendiamo Dio sul serio la beatitudine sarà vera e definitiva. Siamo stati creati per la beatitudine. Tendere alla beatitudine è diventare beati, santi.
La logica dei santi.
I santi hanno imparato alla scuola di Gesù la beatitudine vera. Così S.Francesco:” è tanto il bene…” E' un modo misterioso di essere felici in questo mondo e nell'altro. La coraggiosa accettazione  del significato  della vita presente  e di ogni avvenimento alla luce del disegno di Dio diventa motivo di serenità e di pace e, quindi, di felicità. Da questo punto di vista  la lettera di S.Ignazio di Antiochia è stupenda. Il santo , mentre in catene viaggia  verso Roma per subirvi il martirio, sente che i cristiani si stanno adoperando per liberarlo. Allora scrive per supplicarli a non farlo. Invoca i  suoi diritti ad essere esaudito.” Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto alle belve per mezzo delle quali potrò raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e sarò macinato dai denti delle belve per divenire pane puro di Cristo!”
E' la logica di Cristo  e del Vangelo. E' la logica di una esistenza data a Cristo, radicata nel Signore e portata avanti senza le disposizioni delle piccole beatitudini provvisorie che imprigionano e offuscano la visione interiore e la libertà dell'uomo.
Beati i poveri in spirito.
Alla luce di quanto abbiamo detto, le beatitudine proclamate da Gesù nel discorso della montagna sono da considerare  come un tutt'uno, evitando di isolarle una dall'altra. In fondo, piuttosto che di beatitudini, dovremmo parlare di beatitudine. Se noi ora le mediteremo ad una ad una è per penetrare il senso e il contenuto dell'unica beatitudine.
Non si pensi dunque leggendole:” io scelgo la prima oppure io scelgo la terza “. Ci può essere una sensibilità spirituale per una piuttosto che un'altra. Ma la beatitudine è Dio. E Dio è indivisibile! E le hai tutte le beatitudine se possiedi la beatitudine. Se qualcuna manca è perché non hai Dio, la beatitudine.
Chi è il povero.
Quando la bibbia parla del povero esprime una situazione davanti a Dio nella quale emerge la consapevolezza che Dio è padrone di ogni bene e il datore di ogni bene e l'uomo è colui che di questo bene ha bisogno. Il povero è prima di tutto il povero davanti a Dio, di Dio, è un essere convinto di aver bisogno di Dio. Osservate i passi  nella Bibbia. Così nei salmi. Così nei profeti. Questa dipendenza, questa situazione di dipendenza dell'uomo da Dio si radica nella creazione. Che vuol dire? Che l'uomo è creato da Dio, è chiamato all'essere ed è collocato da Dio a vertice della creazione. Dio ha creato tutto per la sua gloria. Non poteva fare se non così! Ora, al vertice della creazione ha posto l'uomo con la funzione di possedere la terra  in modo tale che tutte le meraviglie del creato possano cantare la gloria di Dio. Il povero scopre questa collocazione sacerdotale in cui glorifica Dio, diventa la voce e la coscienza della creazione. Il povero sente  e ha questo sguardo universale di tutto e si sente al servizio del progetto di Dio. In questa prospettiva  Dio solo è il Signore.
L'inizio del decalogo  consegnato da Dio a Mosè  sul Sinai è proprio questo:”Io  sono..” Deut. 5, 6-7. Sempre ritorna in tutta la Bibbia questa affermazione. Dio è il Signore! . Così nel Vangelo e nella prassi della Chiesa. G.C. è il Signore! Ma gli uomini hanno preferito e preferiscono i Signori del mondo. Il primo chiaro episodio lo troviamo in Sam. 8ss. L'uomo vuole costruirsi il suo Signore. L'uomo non vuole servire il Signore ma vuole essere signore di se stesso. E da qui iniziano tutti i disordini del mondo. In altre parole: se non si riesce a scoprire e vivere la povertà in spirito . Dio solo è il Signore di tutto e di tutti, l'uomo si aliena negli idoli ed è portatore dei più grossi disordini e squilibri. Allora.
1°) il senso della creaturalità. Si, il povero è uno che ha tanto vivo il senso della creaturalità da metterlo a fondamento della sua identità: io sono una creatura di Dio, io sono perché Dio mi ha voluto; continuo ad esistere perché Dio mi dà la vita; ciò che sono lo devo solo a Lui. Coscienza cioè di essere di Dio e di dipendere da Lui in ogni attimo. E coscienza non subita, con amarezza, con rammarico o spirito di ribellione, ma con senso di abbandono, di gioia, di beatitudine. Dio è il mio tutto! Lo gusto nella preghiera.(sono la tua creatura…) e nella vita concreta piena di fiducia in Lui; ed è un'esperienza creaturale che vive e che lo aiuta a mettersi in condizione di verità di fronte a Dio… e lo aiuta a percepire il senso vivo e storico dell'affermazione che il Signore è il Signore!:” io dico al Signore:Tu sei il mio Dio”. Sal.139, 7 . Salmo 62, 2  “ O Dio tu sei il mio Dio, all'aurora..” E' certo, un riconoscimento a livello di idee, prima di tutto a livello di convinzioni. Ed è fondamento per arrivare ad un atteggiamento effettivo, a viverlo insomma, a testimoniare il nostro essere servitori di Dio ovunque siamo. Testimonianza naturale..!
