Non regni più il peccato nel vostro corpo
 
Perché in noi abiti lo spirito e inizi una vera vita spirituale è necessario innanzitutto liberarsi dal peccato.
Liberarsi dal peccato è presupposto per entrare nella Signoria di Cristo. Nel libro della Sapienza così si legge: “la Sapienza non entra in un'anima che opera il male, né abita in un corpo schiavo del peccato” Sap. 1,4.  Gesù dice che non mette vino nuovo del Suo Spirito in otri vecchi che sono i cuori ancora schiavi del peccato. Al giorno della Pentecoste, San Pietro: “pentitevi … dopo riceverete il dono dello Spirito”. È questo rinnovarsi nello Battesimo (pentimento e Spirito) il nucleo di tutto. L'inizio della vita!  “Cristo è morto per i nostri peccati. Quindi moriamo al peccato”. Il punto di riferimento per la nostra meditazione lo prendiamo dal cap. VI della lettera ai Romani 1-13!
Si tratta di un vero e proprio esodo pasquale, cioè di un vero passaggio per togliere il lievito vecchio ed essere porta nuova passando dal peccato alla vita, dalla colpa alla gioia, dalla macchia alla santità. I passi possibili potrebbero essere i seguenti:
  • Riconoscere il peccato.
Il primo passo è proprio riconoscere il peccato attuale; si tratta di scendere al concreto. Il mondo ha perso il senso del peccato, ci scherza come se fosse niente, condisce con l'idea del peccato i suoi prodotti e i suoi spettacoli per renderli più attraenti. Parla del peccato, anche dei più gravi come scappatelle, vizietti, libertà. Non ne ha più paura. Ha paura di tutto, tranne che del peccato. Mentre Gesù ci dice di non temere coloro che uccidono il corpo … l'uomo d'oggi ha paura dell'inquinamento, della guerra atomica, della malattia. Ma non del peccato!  Questo condizionamento ambientale ha un influsso tremendo sui credenti perché produce un addormentamento delle coscienze, una specie di astenia morale. Esiste una narcosi da peccato.  
Il cristiano, a poco a poco, non riconosce più il peccato o ha un'idea del tutto inadeguata. Il peccato viene visto soprattutto nelle strutture ingiuste o negli avversari. La lotta è per liberarsi dal rimorso del peccato; anziché lottare contro il peccato, si lotta contro l'idea di peccato, lo si nega, lo si ricaccia nell'inconscio. Non si elimina la morte solo non pensandoci, così è per il peccato. Se il peccato non ci fosse sarebbe stata una pagliacciata la passione di Cristo.
Cristo è morto per i nostri peccati. Noi dobbiamo riconoscere che il peccato è accanto a noi, è dentro di noi.
E lo dobbiamo sentire come un brivido per il grosso pericolo mortale in cui siamo (come se svegliandomi mi trovassi di fronte ad un serpente velenoso). Il primo passo dunque è prendere coscienza che il peccato è in noi e riconoscerlo nella sua tremenda serietà, nella sua tremenda malizia.
  • Pentirsi del peccato.
Atti degli Apostoli 2,37.  Al sentire ciò che Gesù … che dobbiamo fare? Sempre negli atti 5,31- 33 una diversa risposta alla stessa predicazione: “essi si irritarono e volevano metterlo a morte”. Di fronte alla Parola di Dio che con amore ci richiama possiamo dare due risposte: il pentimento o la reazione dura.
Il pentimento è qualcosa che si muove all'interno del cuore!  Ma possiamo anche disattenderlo. Siamo davanti al mistero della libertà umana che può decidersi o per Dio o per se stesso. Questo fatto ci deve incutere timore e farci tremare, l'alternativa infatti è aperta anche di fronte a noi; anche noi possiamo imboccare l'una o l'altra strada, o quella della folla o quella del Sinedrio che condanna S. Stefano alla morte.
