Dio è carità
 
Nella nostra azione, nella nostra testimonianza noi dobbiamo avere lo stile di Dio. Ora, è nella Parola che la Chiesa impara lo stile di Dio e perciò lo stile che dobbiamo avere nei confronti delle miserie, delle malattie e delle necessità degli uomini. La Parola, che è amore, non è un argomento che Dio ha trattato e che Cristo ha voluto illustrare. La Parola costituisce la ragione e il modo assunto da Dio per entrare nella storia degli uomini con l'Incarnazione e la Pasqua. È amore di Dio, amore che significa e comporta già nell'A.T. la liberazione dei poveri e la volontà di realizzare un mondo solidale secondo il cuore di Dio.
Nel N.T. Gesù continua l'opera di liberazione e di solidarietà voluta e messa in opera dal Padre; Egli è il Buon Samaritano dell'umanità che giunge non solo a soccorrere ma anche a dare la propria vita per il riscatto. Ai discepoli poi, Gesù domanda non di ammirare l'opera sua ma di convertirsi a Lui per poter, con il Suo aiuto, continuare la stessa missione. Zaccheo ci sembra il prototipo del convertito che diventa  discepolo. Tutto questo è sintesi.
  • Dio libera i poveri: è amore che si esprime!
È una espressione del salmo 34,7 che riassume l'intera fede di Israele: “Il povero grida e il Signore lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce”. Il bisogno dell'uomo, la sua condizione di ristrettezza senza sbocchi trova presso Dio il dovuto ascolto. Una categoria, quella dell'ascolto biblico, che è più di una condizione attenta, ma intervento risolutorio. Infatti diviene liberazione …! Israele sa da tutta la sua storia che Dio è a fianco di chi soffre; salmo 34,8. Povertà dell'uomo e potenza liberante di Dio sono un binomio che attraversa tutta l'esperienza religiosa di Israele. Dio amore!
a) Azione di Dio nell'Esodo.
Il testo biblico parla spesso della situazione di Israele in Egitto in termini di povertà. Si parla di miseria e di umiliazione. Tutto ciò viene creato dai lavori forzati in cui il popolo è sottoposto ad angherie di vario genere. È un popolo ridotto ad essere schiavo. A questo punto il racconto biblico pone l'iniziativa di Dio a favore degli oppressi, iniziativa che viene presa proprio dall'ascolto del grido degli schiavi, Es. 3,7 e 6,5; Deut. 26,7.
Significa che la voce del povero e dell'oppresso trova udienza presso Dio. È la prima rivelazione della identità di Dio … è bellissimo!  Vuol dire che il grido del povero penetra i suoi cieli e si pone davanti a Lui con l'urgenza del bisogno. Lo esprime il passo dell'Es. 2,23!
b) L'azione di Dio non mortifica, anzi esige e corrobora l'azione dell'uomo.
L'ascolto da parte di Dio diviene, per sua natura, azione efficace. Produce ciò per cui si grida. L'ascolto che diviene azione efficace, da parte di Dio, si trasforma in un suo personale coinvolgimento che il testo Esodale esprime in termini di discesa di Dio verso gli schiavi allo scopo di liberarli. Il Dio dell'Esodo appare come un Dio che ha cuore, sensibile, che si prende cura, che ama insomma. Ma Dio si serve di un collaboratore, Mosè. È allora che appare Dio, nel suo intervento a favore dell'uomo non annulla il protagonismo di questi, anzi lo esige e lo corrobora; ne fa addirittura la condizione indispensabile! ..
Al mar Rosso Dio combatte in favore di Israele e al suo posto, ma il popolo non deve avere paura ed essere forte, Es. 14,13. Dio agisce, ma il popolo deve fidarsi di Jahvè che vuole dare la salvezza. La fede di Israele rende possibile la vittoria di Dio. Con i trecento uomini di Gedeone, pochi per una battaglia contro un esercito ma sufficienti perché disponibili a Dio, Dio salva Israele, Gdc. 7,7.  L'esodo così qualifica l'azione di Dio: Egli è colui che ha fatto uscire dalla schiavitù d'Egitto, Es. 20,2.