2°) Perché servitori di Dio! Sentirci servitori: è un programma! Direi che questo è l'aspetto più radicale della povertà in Spirito. Non signori, concorrenti di Dio, ma servitori di Dio. Nella Bibbia esiste una certa sinonimia tra il povero di Dio e il servo del Signore. Il servo del Signore è un assawim, povero. Il termine diventa chiarissimo quando lo si riferisce al Messia  che viene presentato come il Servo, il povero di Jahvè. Is.42,1. Gesù è proprio l'uomo che è venuto non a cercare la sua gloria ma la gloria di colui che lo ha mandato. E' servo, è sottomesso, fa la volontà del Padre. Anche nelle circostanze concrete, gioiose o dolorose, vive da servo di Dio, cioè da povero. Allora appare chiaro che l'essere poveri, che sembra un atteggiamento rinunciatario e diminutivo, è in realtà l'atteggiamento giusto di fronte a Dio e a tutto il creato; è l'atteggiamento di colui che riconosce Dio come suo unico Signore e riconosce se stesso come servo!
3°) Il povero, proprio perché si sente.. povero, spera tutto dal Signore. Proprio perché è servo e povero può attendersi e sperare tutto dal Signore. Così affermano molti salmi. Il servo della Bibbia non è uno sfaccendato, un piagnucolone. Si presenta con coraggio al Signore:” io sono povero e infelice: di me ha cura il Signore. Tu mio aiuto e mia liberazione, mio Dio , non tardare”. Sal.39,12. Il rapporto del povero con il Suo Dio non è un rapporto distaccato, freddo, non è un'oppressione da parte di Dio. Anzi è una dipendenza che fa emergere tutta una gioiosa testimonianza di vita. Questo Signore è ricco e potente; afferma la sua Signoria nel far sì che ognuno che a Lui si affida viva felice libero e impegnato nel servizio al Regno.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       
Perciò il servo della Bibbia è pieno di fiducia nel Signore:”Io grido a Te, Signore, e dico: Sei tu il mio rifugio, sei tu la mia sorte nella terra dei viventi…Salvami dai miei persecutori.” Sal. 141 6,7. Così vissero i grandi servitori di Dio, che sono per i veri poveri di Dio. Sperimentano la fiducia proprio perché sono poveri. Quando i profeti vengono investiti dallo Spirito e mandati, fanno l'esperienza della loro povertà. Si sentono incapaci.. ma fiduciosi. E' Lui che invia. Nel N.T.:due fatti :
Pietro  a Giovanni att. 3,6. Poveri, ma hanno il Signore e questo risponde alle attese. Il Signore  mette realmente a disposizione tutto ciò che è e tutto ciò che ha. Il povero ha a disposizione Dio. Il povero ha la ricchezza di Dio. 2° fatto: moltiplicazione dei pani. L'uomo è povero ma Dio è il Signore, ha il pane per sfamare i 5000 e glielo dà. Gesù è il povero. Come può sfamare?.. Alza gli occhi al cielo, invoca il Padre e il Padre non manda deluso il suo servo. Dio è a disposizione  del povero!
4°) e le cose che senso hanno nella vita del Povero?
Il rapporto del povero con le cose terrene, con le creature, non è un rapporto possessivo né dal punto di vista esecutivo né dal punto di vista affettivo. Il povero non possiede le cose o le persone. Le riceve in dono secondo il disegno di Dio, secondo le istanze del Regno. Gli sono date non perché le possegga, ma perché le valorizzi a beneficio del piano di Dio. Questo gli impedisce di ricercare il suo comodo, il suo interesse, la sua superbia, la sua vanità, la sua soddisfazione nel possedere le cose. Tutti atteggiamenti possessivi da meditare. Il desiderio di possedere, malattia per avere quella persona, quell'oggetto ecc. Il povero si purifica da ogni possessività perché tutto è del Signore e tutto deve essere visto  e trattato nella luce del progetto di Dio. Ogni qual volta si apre una parentesi o si usa qualcosa, solo per interessi terreni-cibo, corpo, l'altro ecc. non si è più né servi né poveri. Si diviene concorrenti di Dio, attentatori alla Signoria di Dio. E attenzione: è necessario che la povertà diventi effettiva per tutto! Un centesimo gelosamente difeso o custodito perché è un regalo.. può essere  una vera violazione alla povertà in spirito mentre l'amministrazione di un miliardo  non è affatto violazione della povertà se fatto nel progetto di Dio.