Ma cosa significa pentirsi? Si tratta di sostituire il nostro modo di pensare con il modo di pensare di Dio, con la sua mentalità, con il suo giudizio. È un entrare nel giudizio di Dio. Pentirsi è fare nostro il giudizio che Dio ha su di noi. È così un ritrovare la nostra verità, è uno spaventarci …!  Si ha come una ferita al cuore perché ci scopriamo lontani, o con un lungo cammino da compiere. Pentirsi è provare dolore perché abbiamo dato un dispiacere a Dio, perché abbiamo tradito le sue attese e il suo amore. Il vero dolore nasce in presenza dell'amore: “Mi ha amato e ha dato se stesso per me ed io lo tradisco”!  Le lacrime sono spesso il segno visibile di questo dolore che intenerisce il cuore e lo lava. È bene chiedere questa esperienza, questa esperienza purificante. È lo spirito che rende umile Davide e lo fa gridare: “riconosco la mia colpa … contro te, contro di te ho peccato, quello …” 51,5.
Ciò che è meraviglioso è che appena l'uomo riconosce la sua colpa, è Dio stesso che tende a scusarlo ed a abbracciarlo (Il figliol prodigo, Lc. 15). Il pentimento non serve a Dio ma a noi; Dio non esige il pentimento dell'uomo per il gusto di trionfare, ma perché sa che questo è la salvezza di chi si converte, che è l'unico modo per rientrare nella vita e nella verità dopo il peccato. Il secondo passo è dunque il pentimento del peccato, ma non è che questo porti subito comprensione, dolore e lacrime. Ciò avverrà nel tempo, con la grazia, a poco a poco. Quello che oggi si richiede è di cominciare subito a desiderare e volere pentirsi, dicendo a Dio: “fammi conoscere la vera [……..], non negarmi questa Grazia o Signore”. Volersi pentire è già pentirsi.
  • Rompere definitivamente con il peccato.
Il terzo passo del nostro esodo è rompere definitivamente con il peccato. È ancora S. Paolo che dice: “consideratevi morti al peccato” e “non regni più il peccato nel vostro corpo”. Gli fa eco S. Pietro nella sua lettera 1 Piet. 4,1-3.  Questi passi insistono dunque nel dire “basta” al peccato cioè considerarsi morti al peccato. Si tratta dunque di prendere la decisione, per quanto sta a noi sincera e irreversibile, di non commettere più il peccato. Affermazione buona … ma che lascia nel tempo allo stesso piano di prima. Si tratta soprattutto di esaminarsi e individuare il peccato nel quale più facilmente cadiamo!  Vi sono alcuni peccati dei quali forse non vogliamo sinceramente liberarci, anche se facciamo propositi!  E' qui che bisogna puntare. Un basta liberante …!  Come nella vita di S. Agostino in relazione alla conversione. Basta!  Anche se le prove ritorneranno, anche forse perché segretamente qualche nostalgia rimane!  È dura morire completamente al peccato, essere definitivamente liberi!
Che cosa si deve fare concretamente? In un momento di raccoglimento, oggi stesso, mettersi alla presenza di Dio …!  “Signore, tu conosci bene la mia fragilità ed anch'io la conosco. Fidandomi perciò unicamente della Tua Grazia e della Tua fedeltà io ti dico che voglio d'ora in poi fare a meno di quella soddisfazione, di quella libertà, di quell'amicizia, di quel risentimento, di “quel” peccato; voglio ormai vivere senza il peccato. Tra me ed il peccato, quel peccato che Tu sai, è finita. Dico: basta!  Aiutami con il Tuo Spirito, rinnova in me uno Spirito saldo. Sostieni in me un'anima pura”.
Ci sarà ancora l'incidente … ma non più la connivenza. Questo è molto importante, perché significa che si vuole rimanere in amicizia con il Signore. Ma bisogna essere decisi, non lasciare tregua …!  Non rimandare al domani. Si vincerà domani, se oggi vinci!  Se rimandi … ai perso per sempre!  Il basta è di oggi ad ogni occasione che può portare al peccato. Deve essere un esame attento quello delle occasioni. Le occasioni danno le vertigini, se uno le coltiva può solo cadere.
