L'amore di Dio: la passione
 
La croce= annuncio esplicito dell'amore trinitario per la nostra salvezza. “Gesù fu messso a morte per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione” Rom. 4,25. La croce è il Vangelo della salvezza. “Io non mi vergogno del Vangelo perchè esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede”. Rm 1,16. Il Vangelo, per Paolo, è essenzialmente l'annuncio salvifico che ha per centro la croce e la risurrezione di Cristo.
“La croce ..è la potenza di Dio”  1 Cor. 1,18.
L'amore nella croce, raggiunge il suo vertice!  Addentriamoci.
a) La passione del'anima di Cristo.
E' scritto che i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. Ora la passione di Cristo è un segreto di Dio e uno dei più abissali. Dobbiamo affidarci allo Spirito e a Lui chiedere umilmente di poterci avvicinare un poco alla passione di Cristo, di farci comprendere qualche goccia..!
L'annuncio della morte di Cristo, dato in forma breve alla fine del cap. IV ai Rom., viene ripreso e sviluppato subito dopo, al cap. V, con queste parole: “Mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto, forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perchè mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”. Rom. 5,6-8. Sembra un cronista staccato, oggettivo, Paolo, mentre descrive le circostanze della morte e cosa costò alla sua umanità una tale morte. Ma è solo apparente questo modo di parlare ed è dovuto allo stile spoglio del cherigma, al quale l'apostolo si attiene nel parlare della passione. In realtà è proprio lui che comincia ad aprire il “guscio duro” dei fatti e degli eventi e a mettere in luce gli aspetti più soggettivi e drammatici della passione di Cristo. Appena più avanti evidenzia quali sono i veri protagonisti e i termini reali della passione: Dio, il peccato, Gesù.  Gesù appare come il condannato, il maledetto: “Colui che non aveva conosciuto il peccato, Dio lo trattò come peccato in nostro favore”. “ Cor. 5,21. Cristo è diventato lui stesso “maledizione per noi” Gal. 3,13. Queste affermazioni ci trasportano di colpo in una diversa dimensione, aprono orizzonti nuovi o abissali sulla passione, che si basano su precisi fatti e parole della vita di Gesù, che entreranno nella descrizione dei Vangeli. C'è una passione dell'anima di Cristo che è ...l'anima della passione cioè quella che conferisce ad essa il suo valore unico e trascendente.  Per il dolore fisico altri hanno sofferto e più a lungo, ma tutti i dolori, le pene, le angosce di tutti gli uomini insieme non raggiungeranno mai la passione dell'anima del Redentore. Egli, infatti, “si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori” Is. 53,4. La differenza tra le nostre sofferenze e quelle di Cristo sul piano fisico è solo quantitativa, ma sul piano dell'anima è qualitativa;  si entra in un altro genere di sofferenza che è quella dell'uomo-Dio, sebbene anche le prime siano di valore infinito, appartenendo alla persona del Verbo. La pietà cristiana si è sempre soffermata molto di più sui dolori fisici...fede, devozione, conversione, commozione. Poi è subentrato lo studio e la contemplazione dell'anima della passione, dell'io psicologico, della sofferenza intima, dell'indagine psicologica del profondo. Infatti la sofferenza non è tanto un fatto della natura ma della persona...E' la persona che soffre attraverso un arto ferito o una emarginazione o una parola offensiva. La passione dell'anima di Cristo trova dunque la forma più adeguata di avvicinamento non nella medicina ma nella psicologia del profondo. Questa scienza è in grado almeno di tentare di gettare uno sguardo in quella zona recondita della persona che la Bibbia chiama il punto di divisione dell'anima e dello spirito. I santi e i mistici da sempre, avevano percorso questa via. Rivivendo in loro stessi la passione di Cristo essi hanno compreso per via non di analisi, ma di esperienza, cos'è stata la passione del Salvatore e sono perciò le nostre guide più sicure nella scoperta del dolore di Dio come lo sono per la scoperta dell'amore di Dio; è un oceano sconfinato e senza rive, così è anche il suo dolore. Anzi  se tanto è l'amore, altrettanto deve essere il dolore. E' necessario buttarci in questa meditazione e pregare lo Spirito perchè venga in nostro aiuto. Un'esperienza mistica della passione ci farà scoprire sempre più il suo infinito amore.
E' necessario buttarci nella piscina miracolosa...farsi aiutare dallo Spirito...seppellirci nella passione...o non infognarci.
