Da questo vi riconosceranno miei discepoli.
  Giov. 13,31ss
 
Esiste dunque un marchio di garanzia, un marchio di qualità che distingue i discepoli di Cristo dai discepoli di altri maestri; un segno distintivo facile da leggersi: “Tutti sapranno”, non confondibile con altri. Non per nulla Gesù lo indicò dopo che Giuda ebbe lasciato il cenacolo.
Non si tratta dei due principali comandamenti: amare Dio con …, amare il prossimo come … aggiornati da Gesù. Questi rimangono i massimi comandamenti dai quali dipende la legge e i profeti, per tutti, anche per l'ebreo. Ma si tratta di uno nuovo, “quello mio” che contiene e concretizza i due grandi comandamenti, che caratterizza il discepolo e gli dona la tessera di riconoscimento. Ancora, non è da confondersi con il cammino di unità, anche se questo contiene l'amare come ama Cristo, ma si distingue perché l'unità è un dono da chiedere: “perché il mondo creda”.  L'amore tra i discepoli è la difficile virtù da esercitare per essere riconosciuti come discepoli di Cristo: “da questo vi riconosceranno”.
Unità come dono per essere riletta in termini di comunione; l'amore testimoniato in termini di Comunità.
1)  Comunione. Corpo misterioso di Cristo. Vite e tralci. La vita di grazia. È la comunione con Cristo e, per Lui, con il Padre. E' la comunione con la natura divina. E' la comunione che va ricevuta. Tutta l'operazione di purificazione onde accogliere …. Da questa comunione misteriosa nasce la comunione fra noi “e anche voi siate in comunione con noi” 1 Giov. 1,3 ; “perché siano una cosa sola con noi” Giov. 17,11.  La Chiesa è un'unica sola realtà, un tutt'uno e noi siamo uniti gli uni agli altri nella misura in cui accogliamo il Signore e la vita trinitaria. Ogni ulteriore comunione con Cristo, nel mistero della sua grazia, diviene ulteriore comunione con i fratelli. Causa efficiente di comunione è l'opera trinitaria: la Chiesa è un popolo adunato nell'unità della Trinità. Dio Trinità è il modello efficace nel sommo di unità nell'unica natura e nel sommo di distinzione delle Persone infinite. Causa meritoria è Cristo. Mediante la carità ogni componente del Corpo di Cristo edifica la comunione secondo le proprie capacità. Maria Santissima in tutto questo occupa un posto speciale, perché coopera in modo speciale con il Salvatore e diviene, per noi, Madre nell'ordine della Grazia.
C'è da ricordare nella legge della comunione che ogni atto di amore, di servizio, di grazia che unisce a Cristo, secondo una misura che solo Dio conosce, unisce tra di noi e costruisce la Chiesa nell'unità della carità di Dio. Ma esiste pure la realtà negativa: ogni peccato, grande o piccolo che sia, indebolisce e frantuma l'unità. Da qui il valore del sacramento della Penitenza e dell'esercizio sincero della carità che copre …!  Al piano invisibile di grazia, corrisponde come segno di unità nel piano visibile, il papa, i vescovi, i presbiteri. Questi sono al servizio del piano invisibile, cioè i Sacramenti e la Parola. Tale azione voluta da Dio è il nesso con cui lo Spirito prende spazio in noi, prende iniziativa e presenza. Quindi dobbiamo renderci disponibili all'azione formidabile dello Spirito, è quest'ultimo che tutto sollecita. Ora tutto ciò che abbiamo detto si estrinseca con il punto successivo.
2)  La vita di comunità. La comunità è il segno esterno, culturale e storico della comunione, quindi un segno verificabile che diviene nota distintiva del discepolo.
E qui incominciano i guai, in quanto sembra molto più facile fare comunione che fare comunità, l'amarsi solo in Cristo che non l'amare l'altro nella sua concretezza umana per amore di Cristo.