Appare così come un parente, un familiare dell'uomo nel bisogno! In Es. 6,3-7 appare come colui che si è imparentato con il suo popolo fino ad un impegno solenne: l'alleanza. Egli prende le difese della sua famiglia, la sottrae dalla schiavitù, gli restituisce la libertà, gli fa dono della terra e li lega a se con l'alleanza: “Vi prenderò come mio popolo e diventerò il vostro Dio”. In forza dello scatto esodale Jahvè diviene il redentore di Israele; e Israele ricorderà nel tempo … farà “memoria” … cap. 14 e 15 molto importanti.
Dio diviene il guerriero, l'eroe che salva, difende. Molti salmi riprendono queste espressioni e ricordano quanto Dio ha operato, Sal. 78,13-53; 105,7-12; 136,13-15.
c) L'esilio come nuovo Esodo e atto creativo di Dio.
Ai tempi dell'esilio in Babilonia la condizione dei deportati Ebrei è molto diversa da quella dell'Egitto: un popolo senza identità, senza terra, senza più Dio! Da qui lo sforzo dei profetici esilici di presentare Jahvè non più come il Dio di Israele ma come ma come l'unico Dio esistente, al quale appartengono i popoli e la cui storia Egli dirige e determina. Per cui Ciro il grande può essere chiamato suo servo, Is. 48,14. Ebbene in questo contesto di dominio universale da parte di Jahvè, Israele appare come “un vermiciattolo” Is. 41,14, ma è proprio di lui che si interessa il grande Signore della storia. Qui si ripete quanto era successo nell'Esodo e cioè Israele, come allora, è un popolo che è ricaduto della miseria e nella povertà. Dio ne ascolta il grido Is. 41,17; lo consola Is. 40,1; ne ha pietà Is. 49,13; Dio gli rinnova i prodigi dell'Esodo: traccia una strada  nel deserto perché possa incedere con celerità, lo disseta Is. 41,18; 42,15; 43 ecc.. Precede e guida il suo popolo come un pastore, portando gli agnellini sul seno e conducendo pian piano le pecore madri Is. 41,10-11. Il ritorno è effettuato in un clima di gioia, Is. 49,8-26. Il ritorno dall'esilio non è visto solo come una ripetizione dell'esodo ma soprattutto come un evento creatore … come inizio di una nuova era, Is. 43,18b.  Gli interventi salvifici di Dio sono visti come atti creativi, come inizio di una comunità sacra, come scoperta in Dio della propria unità di popolo e della propria identità.
  • L'azione di Dio come difesa dei diritti della classe debole.
Israele si stabilisce in Canaam. Passa da uno stato nomade … all'agricolo. Si sviluppa la vita privata, un incremento di redditi e il commercio fa nascere una classe ricca che investe in terreni espropriandoli a gente indebitata. Nasce il latifondismo, la ricchezza di pochi spesso senza scrupoli, la povertà di molti che finiscono per diventare servi, quasi schiavi. Insomma anziché una società di fratelli si era creata una società dai forti squilibri sociali dove il sopruso e l'ingiustizia erano di casa.
a) I profeti.
Contro una degenerazione simile Dio interviene in favore delle classi più deboli, attraverso la denuncia delle ingiustizie dei potenti, ad opera dei suoi profeti. Il più acceso tra questi è Amos 2,6-7; leggere!
Si comprende bene che l'accusa di Amos è puntata contro la venalità in tribunale, contro il magistrato che favorisce il ricco a discapito del più debole non riconoscendone il buon diritto. Un'accusa ricorrente nei profeti: Amos 5,7 e 6,12; Is. 1,23; Midea 3,1-3 ecc..  Non solo denuncia, ma la parola dei profeti richiama pure un intervento di Dio contro le sopraffazioni.
b) La legge.
La denuncia dei profeti produrrà i suoi frutti su un doppio livello: una maggiore produzione legislativa in difesa del povero e del debole, e una maggiore coscienza umanitaria verso il povero. Liberazione dello schiavo, anno sabbatico, giubileo; è vietata l'usura, più attenzione alla vedova e all'orfano, ecc..