E' facile fermarsi al piano umano e superficiale; è facile sentirsi commossi dai dolori; è possibile anche sentire una forte immaginazione interna del suo dolore fisico..piangere. Ma non basta. Non basta sentire i brividi mentre siamo accanto all'acqua fredda in inverno; bisogna entrare nell'acqua per poter capire. Così entrare un poco nell'io profondo di Gesù, nella sua passione. E' diventare conformi alla sua morte...pista infinita di meditazione..per poter risorgere.Meditiamo.
1 - Gesù nel Getsemani
L'agonia di Gesù nel Getsemani è un fatto attestato da tutti gli evangelisti. Gv ne parla anche lui, a modo suo, quando mette sulle labbra di Gesù le parole “ora l'anima mia è turbata” (“l'anima mia è triste” nei sinottici) e le parole “ Padre, salvami da quest'ora (passi da me questo calice nei sinottici) Gv. 12,27. Se ne ha un'eco anche nella lettera agli Ebrei dove si dice che Cristo “nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte Eb. 5,7. E' cosa del tutto straordinaria che un fatto così poco apologetico abbia trovato un posto così notevole nella tradizione. Solo un avvenimento storico, fortemente attestato, spiega il rilievo dato a questo momento della vita di Gesù. Nel Getsemani gli apostoli si trovarono davanti a un Cristo irriconoscibile. Colui al cui cenno i venti cessavano, che scacciava con autorità i demoni, che guariva ogni infermità, che le folle ascoltavano per giornate intere senza stancarsi ora è ridotto a uno spettacolo pietoso e chiede lui stesso aiuto ad essi. Gesù, è scritto “ cominciò a sentire paura e angoscia e disse ai discepoli; la mia anima è triste sino alla morte. Restate qui e vegliate”. Mc 14,33. I verbi usati suggeriscono l'idea di un uomo in preda a uno smarrimento profondo, a una specie di terrore solitario, come chi si sente trascinato via dal consorzio umano.Gesù è solo, solo come uno che si trova sospeso in un punto sperduto dell'universo, dove ogni grido cade nel vuoto e dove non esiste nessun appoggio. I gesti che compie sono gesti di una persona che si trova in un'angoscia mortale; si getta “bocconi a terra”, si alza per andare dai suoi discepoli, torna a inginocchiarsi, poi si leva di nuovo... Dalle sue labbra esce la supplica :” Abba, padre, tutto è possibile a te, allontana da me questo calice” Mc 14,36. L'immagine del calice evoca quasi sempre, nella Bibbia, l'idea dell'ira di Dio contro il peccato. La coppa della “vertigine” viene chiamata in Isaia 51,22, di essa è detto che deve essere bevuta fino alla feccia dai peccatori (salmo 45,9). All'inizio della sua lettera ai Romani, S. Paolo ha stabilito un fatto che ha valore universale “l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà” 1,18. Dove c'è il peccato, là non può non appuntarsi il giudizio di Dio contro di esso, altrimenti Dio verrebbe a compromesso con il peccato e verrebbe a cadere la stessa distinzione tra il bene e il male. Ora, Gesù nel Getsemani è l'empietà, tutta l'empietà del mondo. Egli è l'uomo fatto peccato. Cristo, è scritto, morì per gli empi, al loro posto, non solo a loro favore. Egli ha accettato di rispondere per tutti; è dunque il responsabile di tutto, il colpevole davanti a Dio. E' contro di Lui che si “rivela” l'ira di Dio e questo è “bere il calice”. I peccati, in altre parole, erano in Lui, li aveva addosso perchè se li era liberamente “addossati”. “Egli - è scritto - portò i nostri peccati nel suo corpo”  1 Pt. 2,24. Egli si sentiva, in qualche modo, il peccato del mondo. Diamo, una buona volta, un volto e un nome a questa realtà di peccato, perchè non resti per noi un'idea astratta. Gesù si è addossato tutto l'orgoglio umano, tutta la ribellione a Dio, tutta la lussuria, tutta l'ipocrisia, tutta l'ingiustizia, tutta la violenza, tutta la menzogna, tutto l'odio, che è cosa così terribile. (l'odio etnico..spaventoso soffio di morte..). Gesù entra nella notte oscura dello spirito che consiste nello sperimentare simultaneamente e in modo intollerabile, la vicinanza del peccato e, di conseguenza, la lontananza da Dio. Noi abbiamo due mezzi per conoscere un poco lo stato confusionale di Gesù: le Scritture e i Salmi dove il giusto è schiacciato