Chi non si sposa, si preoccupa delle cose del Signore
 
Il secondo grande testo del Nuovo Testamento è quello S. Paolo 1 Cor. 7,31-35.
Dalle espressioni di S. Paolo si direbbe che la verginità è da conseguirsi per la propria tranquillità o quiete e non per il Regno. Ma non è così!  S. Paolo sottolinea “per il Signore”, che equivale a dire dopo la risurrezione “per il Regno di Dio”!  Prima della Pasqua la predicazione è il Regno dei cieli. Dopo la Pasqua il Signore è qui, è Lui il Regno; la predicazione non tocca più il Regno ma il Signore!  Non ci si sposa più per il Regno, ma per il Signore che diviene lo sposo, il capo della Chiesa, “colui che ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla Parola, al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcun di simile, ma santa e immacolata” Ef. 5,25-27.
Riprendiamo la frase di S. Paolo … senza preoccupazioni? Magnifica occasione per una vita felice e tranquilla!  Ma non è così …, subito dopo, per due volte, dice: “si preoccupa delle cose del Signore”.
Le preoccupazioni non sono quelle economiche, di pietre … ma di anime, per le quali Gesù è morto. Il celibe o la vergine esistono perché ci sia qualcuno, nella Chiesa e nel mondo, che si interessi solo delle attese di Dio. E non è neppur vero che non si sposano: non si sposano con una creatura. Quando si scopre Cristo, c'è l'esigenza struggente di consacrare a Lui tutta l'esistenza. S. Paolo dice, 1 Cor. 6,17, che chi si unisce al Signore forma con Lui un solo Spirito. S. Agnese rispondeva realisticamente a chi la invitava per nozze umane: “Sono già sposata; mi ha legata a sé con l'anello il mio Signore Gesù”.
I celibi e le vergini per il Regno non sono dunque semplicemente coloro che hanno rinunciato a sposarsi. Sono piuttosto coloro che misteriosamente (si tratta di un dono) e talvolta perfino dolorosamente, si sono accorti, magari dopo aver tentato, che una famiglia e dei figli a loro non bastava, vi si sentivano troppo allo stretto ed avevano bisogno di qualcosa di divino da amare. C'è stato un grande uomo che si è trovato a dover accogliere l'invito di Dio da solo, fuori da ogni schema e istituzione, in un ambiente come quello del protestantesimo luterano che gli era ostile e guardava con sospetto tale scelta. Era fidanzato con una ragazza di nome Regina, che amava come solo un giovane dotato della sua idealità (si tratta di Soren Kierkegaad) poteva amare. Quando capì quale era la sua vera missione e quale sarebbe stata la sua vita nel mondo, affrontò il martirio di staccarsi da lei e, anzi, fece di tutto perché fosse lei a staccarsi da lui, facendo in modo di essere ritenuto una persona indegna e sleale. Verso la fine della vita in una pagina del suo diario egli giustificò la sua scelta con parole che aggiungono qualcosa di nuovo rispetto a tutti gli elogi antichi e moderni che si sono detti del celibato, parole che forse possono toccarci interiormente: “Dio, scrive, vuole il celibato perché vuole essere amato. Tu infinita Maestà, anche se Tu non fossi amore, anche se Tu fossi fredda nella tua infinita Maestosità, io non potrei fare a meno di amarti; ho bisogno di qualcosa di maestoso da amare. Ciò di cui alcuni si sono lamentati, cioè di non aver trovato l'amore in questo mondo, per altri è un sentire il bisogno di amare Te, perché Tu sei l'amore e vorrei proclamarlo anche nei riguardi del Maestoso. C'è nella mia anima un bisogno di maestà, di una maestà che mai mi sentirò stanco o tediato di adorare. Nel mondo non trovai nulla di quella agognata maestà” (Diario).
Tutto questo vuol dire “pure sposarsi”, che è più che sposare una causa o una persona perché tutto ciò finisce! Questo è un legame unico, totalitario e infinito! Rabbi ben Assai, famoso ai tempi di S. Paolo, scandalizzò perché non si sposò con creatura ma sfidando tutti diede questa spiegazione: “La mia anima è innamorata della Torah. Altri penseranno a far sopravvivere il mondo”.