Verso lo schiavo non solo la libertà al settimo anno, ma metterlo in condizione di vivere in autonomia con una larga ricompensa, Deut. 16,12-14. E si dovrà fare di tutto perché non ci sia alcuno nel bisogno, Deut. 14,4; un tentativo di superamento delle forti sperequazioni sociali. E infinite altre indicazioni: Deut. 24,14-15;
Lev. 19,13; Ger. 22,13; Deut. 24,19-22.
c) I salmi.
I salmi sono l'esaltazione di questo atteggiamento di Dio verso i poveri. La salvezza è per loro, i poveri vengono presentati come i destinatari privilegiati dei doni di Dio: salmo 72,4 e 109,31; il salmo 91 è una sintesi della salvezza di chi si affida al Signore. Il protagonista non è più solo il povero in quanto oppresso ma il povero che si affida a Dio. La povertà in spirito come atteggiamento di fondo che fa si che sia amato da Dio. È quanto Dio dichiara in Safonia 3,11-13. Da un popolo di superbi, un popolo umile, un popolo povero in senso religioso. Il povero è ora colui che crede, che si fida di Dio e gli si affida, perché ha compreso che l'unica ricchezza e potenza è solo quella che discende dall'amore di Dio. Per questi umili c'è una serie di beatitudini; la loro afflizione si cambierà in gioia, Is. 29,19.
La povertà evangelica è l'ideale di Dio …; è l'uomo che si libera da tutto per incamminarsi incontro all'amore, per immergersi nell'infinito di Dio.
    II
Chiunque legge il testo dell'A.T. si accorge che l'azione di Dio è sempre un gesto di amore verso il suo popolo. Ogni gesto di Dio deve essere interpretato al di là del fatto stesso e cioè come preparazione lunga e paziente perché Israele sappia leggere l'amore di Dio e possa capire che è base di un ulteriore sviluppo. Ogni azione di Dio è amore concreto nell'oggi, preparato da lungo tempo e promessa d'amore sul nostro cammino.
a) L'amore concreto di Dio è amore che sceglie, accompagna, guida. Chiama Abramo, Mosè, Maria! Tutto il popolo. Il suo amore concreto si chiama pure elezione: Deut. 7,7-8. È elezione ma per noi è lunga azione educante e progressiva. Prendiamo ad esempio il rapporto che deve esserci tra le persone. Dapprima l'uomo è solo capace di sopruso libero: Gen. 4,23. Poi dopo l'intervento di Dio: la prima legge per rispettare la giustizia, Es. 21,24. Poi fa fare al suo popolo un passo in avanti: la legge del perdono, Lev. 19,17-18.
Questo esempio ci dice come il Signore accoglie il suo popolo per quello che è e lo aiuta progressivamente a maturare perché diventi capace a sua volta di educare l'umanità. Dio vuole prepararsi un nuovo popolo!
b) un altro aspetto dell'amore concreto è il legame strettissimo che Dio realizza con il suo popolo tramite l'alleanza. Tutto, nel Pentatenco, viene sintetizzato con l'alleanza. È una realtà sconvolgente, che lasciava stupiti … che Dio dovesse fare alleanza … Che meriti abbiamo? Gratuito! Tutto deve essere letto in termini di alleanza. Dalla creazione: simili a Dio … a Noè … Abramo, Mosè, Giosuè, Davide, Gesù Cristo!  
Ogni alleanza valorizza, rende nuovo il partner e lo arricchisce all'infinito …, amore!
c) Un'altra forma di amore impegnativo come il precedente: la promessa, cioè la venuta del Messia. Il testo di Gem. 3,15 è letterariamente contemporaneo all'episodio narrato in 2 Sam. 7.  Sotto il profilo teologico questa contemporaneità ha un valore rilevante. Il Messianismo compare nella fede anticotestamentaria come una promessa fatta da Dio all'umanità subito dopo la caduta di Abramo. In questa ottica la profezia di Natan a Davide, 2 Sam. 7,15-17, diventa la continuazione logica di quella promessa primordiale.