e l'esperienza che i mistici hanno fatto della passione. In Gesù, nel Getsemani, trovano la loro piena realizzazione quelle parole di Isaia: “schiacciato per le nostre iniquità; il castigo che ci dà la salvezza si è abbattuto su di Lui:” Is. 53,5. Ora si avverano le parole misteriose di tanti salmi, come quelle del salmo 88: “ Pesa su di me il tuo sdegno e con tutti i tuoi flutti mi sommergi... Sopra di me è passata la tua ira, i tuoi spaventi mi hanno annientato.” Esse suggeriscono l'idea di un'isola sulla quale è passato un uragano, lasciandola desolata e spoglia. Tutto l'universo morale della colpa pesava, in quel momento, sull'anima di Gesù. Il Signore fece ricadere su di Lui l'iniquità di tutti noi. Is. 53,6. Egli è l'Agnello di Dio che porta il peccato del mondo. La vera croce che Gesù portò sulle spalle, che portò sino al Calvario e alla quale venne poi inchiodato fu il peccato. Poichè Gesù porta in sè il peccato, Dio è lontano; di più, Dio è la causa del suo tormento maggiore. Nel Figlio si scontra questa doppia realtà: tutto l'amore di Dio e tutto l'egoismo umano; la somma santità e la somma malizia. Tutto questo crea in Lui una tempesta indicibile, insopportabile tanto da far emergere dal profondo del cuore: “ L'anima  mia è triste fino alla morte”. E' qui il sudore di sangue...Gesù ha vissuto questa situazione - limite in assoluto. Il dolore fu acutissimo, indescrivibile, nessuna mente umana può immaginarlo e nessuno è capace di comprendere.
2) Gesù nel pretorio
Dal Getsemani ci portiamo al Pretorio. Si tratta di un breve intermezzo tra la condanna e l'esecuzione che, come tale, passa facilmente inosserrvato nella lettura dei racconti della Passione, mentre esso è denso di significato. I Vangeli narrano che, una volta consegnato nelle loro mani per essere crocifisso, i soldati condussero Gesù nel cortile e convocarono tutta la corte per uno spettacolo: “Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo. Cominciarono poi a salutarlo: “Salve, re dei Giudei”. E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano  Lui” Mc. 15,16-19. Fatto questo, gli strapparono di dosso il vecchio straccio di porpora, gli rimisero le sue vesti e lo condussero fuori per crocifiggerlo. C'è un dipinto di un autore fiammingo del XVI secolo (Mostaert) che impressiona sempre tanto soprattutto perchè riunisce i dati dei diversi evangelisti su questo punto della passione, rendendo la scena visibile e osservabile. Gesù ha in capo un fascio di spine appena colto. Dal capo scendono gocce di sangue che si mescolano alle lacrime che gli scendono dagli occhi . E' un pianto quasi dirotto, ma si capisce immediatamente, guardandolo, che non sta piangendo su di sè ma su chi lo guarda; piange su di me che non capisco ancora. Lui stesso, del resto, dirà alle donne: “ Non piangete su di me”.Ha las bocca semiaperta come chi fa fatica a respirare ed è in preda ad un'angoscia mortale. Sulle spalle è appoggiato un mantello pesante e consunto che dà l'idea di metallo che schiaccia. Scendendo ancora con lo sguardo, si incontrano i suoi polsi legati con una rozza fune e a diverse riprese; in una mano gli hanno messo una canna e nell'altra un fascio di verghe, simboli beffardi della sua regalità. Sono soprattutto le mani a far venire i brividi quando si guarda: gesù non può più muovere un dito, è l'uomo ridotto all'impotenza più totale. Mistero d'amore da contemplare in Gesù, nel pretorio, è l'immagine dell'uomo che ha restituito a Dio il suo potere. Egli ha espiato tutto l'abuso che abbiamo fatto e che continuiamo a fare della libertà nostra; libertà che per me è idolo. Guai se qualcuno tenta di ridimensionarla. Dobbiamo imprimerci bene nella mente questa immagine: privo di libertà perchè Dio sia libero di agire. Come sarà la nostra vita di domani? Se saremo così ridotti...solo la fede e il comportamento di Cristo ci saranno da guida. Ci sono tante persone che la malattia oppure un handicap hanno ridotto ad una immobilità simile a quella di Cristo nel pretorio e che passano la vita in carrozzella o su un letto. Gesù rivela la grandezza segreta nascosta in questa vita se vissuta in unione con Lui.