E, ancora di più, sembra che ogni divisione nella Chiesa nasca proprio dall'amore: l'amore alla verità che separa, ognuno pensa di essere nella verità e così nascono le divisioni “necessarie”, purtroppo.
Comunque fa bene al cuore leggere negli Atti che i battezzati erano un cuor solo e un'anima sola, che tutto era in comunione e nessuno era nel bisogno. Ma occorre anche leggere la furbizia casereccia di Anania e Saffira, la mano decisamente pesante di Pietro; ancora: le vedove elleniste affamate e trascurate in quella distribuzione quotidiana (At. 6,1) che doveva essere secondo il bisogno di ciascuno; in 6,5 l'elezione dei Sette tutti con nome greco; e ancora, la grande disputa della […………..] ed il contrasto tra Pietro e Paolo (Gal. 2,11), la tensione tra Paolo e i Galati (Gal. 5,12) e in At. 15,39 si tratta proprio di un liturgico apostolico tra Paolo e Barnaba a causa di Marco. Ancora: la Chiesa di Corinto che contrasta Paolo (2 Cor. 10,10) e ciò che appare nella lettera 2 Cor. 12,20, leggere!  Ora tutto ciò fa pensare a una lunga lista di peccati contro la carità che rende i battezzati di Corinto irriconoscibili come discepoli di Cristo. Il problema assume dimensioni che fanno scomparire ogni presenza di discepolo si legge di sedizioni, discordie, inique gelosie che portano fino alla divisione e al martirio..
Il richiamo a questi fatti apostolici non è dato per la ricerca del mezzo gaudio nel male comune ma per non trovarci traumatizzati dalle difficoltà che incontriamo e dalle gelosie che osserviamo. Comunque l'amore e l'unità sono assolutamente necessari, perché è da qui che passa la salvezza anche se si inserisce il grande e continuo problema della conversione. Si, abbiamo tutti i nostri difetti e limiti … ma, in forma pressante, veniamo invitati alla continua conversione radicale affinché vi sia comunità, affinché i discepoli vengano riconosciuti come tali e diventino mezzi di salvezza.
 I )  Giovanni dice espressamente: “Sarete riconosciuti come miei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri”. Fantastico sarebbe. Ma basterebbe molto meno, basterebbe un “volersi bene”, il volere il bene dell'altro, il darsi pensiero per l'altro, il comprendere emotivamente che anche l'altro fa parte della stessa famiglia, fa la nostra stessa strada, ha la stessa missione e gli stessi problemi che noi abbiamo; che è uomo o donna come noi con gli stessi interrogativi, dubbi, sofferenze, peccati, paure. In realtà, quando va bene, si crea una certa comunanza di vita e di programmazione ma senza entusiasmo, senza amore, senza pietà, senza volersi bene, come estranei che collaborano alla realizzazione del Regno senza amarsi e senza rimpiangersi.
Quando poi si è in attività, si usa e si dispone delle persone con molta abilità con la scusa della realizzazione del Regno e non ci accorgiamo che è proprio quella persona il Regno di Dio. Gesù legò il segno dell'essere suo discepolo all'amore vicendevole. Ciò si realizzerà quando l'amore non svanirà nell'astratto, ma si concretizzerà in ogni istante e nei riguardi di tutti. Così, con molta semplicità.
 II )  San Paolo ci dà un'altra indicazione concreta: Gal. 5,13 “Mediante la carità siate al servizio gli uni degli altri”. Questo significa concepire la vita come un continuo servire, essere nati per servire. È il segno dell'amore e del volersi bene. È il donare il bicchiere di acqua fresca: donare tempo, intelligenza, attenzione, aiuto, comprensione; il donare una mano all'altro: “come io vi ho amati” colui che da se stesso come prezzo di riscatto. Nasce la vita come dono, come generosità; nasce tutto ciò che riguarda il volontariato e quindi il tempo da dedicare al servizio come colui che si è inginocchiato per lavare i piedi ai propri discepoli.