Avendo sposato una causa, quella del Signore, allora siamo chiamati a servire …, a piacere a questa persona. “Chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore”. S. Paolo, per la ragione, prende ad esempio la donna sposata per far capire … Cosa farebbe per il proprio ragazzo una fidanzata, una sposata? E viceversa?  Il celibe e la vergine devono piacere al Signore, in proposito è S. Pietro che ci ricorda qual è il comportamento: 1 Pt. 3,3-4.
Comunque il vero consigliere è lo Spirito!  Ma questo necessita di un silenzio interiore per poterne sentire i suggerimenti … !  Come per un senso marito e moglie sono epifania dell'amore di Cristo e della Chiesa, così nell'altro senso celibe e vergine sono epifania della castità verginale della Chiesa.
 
 Due simbolismi ma tutte e due vie alla santità!
 II  -  Un cuore indiviso.  
C'è poi un'affermazione profonda di S. Paolo, là dove parla di cuore indiviso. Chi è sposato si trova tante volte diviso perché deve dividere il suo cuore preoccupandosi dell'altro/a; chi è vergine vive unito al Signore senza distrazioni, cioè la/il vergine passa dall'essere “una persona” a “persona una”.
C'è una grande dispersione in noi, soprattutto oggi. Una enorme confusione sul piano affettivo e sessuale. Siamo tanti quanto sono i progetti, i rimpianti che coltiviamo in noi, tante cose e affettività che ci distraggono.
La verginità, che ci permette di vivere per il Signore e basta, è un fortissimo antidoto alla dispersione.
S. Agostino ha scritto: “La continenza in verità, ci raccoglie e ci riconduce a quell'unità che abbiamo lasciato, disperdendoci nel molteplice. Ti ama meno o Signore chi ama altre cose con Te, senza amarle per causa tua” Conf. X,29. Questa unità è ciò che Gesù chiama “purezza di cuore”.  Essa si realizza soprattutto a livello di volontà e consiste nel volere sempre meno cose fino ad arrivare a cercare in tutto solo il Signore. Questa è la verginità del cuore, volere una cosa sola: abitare con il Signore.
Per S. Gregorio Nisseno la vera verginità è quella interiore, che consiste nel liberarsi progressivamente dei desideri e delle passioni per unirsi a Dio. L'altra verginità, quella fisica, è in funzione di questa. È la base per poter costruire … la si nota anche nel matrimonio. La continenza verso terzi è base per sentirsi più sereni e a posto …!  
Penso che molte persone sposate, in questo cammino, sono più avanti di tanti celibi e vergini.
C'è poi da aggiungere che se il cuore indiviso è buona cosa, è tale solo a patto che ami qualcuno. È meglio un cuore diviso che ami, che un cuore indiviso che non ami. Perché sarebbe questo … egoismo, essere  pieni di noi stessi. Di questa specie di celibi e vergini ce ne sono stati parecchi, molti ancora oggi.
Il nostro celibato è valido se ama e per amore del Signore. Da ciò dipende la sua fecondità. Come un matrimonio senza amore non è vero matrimonio, così la verginità senza amore è una sofferenza, un vuoto…
Diverse religioni hanno una forma di purità rituale, una forma di “digiuno dal mondo”, una forma di autocontrollo, ma è tutta visione negativa della verginità. Nel cristianesimo c'è visione positiva: per amore del Signore. La verginità ha un motivo d'essere proprio per quanto Gesù ha affermato. Ma c'è da aggiungere ciò che osserviamo nel Nuovo Testamento, in particolare nella vita di Gesù, Maria, Giovanni, Paolo ecc..
Fulgidi esempi … sono da imitare … cammino di perfezione!  E a chi li segue, cosa promette il Signore? Ecco la risposta: Lc. 18,28-30.
 III  -  Verginità: mistero pasquale.
Quando e come Gesù è diventato “Signore” ?  come è venuto il Regno di Dio?  Questo ragionamento è parte della base della continenza come cammino ascetico, come sacrificio, rinuncia!  È lo stesso S. Paolo che dà la risposta sulla croce: “Si è fatto obbediente fino alla morte in croce, per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome” Fil. 2,8-11. Gli ha dato il nome: nome come contenuto … Kirias cioè Signore. Un Signore che diviene tale per mezzo della croce!  Essere sposati in Cristo (coppia) con Cristo (verginità) significa quaggiù essere “crocefissi con Cristo”, nella speranza di essere con Lui anche glorificati. La gioia non è mai assente, ma è una gioia di possesso … e di speranza!  Quelli che sono di Cristo”, scrive S. Paolo, “hanno crocefisso la loro carne con la sua passione e i suoi desideri” Gal. 5,24.