L'importante è che solo il servizio del Regno sia la giustificazione dei comportamenti nell'uso delle cose e persone. Che io non faccia mai da padrone.. ma viva sempre la esperienza  che io sono povero e che il Signore è l'unico ricco, è l'unico Signore. E' molto chiaro nella Bibbia: le cose sono dono del Signore, sono al servizio del Signore. Giustizia, pace e [sat.] del creato come vuole il Signore!
5) il povero ringrazia il Signore.
L'agricoltore del popolo eletto lavorava la terra  con una fatica immensamente più grande  di quanto  non la si lavori oggi. Eppure quando raccoglieva  il frutto del lavoro ne portava le primizie al Signore con cui riconosceva che tutto era dono del Signore. La fatica, il sudore, i sacrifici, decime ect. oblazioni tutto offriva  perché sapeva di non essere padrone delle cose ma un beneficato da Dio. E lodava e ringraziava! Noi siamo diversi. Noi ringraziamo noi stessi. Noi vediamo i risultati e ci congratuliamo con noi stessi. “Sono in gamba, ce l'ho fatta, sono un mago..” E così costruiamo l'idolo, l'autosufficienza, il suicidio. Tutto diventa lotta titanica. Con il ringraziamento lo sguardo diventa limpido e la vita si equilibra. I salmi sono pieni di inni di ringraziamento propri dei poveri in spirito. Sal. 143. 147. Il povero in spirito ha questo sguardo religioso su tutta la realtà, uno sguardo sereno e fiducioso. Tutto è di Dio! Questo sguardo  fa sì  che l'ordine e la giustizia regni ovunque: quando non è più povero in spirito allora l'ordine voluto da Dio viene manomesso  e l'uomo diviene dilapidatore  dei doni di Dio, distrugge il creato.. il disastro ecologico ne è solo un esempio. E' l'uomo che fa da padrone!
6) il povero e le sconfitte. Sì è bene meditare anche questo aspetto. Può capitare e capita che privazioni, prove, siccità, inondazioni, dissesti interpellino duramente. Perché Signore? Ecco la risposta del povero :” Signore, mi sta bene, perché non ti ho servito ; me lo sono meritato, meriterei di peggio ma so che tu sei buono”. E' una interpretazione religiosa anche degli avvenimenti atmosferici, politici sociali. E' sentire Dio come centro di tutto; è provocare Dio ad essere Dio nella vita del povero.
Se l'uomo si riconosce povero  e sceglie di essere povero , allora vive in ogni dove il suo rapporto con Dio e rettifica il suo rapporto con Dio e lo vive secondo verità: è una  situazione totale e si sente beato perché si riconosce povero.
7) la povertà e il Regno. Perché è di essi il Regno di Dio. La povertà in spirito è sorgente di beatitudine al presente perché è un fare spazio  al regno di Dio dentro di noi. Il povero fa spazio alla Signoria di Dio. Il povero è colui che apre le porte al Signore che è il Re , e dove è il Signore là c'è il suo Regno. Verrà pure il tempo in cui questa beatitudine sarà piena, nel regno futuro, ma qui si vuole esprimere una realtà presente: cioè nella misura in cui siamo poveri in spirito il regno viene, e noi sperimentiamo già qui la beatitudine. L'esperienza della povertà, proprio perché “è il guadagnare il Signore” padrone di tutto, è un arricchimento, è il Regno.
Il Regno inizia là dove uno è povero! Tutto si trasforma! Tutto diventa testimonianza di carità. E' il Regno!
8) Gesù è la povertà.
Per capire la povertà evangelica dobbiamo metterci a contemplare Gesù, il povero per eccellenza, questo povero sconcertante. Non a caso egli nasce, vive nella povertà vera, nello spogliamento più totale; non ha potere, non conta niente. Lui che è Dio: sono tutte conseguenze del suo essere servo. Però, proprio perché è servo  e figlio del Padre, ha a sua disposizione  cielo e terra. E' la sua la povertà illuminante. Quando Maria di Magdala lo inonda di profumo e Giuda dice..” Non si poteva..” Gesù , il povero, non loda Giuda  ma la donna che butta via 300 denari! E' lo stesso povero  che viene criticato dai.. perché mangia e beve..mentre i discepoli di Giov. digiunano! La povertà di Gesù non ha il parametro dei comportamenti umani ma ha come parametro il rapporto con Dio. Dio solo è il Signore! Tutto deve essere donato al Signore. I poveri del Signore sono coloro che interpretano la loro vita come dono. Così come vuole il Signore. E da ciò la libertà anche da ogni avidità terrena.
La Vergine Maria e la povertà in spirito.[ Assawim]
  Colei che dipende dal Signore.
  Colei che serve il Signore
  Colei che prega e ringrazia
  Colei che fa spazio al Signore
  Colei che si rende disponibile per realizzare il piano di Dio.
  Colei che meditando imitava!  
  
Il povero: è spirito e la famiglia      esame e
Il povero: è spirito e la professione     proposito
Il povero: è spirito e la società
 
Il povero: è spirito e la comunità