Israele, dunque, è depositario di una verità che appartiene all'umanità intera; inoltre, tale promessa si renderà concreta attraverso un personaggio nato dal popolo ebraico, nato dalla stirpe di Davide. In breve, Israele è depositario, custode e testimone di una promessa la cui concretizzazione sarà la salvezza per ogni uomo. Non solo ma il Messianismo realizzerà un rinnovamento di Israele e della umanità tutta. Questo secondo punto di meditazione, pur nella sua brevità, aveva lo scopo di evidenziare come l'amore di Dio sia sempre presente nella storia dell'uomo sia come fatto vissuto sia come promessa. Inoltre tale amore divino rende necessariamente il partner umano sempre nuovo perché lo arricchisce di ciò che non era e di ciò che non aveva.
 III
In questa terza parte prendiamo in esame il buon Samaritano che è poi l'azione di Dio che continua in Cristo salvatore.
Per ben capire vanno ricordati l'incompatibilità e l'odio tra Giudei e Samaritani, registrato anche da Giov. 4,9.
Per un Giudeo era impossibile immaginare un buon Samaritano che aiuta in modo così esemplare un povero Giudeo senza nome, bisognoso di aiuto e di cui avrebbe dovuto sentirsi nemico o, almeno, estraneo. Ecco invece che si rovesciano i rapporti tra gli uomini. Si superano divisioni etniche, religiose, politiche e si attua l'impossibile. L'azione del Samaritano, nata dal vedere … e compassione …, viene analiticamente analizzata da Lc. 10,33-35: si avvicina …, lo fascia …, lo porta …. Tutta questa descrizione minuziosa intende illustrare la carità delicata e completa del buon Samaritano verso quel Giudeo, praticata solo perché quell'uomo era nell'indigenza ed egli aveva la possibilità di aiutarlo, in quel preciso momento. È certo che questa parabola deve aver creato una certa impressione nel pubblico giudaico a cui era rivolta. Una rivoluzione di giudizio e di comportamento. Questo viene reso possibile per la presenza di Gesù: nel suo esempio diviene possibile la carità tra gli uomini. La tradizione patristica legge la parabola come una allegoria di Gesù e della sua misericordia verso l'umanità ferita dal peccato. Gesù quindi dipingerebbe se stesso modello di ogni credente. La sua venuta, il suo prodigarsi, l'azione verso la malattia e il peccato sono la novità del Regno di Dio che si rivela nella sua attività e nella sua persona. Appare così, nella massima evidenza, lo stretto legame tra la carità cristiana e la rivelazione storica dell'amore di Dio in Cristo, che è l'essenza stessa del Regno da Lui predicato e portato. Tentiamo di mettere dunque in luce questo nesso cristologico della carità che diverrà la base della vita di carità dei cristiani.
a) Il discorso di Nazareth e la sua attuazione.
Prendiamo in considerazione il discorso programmatico di Gesù a Nazareth, Lc. 4,16 ecc., riportato da Luca,
Lc. 4,16-31; lettura!
Gesù si presenta come servo del Signore, dotato di Spirito, consacrato per una missione speciale. Tale missione consiste nell'annunciare il lieto messaggio ai poveri, nel dare la vista ai ciechi, nel liberare oppressi e prigionieri cioè i malati e i sofferenti, nell'annunciare l'anno di grazia del Signore. Egli annuncia che tutto ciò oggi in Lui si avvera, si realizza!
Passano alcuni giorni e Luca descrive al cap. 7 la risposta di Gesù ai discepoli del Battista: “sei tu colui che …”. E Gesù risponde con la stessa frase di Nazareth e facendo ciò che quella Riv. affermava. È facilmente riconoscibile la piena concordanza tra la profezia e la piena realizzazione nell'attività di Gesù come predicatore e come taumaturgo. Tutto coincide, la profezia trova perfetta realizzazione in Gesù. La sua è una missione di liberazione cioè di amore per l'umanità sofferente.
b) Le scelte di Gesù nell'ambiente del suo tempo.
Le categorie sociali di persone che vivevano nella Palestina di Gesù erano così collocate nella scala sociale: al primo posto la corte reale … al secondo posto i rappresentanti della classe ricca; al terzo la classe media; all'ultimo gradino i poveri, ovvero i lavoratori a giornata, i braccianti, persone in condizioni precarie, i mendicanti, i lebbrosi e tutti gli emarginati ! Come si comportò Gesù di fronte alle categorie di persone distribuite in questa scala sociale?