  • Distruggere il corpo del peccato.
Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con Lui perché fosse distrutto il corpo del peccato, la malizia che è in noi. La malizia che è un tutt'uno con noi, che è cresciuta in noi anche se confessiamo ogni singolo peccato. Chi ci può liberare è solo Cristo Signore. È la Grazia della confessione, con il pentimento che prepara la confessione, unitamente al confessare il peccato più grave, quello dell'empietà cioè quello di non aver glorificato e ringraziato Dio. Togliere ogni abitudine, ogni routine ed orientare la confessione in un rapporto profondo con Dio. Oltre alla confessione, un'efficacia infinita per la liberazione dal peccato è l'Eucarestia. Nell'Eucarestia il peccato ne esce distrutto e ricevi la forza della lotta vittoriosa. Eucarestia: “Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”. Confessione come incontro con il Padre!
  • Sofferenza e lode.
Noi possiamo cooperare alla distruzione del corpo del peccato assecondando l'azione dei Sacramenti soprattutto in due modi: con la sofferenza e con la lode. La Chiesa invita al termine della confessione alla penitenza. Essa è un'atteggiamento, non solo un atto, che deve continuare dopo la confessione. È la sofferenza che a poco a poco smaglia il peccato e ci rende docili alla Grazia. Lo notiamo in noi e attorno a noi. Soffrire significa diventare particolarmente suscettibili, particolarmente sensibili all'opera delle forze salvifiche di Dio (Giovanni Paolo II). La sofferenza è un canale che unisce in modo unico alla passione di Cristo, da cui deriva ogni remissione dei peccati. Non si tratta di andare a cercare la sofferenza ma di accogliere con animo nuovo quella che già c'è nella nostra vita. Dovremmo stare attenti a non sciupare quel poco di sofferenza ingiusta, perché essa ci unisce in modo del tutto particolare a Cristo: umiliazioni, critiche ingiuste, offese, ostilità che ci sembrano preconcette e che ci fanno tanto soffrire. Un certo grado di intimità con il Redentore lo si raggiunge solo percorrendo questa via, attraverso la partecipazione alle sue sofferenze. Se riesci a mantenere il silenzio delle tue sofferenze hai un merito grande presso il Signore.
La sofferenza ci aiuta a purificarci dal peccato ed a incamminarci verso la santità. Basta che tutto vada bene, rimanere qualche giorno senza croci ed è subito superficialità e fiacchezza di Spirito. La sofferenza diventa uno strumento grande per entrare nella grazia di Dio. Ma per molti la sofferenza è vera grazia di Dio?
Accanto alla sofferenza, un altro mezzo potente per distruggere il corpo del peccato è la lode. Quest'ultima è per eccellenza l'antipeccato. Se il peccato grave è l'empietà, allora la lode è l'esatto contrario!  Il contrario del peccato è la lode. Il contrario dell'empietà è la pietà.
L'autentica lode ci purifica dal peccato e ci dona la presenza di Dio. Tutto può diventare motivo di lode e di ringraziamento, anche nel peccato perché non mi ha castigato … ma ancora mi ha perdonato!
Guardando tutta la nostra esistenza e volendo notare l'infinita misericordia che Dio ha voluto usare nei nostri confronti, deve salire la nostra lode, come per gli Ebrei sulla sponda del Mar Rosso nel contemplare l'azione di Dio: “voglio cantare in onore del Signore, perché mirabilmente ha trionfato, ha gettato in mare cavallo e cavaliere …”!  Ha voluto e ha gettato in mare tutti i nostri peccati ed allora mettiamoci in cammino verso il Sinai, per celebrare la Pasqua e ricevere lo Spirito.