 III )  Ancora San Paolo afferma in Ef. 4,2: “Sopportatevi a vicenda con amore”.
È splendido l'accostamento paolino tra sopportazione e carità; ma, come abbiamo già osservato, sembra un continuo discendere dall'amarsi, dal volersi bene, dal sopportarsi. Eppure è necessaria anche la sopportazione perché il volersi bene non annulla le diversità: per doni naturali, per carismi e ministeri, per responsabilità, per l'ovvia personalizzazione dell'esercizio della vita, a cui si aggiungono i limiti e i difetti naturali di ogni uomo. L'esito è la fragilità di coesione comunitaria. La diversità, che è vocazione e dono di Dio, viene letta come contrapposizione con la  tentazione della sopraffazione e dell'isolamento. Viene cancellata così la testimonianza comunitaria. “Sopportatevi a vicenda nella carità, con umiltà, mansuetudine e pazienza” scrive San Paolo. Ogni divisione è peccato, ogni non volersi bene è peccato, possono nascere litigi ma poi tutto deve ritornare come prima … perché si è fratelli e comunità!
Brevemente presentiamo alcune condizioni necessarie per una vita comunitaria: comunità come vocazione!
  • Accettare la vita comunitaria e le sue finalità che ha una sua “identità vocazionale”, con i suoi contenuti,
strumenti, regolamenti, momenti di incontro, di condivisione, di programmazione. Se la vita comunitaria attende tutto questo e noi sappiamo che la vita comunitaria è per la nostra valorizzazione, allora è necessario lottare con i denti contro i nostri comodi, le nostre pigrizie e i nostri impegni!  Teniamo ben presente che la vita comunitaria, che ha momenti di entusiasmo e di euforia, è pure la rivelazione penosa dei nostri limiti, delle nostre povertà, grettezze, incapacità di intendersi con altri, le delusioni nel non riuscire ad affermarsi, il non essere presi in considerazione e poi le invidie, gelosie, egoismi, nervosismi: tutto ciò deve essere accettato e donato. Questa è la morte e risurrezione comunitaria.
Se tutti … allora la comunità sarà gioia, segno della vittoria dell'amore.
2)  Tendere insieme verso gli scopi della comunità. Se insieme sentiamo l'urgenza di rispondere a Dio e  
  l'evangelizzazione. È il proseguire insieme un progetto che è quello di Dio, del Regno. È il motivo per cui
  gli Apostoli vivono insieme, stessa ragione per le comunità monastiche.
3)  Un forte senso di appartenenza, perché è scelta fondamentale. E tutti insieme vogliamo … e siamo  
  preoccupati gli uni per gli altri. Ci sta a cuore!  
  • Bella comunità per me e “io” per la comunità. Tutta l'adesione, il servizio, il tempo; è il senso della mia
esistenza.
  • Ridimensionamento delle simpatie e delle antipatie. Vuol dire che c'è ancora molto egoismo. L'autentica
comunità con il suo progetto va al di là di qualsiasi antipatia.
  • E' il regno del perdono, della pazienza, della mitezza, della misericordia, della fiducia vicendevole.
  • E' il luogo dove entriamo in “Alleanza” e dove ognuno si sente responsabile dell'alleanza.
  • E' il luogo della gioia e della festa. Luogo del riposo.
 
Il nostro progetto:
  • È vivere il dono della comunione.
  • È l'essere comunità come mezzo e come fine.
  • È essere comunità per rispondere alla chiamata del Signore e imparare ad essere suoi discepoli.
  • È, nell'essere comunità, perseguire il primo scopo: evangelizzazione come primario e fondamentale atto di carità. Ma si tratta di una evangelizzazione che ha come cuore il Vangelo della carità.
Da pag. 30 a pag. 44 del documento: Evangelizzazione e testimonianza della carità.