Facendo eco a queste parole il martire S. Ignazio di Antiochia, mentre era in viaggio sotto scorta verso Roma per subire il martirio, scriveva: “E' bello tramontare al mondo per il Signore e risorgere con Lui. Ogni amore terreno è stato in me crocefisso e non c'è fiamma alcuna per le cose della terra”. Non stupisce perciò se nella tradizione ascetica e mistica della Chiesa la croce è stata spesso definita il “letto nuziale” in cui l'anima si unisce al suo sposo divino. Sulla croce Gesù attira le anime che l'hanno scelto come sposo. Non siamo invitati a fare una passeggiata … a dire qualche preghiera … ma ad incamminarci verso la Pasqua.
Quanto costi ognuno lo sa … “Sforzatevi di entrare per la porta stretta…”. Questo ideale di crocefiggere la propria carne è proprio per tutti quelli che hanno ricevuto lo Spirito di Dio. Gli stessi sposati devono passare per il fuoco della Pasqua, morte - risurrezione, se vogliono che il loro matrimonio sia davvero quel grande mistero che simboleggia l'unione di Cristo con la Chiesa. Questa unione non si realizzerà su un letto di delizie in un fantastico viaggio di nozze, ma nel sangue della croce!  Per questo l'unità più perfetta tra gli sposi, non è quella che sperimentano nel gioire insieme, ma quella che sperimentano nel soffrire insieme, l'uno per l'altro, l'uno con l'altro, nell'amarsi nella sofferenza e nonostante la sofferenza.  
Il crocifiggere la propria carne è proprio di tutti ma è soprattutto dei vergini, perché ne hanno fatto una forma di vita. È qui che risiede tutto lo sforzo ascetico, la morte, il morire, il martirio, per il Regno di Dio. Crocifiggere la propria carne con le sue passioni e i suoi desideri, soprattutto il desiderio sessuale che è il più imperioso di tutti, non è uno scherzo. Questo è un nemico intestino che incalza senza tregua, di giorno e di notte, soli o in compagnia. Ha un alleato strapotente, il mondo, che mette a disposizione tutte le sue risorse, pronto sempre a dargli ragione e a difendere i suoi diritti, in nome della natura, del buon senso, della indifferenza, della superficialità!  Ne hanno fatto l'amara esperienza quegli asceti dello spirito di fuoco che erano monaci nel deserto, alcuni dei quali furono spinti dalle tentazioni della carne fino all'orlo della disperazione. “Per dodici anni ogni notte S. Pacomio … disperazione e voce di Dio: perché Tu non ti insuperbisca”. Qui dunque ha ragione di essere tutta la lotta ascetica!
Povertà, castità, obbedienza non sono rinuncia o condanna di un bene creato ma sono rifiuto del male che si è sovrapposto a quel bene; quindi sono, per eccellenza, proclamazione della bontà originaria della creazione e delle cose. Sono un modo di imitare il Signore Gesù, che incarnandosi ha assunto tutto l'uomo ma non il peccato. È un cammino verso l'uomo originario, verso il nuovo Adamo, Gesù Cristo.
In questa luce possiamo comprendere le osservazioni che S. Paolo fa ai Romani: Rom. 12,1-2.  Come Cristo ha offerto in sacrificio il suo corpo, così i seguaci suoi offrono in sacrificio i loro corpi. Qui si vede che la vita cristiana è vita pasquale, è vita eucaristica.
Il Vaticano II, Perfector caritatis n.2, quando parla di castità perfetta dice che essa libera il cuore così da accenderlo sempre più di carità verso Dio e verso tutti gli uomini. È certamente la verginità che ti fa avvicinare a Dio con cuore purificato e servire gli uomini con amore puro, senza tornaconti, attese, gratificazioni …!
Conclusioni per vivere e coltivare la castità e la verginità:
  • Vivere il carisma del matrimonio e della verginità per utilità comune.
  • La mortificazione.
  • Una sana conoscenza e accettazione della sessualità.
  • La comunità come gruppo di riferimento e di sostegno.
  • La devozione alla Madonna.