 
 
 
3) Gesù sulla croce
 
Ora ci portiamo con lo spirito sul Calvario. Anche qui c'è la passione visibile; privazione delle vesti, i chiodi, la sete, la sospensione in croce, l'aceto, il colpo di lancia, che faremo bene a non perdere mai di vista; e c'è la passione invisibile, ben più profonda, che si consuma nell'intimo di Cristo e nella quale vogliamo gettare uno sguardo. Scrivendo ai Galati S. Paolo dice “di avere rappresentato davanti ai loro occhi Gesù Cristo crocefisso” 3,1. Come fosse..ecco così lo descrive: “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, diventando Lui stesso maledizione per noi come sta scritto maledetto chi pende dal legno”. Gal. 3,13. Paolo non ha mescolato le rose alla croce. Maledizione è sinonimo, nella Bibbia, di abbandono, di vuoto, di solitudine, di separazione da Dio ed esclusione dal popolo. Era una sorta di scomunica radicale. Ad un certo punto della lettera ai Romani, parlando dei suoi consanguinei ebrei, Paolo formula l'ipotesi agghiacciante di diventare lui stesso : “anatema, separato da Cristo, a vantaggio dei suoi fratelli” Rom. 9,3. Quello che egli ha intravisto come la suprema delle sofferenze, senza tuttavia essere costretto a subirla, Gesù sulla croce l'ha subita realmente, fino in fondo; egli è diventato davvero anatema, separato da Dio a vantaggio dei fratelli: “ Dio mio, Dio mio perchè mi hai abbandonato”. Dalla croce un grido, Mt.. 27,46.
Il silenzio di Dio, che l'uomo d'oggi sente in forma così acuta, ci aiuta anch'esso a capire qualcosa della passione di Cristo. Per l'uomo biblico il silenzio di Dio è come discendere nella fossa, nella tomba, è morte.; perchè l'uomo vive per la Parola di Dio. Vivente è colui, nella Bibbia, al quale Dio rivolge la Parola. Il silenzio si misura dall'intensità con cui si crede e lo si invoca. Più grande è la fede, è l'attesa...più ardente la supplica, più doloroso diviene il silenzio di Dio...il tacere di Dio. Possiamo solo intuire cosa deve essere stato per Gesù il silenzio del Padre. I nemici da sotto la croce non fanno altro che esasperare questo dolore, facendo del silenzio di Dio la prova che Dio non è Lui. “Ha confidato in Dio” dicono tra loro in modo che egli senta “lo liberi Lui, ora, se vuole, se gli vuole bene”. Mt. 27,43. Anche Maria sotto la croce sa che cosa è il silenzio di Dio. Nessuno come Lei potrebbe affermare: “ come fu duro o Dio, quel giorno, sopportare il tuo silenzio”. Gesù sulla croce, ha sperimentato fino in fondo, la conseguenza fondamentale del peccato che è la perdita di Dio. Ha sperimentato in se stesso tutta la ribellione a Dio di tutti, anche nostra; ha sperimentato la pena dei dannati che consiste nella privazione di Dio, nello scoprire improvvisamente che Dio è tutto e che senza di Lui è impossibile sia vivere che morire e che tu l'hai perso per sempre. Qualcosa della passione di Cristo la possiamo intravvedere nell'esperienza di alcuni mistici che hanno ricevuto le stigmate. Non sono un segno di gloria. Chi le riceve sperimenta ciò che Gesù ricevette sul Calvario come segno del giudizio terribile di Dio contro il peccato.
Come Gesù ....esssere letteralmente trafittti a causa dei nostri peccati. P. Pio nel luogo ove aveva ricevuto le stimmate recitava: “Signore, non castigarmi nel tuo sdegno, non punirmi nella tua ira” Salmo 38,2. E si intuisce con quale spirito egli dovette recitare il resto di questo salmo dove si dice: “le tue frecce mi hano trafitto, su di me è scesa la tua mano. Per il tuo sdegno non c'è in me nulla di sano. Afflitto e sfinito all'estremo, ruggisco per il fremito del mio cuore..” A leggere queste espressioni, si esce da una visione superficiale del Calvario; si intravvede la parola del salmista che mormora : “I tuoi spaventi mi hanno annientato”. Tutto questo era necessario perchè fosse distrutto il corpo del peccato”. Ma che cosa tutto questo ha comportato per l'anima umana del Salvatore, nessuno potrà mai nè saperlo, nè descriverlo: se non il Padre!