Non si curò affatto della corte reale e politica. Non si interessò ai ricchi se non per invitarli a non essere insensibili verso i poveri, oppure a convertirsi. Gesù rivolse la sua attività di Messia alla gente della classe media e povera. Amava percorrere villaggi e campagne, piuttosto che le grandi città, e qui predicava e annunciava il Regno. La scelta di rivolgersi ai poveri però non escludeva i ricchi. Se i ricchi vogliono la salvezza devono smettere di porre le loro sicurezze nell'avere … ma devono accogliere il Regno e condividere la loro vita e le ricchezze con i più poveri.
La scelta così radicale dei poveri, nell'ambiente di Gesù, era inaudita; ma era il segno più evidente della novità del Regno di Dio che egli era venuto a portare, dove tutti avrebbero dovuto essere fratelli perché riconoscevano Dio come unico Padre, un Padre che si deve imitare nella infinita misericordia e generosità.  In questa nuova famiglia che si crea attorno a Gesù tutto diventa fratellanza. Non c'è più padrone e schiavo ecc., Gesù è la presenza personificata di Dio, dell'amore di Dio che si prende cura dell'uomo povero, abbandonato e oppresso per accoglierlo nella sua famiglia dove la miseria, la malattia, la schiavitù, la morte sono vinte. Si scopre nella vita di Gesù una continua attenzione e una continua scelta per il mondo dei poveri … e una continua critica verso coloro che intendono la vita come sfruttamento e sopruso.
c) La lotta contro il male fisico e spirituale.
Il Regno di Dio non è una parola consolatrice che lascia le cose come sono ed aiuta attualmente ad accettarle con rassegnazione. Il Regno di Dio, entrando in questo mondo, non lo lascia com'è; vuole mettere in ordine le cose e gli uomini; distruggere l'ingiustizia, la miseria e l'oppressione di cui è fatto oggetto l'uomo; restituire ai perseguitati la libertà, la salute ai malati, il benessere a chi ne era stato privato, la gioia agli afflitti. Oggi, nelle circostanze attuali, il Regno di Dio che è Regno di amore, pace, giustizia, non può non presentarsi come giudizio critico nei confronti del mondo e nello stesso tempo come progetto di giustizia, di pace e di amore che inizia e si sviluppa là dove si accoglie Dio.
In un mondo sbagliato e rovinato dalla violenza, Gesù introduce la novità in assoluto del discorso della montagna e un altro mondo si realizza! Il Regno di Amore. Ma oltre alla Parola giudizio sul mondo, Gesù rivela una forza nuova, una potenza salvifica e benevola: viene incontro a una folla malata nel corpo e nello spirito con la guarigione dalle malattie e il perdono dei peccati. È la salvezza integrale che Gesù porta, è l'amore del Regno. Chi accoglie Gesù e il Regno non può porsi di fronte all'umanità che allo stesso modo. Noi non potremo guarire l'umanità malata allo stesso modo di Gesù, ma seguire tutte le strade e usare mezzi leciti per alleviare le sofferenze e portare salvezza. È l'amore di Dio che passa per Cristo e continua attraverso la comunità cristiana.
Gesù ci amò fino alla fine! La sua passione …, la sua morte …; Dio mio … perché …? Atto supremo d'amore: è la salvezza per tutti. L'amore vero passa attraverso la croce.
IV
   Le esigenze della sequela a Cristo. Un esempio: Zaccheo.
   Saremo giudicati sull'amore.
  • Conversione e discepolato.
  • I frutti che manifestano la conversione.
  • Ciò che conta davanti a Dio. Reale valutazione della ricchezza.
  • Ciò che è decisivo per la salvezza. L'atteggiamento da imitare. Carità e intelligenza della Parola. Gli
ammessi e gli esclusi dal Regno.
e)  Zaccheo: conversione, discepolato, salvezza.
 
1 -  La sequela primaria, la conversione.
“In quei giorni comparve Giovanni Battista a predicare, dicendo: convertitevi perché il regno di Dio è vicino”, Mt. 3,2. Con il medesimo appello inizierà anche la predicazione di Gesù, Mc. 1,14. La conversione è annunciata quale condizione necessaria per accogliere il Regno, la salvezza offerta da Dio in Cristo. La maggior parte dei discorsi missionari degli Atti degli Apostoli si conclude con l'invito rivolto ai Giudei e ai pagani a convertirsi per poter beneficiare di questa offerta: 2,38-40; 3,19s, 26.
In tutti i Vangeli si insiste molto sulla conversione, soprattutto nell'opera lucana. Se al termine “conversione” si aggiungono tutti gli altri racconti nei quali Luca descrive situazioni di conversione, senza usare direttamente il termine “conversione”, come l'incontro di Gesù con la peccatrice, Zaccheo, il ladrone pentito, il figliol prodigo e molti altri fatti degli Atti, si deduce che Luca è particolarmente interessato al tema della conversione. Già alcune pagine dei profeti come Am. 4,6-12; Os. 11,1-9; Is. 5,1-7 mettono in risalto in maniera commovente tutto ciò che Dio mette all'opera per attirare a sé il suo popolo. In Luca troviamo racconti che evidenziano la ricerca di Gesù dei peccatori in vista della loro conversione. I gesti della donna che ricerca la dramma perduta 15,8-10, dicono tutta la sollecitudine di Gesù per i peccatori e rivelano l'iniziativa di Dio per la loro salvezza. Alle critiche suscitate per il pranzo cui Gesù ha partecipato a casa di Levi, egli risponde: “Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori a convertirsi”, 5,32.
Giovanni invitava alla conversione e dava il Battesimo in vista del perdono dei peccati, Lc. 3,3. La missione affidata dal Risorto ai dodici è di predicare la conversione … e il perdono dei peccati, Lc. 24,47.
La predicazione degli Apostoli e di Pietro negli Atti, si conclude normalmente con l'invito a convertirsi, a cambiare vita perché siano cancellati i peccati: Atti 2,38; 3,19. Lo stesso dono dello Spirito è concesso a chi si converte: Atti 2,38. Gli Atti vedono nella conversione il fatto che permette di essere aggregati alla Comunità di quelli che “il Signore chiama” 2,39-41, alla comunità dei salvati 2,47, al numero dei discepoli 6,7
alla Chiesa e comunità 9,31; 16,5.
Essere stirpe di Abramo era l'orgoglio dei Giudei. Gli Atti, Gesù, il Battista riconoscono ai Giudei di essere stirpe di Abramo ma affermano che figli autentici di Abramo si diventa solo grazie alla conversione; senza di essa il fatto di essere discendenti carnali di Abramo non può giovare alla salvezza: Lc. 3,8; 16,24-26.
2 -  i frutti che manifestano la conversione  
L'appello del Battista alla conversione nella testimonianza di Luca 3,8 risuona così: “Fate dunque frutti che testimoniano la vostra conversione e non cominciate a dire: abbiamo Abramo per padre”. Si presentano a lui tre categorie di persone, gente comune, pubblicani e soldati  a chiedere: “che dobbiamo fare?”. La risposta di Giovanni Battista è un invito a cambiare l'atteggiamento nei confronti del prossimo circa l'uso dei beni materiali, visti come fonte di egoismo, ingiustizia e violenza, esortando le tre categorie rispettivamente alla conversione, alla giustizia, alla non violenza Lc. 3,10-14. In questi atteggiamenti si realizza e si manifesta la vera conversione che fa di loro degli autentici figli di Abramo.
Siamo in linea con la tradizione profetica che ha maturato quale criterio di appartenenza al popolo della Alleanza non solo il rifiuto dell'oppressione e dell'ingiustizia, ma anche la condivisione dei beni con i poveri nella pratica della carità. Ezechiele descrive l'atteggiamento del giusto e del malvagio che si converte come quello di chi “da il pane all'affamato, copre di vesti l'ignudo, non presta ad usura né ad interesse, non opprime il povero e l'indigente” Lc. 18,5-18. Anche il Deuteroisaia elenca fra le azioni che rendono possibile la presenza di Dio in mezzo al suo popolo non solo quelle che riguardano la giustizia 58,3-4-6 ma si sofferma più a lungo sulla carità di chi si spoglia dei suoi beni per condividerli: 58,7-10; leggere!