Gesù in croce ha realizzato il grande mistero della pietà che chiamiamo salvezza. Ha ribaltato l'empietà! In seguito al peccato, la grandezza di ogni creatura davanti a Dio sta nel portare su di sè, dello stesso peccato, il meno possibile di colpa e il più possibile di pena. In altre parole, nell'essere agnello cioè vittima e nell'essere immacolato cioè innocente. Il  valore supremo è la sofferenza degli innocenti. Al vertice di questa nuova scala di grandezza sta solitario Gesù, agnello senza macchia. Egli infatti senza aver commesso nessuna colpa, ha portato tutta la pena del peccato: “Egli non commise peccato...ma portò i nostri peccati” 1 Pt. 2,22.24. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato” 2 Cor. 5,21. Egli ha preso su di sè la colpa senza averla  commessa. Addentriamo in questa esperienza: l'uomo è fatto per l'innocenza; la colpa è la cosa che più di ogni altra gli ripugna, più della stessa sofferenza. Nessuno vuole essere colpevole. Tutti abbiamo fatto, in qualche misura, l'esperienza amara di essere incolpati e forse proprio agli occhi della persona a cui più tenevamo..e abbiamo sperimentato ciò che provoca in noi tutto questo. Constatiamo pure ogni giorno quanta fatica ci costa prenderci apertamente una colpa, anche se piccola, anche se meritata, senza cercare di difenderci. Possiamo allora capire quale abisso si cela dietro il fatto che Gesù è stato incolpato presso il Padre mio di ogni peccato esistente nel mondo. Gesù ha sperimentato in grado sommo, la più tremenda, radicata e universale causa di sofferenza umana che è il senso della colpa. Mistici che fanno la stessa esperienza e diventano corredentori con Cristo con la loro sofferenza per i peccati. La sofferenza degli innocenti, la sofferenza ingiusta è quella che avvicina di più a Cristo Signore. Questo insuperabile scandalo della sofferenza degli innocenti, perchè non si espia per sè ma per il mondo intero, é sapienza della croce e salvezza. “Chi può capire, capisca!” Ma è mistero questa scelta!
4) Per noi
Non è solo, la passione, un avvenimento oggettivo da contemplare ma “patì” “morì” per noi! per i nostri peccati. E' stato messo in croce, dice paolo ai Rom. 4,25, per i nostri peccati. E' morto per noi! Meditiamolo sul serio. Diversamente la passione rimane qualcosa di estraneo, non ci tocca intimamente: la passione è la nostra redenzione.
Se Cristo è morto per me e per i miei peccati allora vuol dire che io ho ucciso Gesù, che i piei peccati lo hanno schiacciato. E' ciò che proclama Pietro davanti: “Voi avete ucciso Gresù di Nazareth”. Pietro sapeva che quei tremila non dovevano essere presenti...ma pure afferma per tre volte ...tremende parole e gli ascoltatori sotto l'azione dello Spirito riconoscono che essa è vera anche per loro e “si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli apostoli: che cosa dobbiamo fare fratelli? Atti 2,37. Questo getta una luce nuova su ciò che abbiamo finora meditato. Nel Getsemani c'era anche il mio peccato che pesava nel cuore di Gesù; nel pretorio c'era anche l'abuso che io ho fatto della mia libertà che lo teneva legato; sulla croce c'era anche il mio ateismo che egli espiava. Nel deserto il tentatore gli mostrò tutti i regni della terra, qui gli mostra tutte le generazioni della storia , compresa la nostra e gli grida: guarda, guarda per chi soffri: guarda che cosa se ne faranno del tuo soffrire. Continueranno a peccare come sempre, non si daranno pensiero, è tutto inutile. Sì! c'eravamo anche noi alla crocefissione di Gesù...quanta confusione interiore, vergogna, malessere dovrebbe prenderci! E' necessario che in noi, come allora, avvenga un terremoto..e si possa arrivare a percuotere il petto! Si legge in Gc. 22,68 che ad un certo punto della passione il Signore, voltatosi, guardò Pietro e Pietro, uscito, pianse amaramente. Lo sguardo di Gesù lo trapassò da parte a parte e lo cambiò. Proviamo ad immaginare una scena di due prigionieri in un campo di concentramento..Uno dei due sei tu che hai tentato di fuggire sapendo che per ciò sarebbe stata la morte per l'altro. Il tuo compagno, te presente, viene incolpato al posto tuo e tace; è torturato alla tua presenza e tace. Mentre lo stanno, infine, portando al luogo dell'esecuzione, un attimo solo, si volta e ti guarda in silenzio, senza ombra di rimprovero. Come tornerai a casa? Come dimenticare quello sguardo? Quanto ci ha amato. Frutto della meditazione sulla passione: amore infinito di Dio, orrore per ogni forma di peccato...e mettere a morte l'uomo vecchio!