3 -  Ciò che conta di fronte a Dio
“Davanti agli uomini voi fate la figura di persone giuste, ma Dio conosce bene i vostri cuori. Infatti ci sono cose che gli uomini considerano molto, mentre Dio le considera senza valore” Lc. 16,15. Queste parole sono rivolte da Gesù ai farisei che andavano ad ascoltare tutto quello che diceva ma, precisa Luca, essendo attaccati al denaro si beffavano delle sue parole: Lc. 16,14. L'attaccamento al denaro impedisce loro di prendere sul serio le parole di Gesù che esigerebbero da loro un mutamento di atteggiamento nei confronti della ricchezza.
Nel viaggio verso Gerusalemme, Lc. 9,51 e 19,28 , Gesù traccia l'identità di chi lo vuole seguire. Una parte notevole di queste istruzioni sono riservate proprio a definire il comportamento del discepolo di fronte alle ricchezze. È uno stile di vita del discepolo che qui emerge! La ricchezza non è fonte di vita: “Se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni” Lc. 12,15. È perciò grande stoltezza investire tutta la vita nella ricchezza e nei piaceri che essa può procurare, perché questa verrà meno; Lc. 12,19-21: “Stolto! Questa notte morirai”! Che ne sarà della tua ricchezza … con che cosa ti presenterai a Dio? “Vendete ciò … e datelo in … “ Lc. 12,33.  Con la ricchezza si può fare qualcosa che non viene mai meno e che può seguirti in cielo. Il tema dell'elemosina è particolarmente sottolineato in Luca; l'autentico senso dell'elemosina era ben noto dall'insegnamento dell'A.T. e Gesù fa riecheggiare e completa tale insegnamento.
In Tobia 4,7-11 si invita a fare elemosina dei propri beni; un'elemosina proporzionata alle proprie ricchezze ricordando a chi ha molto, di dare molto; dare a tutti secondo le proprie possibilità. L'elemosina, si dice, libera dalla morte …! Così è dal Siracide: invita all'elemosina come atteggiamento concreto 4,1ss + 7,32-36 + 29,8-13.  L'invito di Gesù a vendere i propri beni per darli in elemosina, corrisponde a quanto detto nell'A.T. ; è richiesto non il disprezzo delle ricchezze ma la vera e concreta carità amorosa verso i fratelli nel bisogno. Solo chi abbraccia questo nuovo modo di vedere e di agire può seguire il maestro e avere la vita eterna: Lc. 18,22.
4 -  Ciò che è decisivo per la salvezza
L'intero cap. 16 di Luca si interessa del nostro problema con due parabole: l'amministratore saggio e il ricco stolto, v. 10,13 e 14,18. Riguardano entrambi il problema della ricchezza: l'uno in positivo, l'altro in negativo.
  • L'atteggiamento da imitare.
L'accoglienza presso gli amici non è altro che la dimora eterna, cioè la salvezza. Tutto ciò gli viene assicurato perché l'amministratore distribuisce le ricchezze del padrone. Cioè il Padrone è Dio che affida agli uomini le sue ricchezze. Ciò che vuole il Signore è la condivisione dei beni presenti con i poveri. Allora anche i ricchi possono aver parte alla salvezza. In altre parole la condivisione della ricchezza nella carità è condizione per aver parte al Regno, per essere accolti nella dimora eterna. Fuori da questa prospettiva la ricchezza diventa ostacolo alla salvezza perché non permette più di servire Dio secondo il suo progetto ma impone un'altra logica che allontana dal servizio di Dio: “non potete servire Dio e mammona” v. 13.
Che le due logiche siano irriducibili lo troviamo indicato con espressioni chiare pure in S. Paolo, es. Col. 3,5 , dove ammonisce di far morire gli atteggiamenti che sono propri di questo mondo fra cui elenca “quella voglia sfrenata di possedere che è una specie di idolatria”, cosa che attira la condanna di Dio.
  • L'atteggiamento da evitare.
La parabola è rivolta a quei farisei che a causa del loro attaccamento al denaro v. 14, disprezzavano l'insegnamento di Gesù su tale punto … e perderanno così la salvezza. Nella parabola abbiamo tre quadri.
Nel primo, v. 19-21, il ricco nella sua sfrontata opulenza non si dà il minimo pensiero per l'estrema miseria del povero. Nel secondo, v. 22-26, la situazione è capovolta, irreversibile; la situazione futura va risolta oggi con un diverso atteggiamento. Alla luce della parabola precedente farsi degli amici … la risposta del v. 25 va così inteso: tu ricco, quando eri in terra, ai riservato solo per te la tua ricchezza lasciando il povero nella sua miseria; non ti sei preoccupato di fartelo amico dividendo con lui i beni che ti erano stati affidati. Quella barriera eretta sulla terra, tra il mondo dell'opulenza e quello della miseria, non può più essere abbattuto.
È chiaro l'appello rivolto ai ricchi a mutare la loro vita, ispirandola alla condivisione e alla carità. Nel terzo quadro, v. 27-31, abbiamo la preghiera del ricco con la risposta di Abramo (per i suoi fratelli, un segno come la risurrezione di un morto!). Ma Abramo parla di un ostacolo che rende impenetrabile ogni messaggio, anche quello che Dio ha inviato attraverso Gesù che risorgerà dai morti. Tale ostacolo è l'attaccamento al denaro, rilevato al v. 14, che spinge a beffarsi della Parola di Gesù. Solo una disponibilità all'uso della propria ricchezza nella carità, darà loro la possibilità di intendere la Parola, di praticarla e di aver parte all'eredità di Abramo.
In Atti 10,2 e 10,4-31 la conversione di Cornelio: per le sue preghiere ed elemosine. La carità viene interpretata come lo strumento, la porta di ingresso alla comprensione della Parola - Salvezza!  Per il cristiano la carità è l'elemento essenziale che lo caratterizza. Cristianesimo primitivo; inno alla carità: 1 Cor. 13,19 . Nella vita dei primi discepoli la carità era l'elemento riconosciuto come caratterizzante il discepolo del Risorto, Mt. 25,31-46 è il giudizio finale nella carità.  Viene descritto l'atteggiamento della carità in forma molto chiara: dare da mangiare, da bere, un tetto, un vestito a chi ne è sprovvisto, assistere e curare chi è nella malattia e nella vecchiaia, assistere anche chi è caduto nella miseria morale, sociale, economica.
Il giudizio viene fatto in ogni momento della nostra vita … e il criterio discriminante sarà quello di aver condiviso le nostre ricchezze oppure no. È su questo punto che tutti noi giochiamo la nostra salvezza!
5 -  Zaccheo: conversione, discepolato, salvezza!
Alla fine del viaggio verso Gerusalemme, ricco di insegnamenti per i discepoli, Luca colloca ancora il ritratto di un discepolo che si converte proprio in rapporto all'atteggiamento verso la ricchezza e verso i poveri: è Zaccheo 19,1-10.  Poco prima descrive il giovane ricco 18,18-27: se ne va “era infatti molto ricco”. Zaccheo è pure lui molto ricco, è capo dei raccoglitori di tasse (pubblicano). Si incuriosisce … Gesù lo vede e si autoinvita, mormorazioni dei farisei …; ma in Zaccheo si realizza la salvezza che si evidenzia nel suo atteggiamento verso la ricchezza, è conversione. Tale decisione comprende due aspetti: la restituzione del quadruplo dei beni e la donazione della metà dei suoi averi ai poveri!  È un mutamento radicale nei confronti della ricchezza, i poveri vengono prima e si instaura un criterio di condivisione. È qui che nasce il discepolo!
Gesù può dire: “la salvezza è entrata in questa casa”. È un nuovo atteggiamento che dimostra la verità di una profonda conversione.
 Conclusione
Soprattutto attraverso il Vangelo di Luca la conversione è apparsa come condizione per accogliere il Regno; la conversione appare come atteggiamento particolare verso la ricchezza che vuole prendere il primo posto nel cuore dell'uomo, che rende incapaci di preoccuparsi veramente e seriamente dei propri fratelli portandoci alla condanna eterna.
La vera conversione implica la disponibilità all'amore generoso che porta a mettere a disposizione dei fratelli poveri i nostri beni, affinché siano alleviate le loro pene. È la linea che ha tracciato Gesù; prendendo questa decisione si diventa candidati alla salvezza. Condividere nel presente per condividere l'eternità!