Domenica 25 novembre 2012
Difficoltà dell’esistenza
Sono accettati oggi, come criteri di vita, l’immediatezza, l’efficacia, la rapidità. In contrasto la vita di fede è lenta ed esige una costanza infinita per arrivare, per togliere quel difetto ecc. Di conseguenza ci sembra sempre di essere agli inizi mentre altri trionfano..! Inoltre, sotto l’influenza delle scienze psicologiche e sociologiche oggi prevalgono i criteri soggettivi. Ciò che era oggettivo, come la verità di fede, la norma morale, hanno perso attualità e valore cedendo il passo ai dati personali e istintivi (io provo così! Io non mi sento… io…). Oggi è di moda l’emozionale, l’affettivo, lo spontaneo. Con questo modo di giudicare e di vivere non c’è più posto per il dominio di sé stessi (e perché?), l’ascesi, il superamento, la privazione che sono elementi indispensabili della marcia verso Dio. Tali concetti e parole a molti sono perfino ripugnanti; come minimo li ritengono pregiudizievoli per lo sviluppo della personalità. La comodità è diventata suprema norma di comportamento. Questa nuova norma di condotta coincide con l’ideale della società dei consumi: trarre il massimo dalla vita, concedersi tutte le soddisfazioni. È l’eterna proposta dell’insipienza: “profumiamoci, coroniamoci di rose…” Sap. 2,7-8. Oggi si parla diversamente ma lo scopo è identico: “bisogna evitare sacrifici; bisogna favorire la spontaneità, non bisogna violentare la natura, è necessario assicurare l’autenticità”.
Oggi non sappiamo che farcene del silenzio. Svago e divertimento per evitare il vuoto della solitudine; le norme stabilite non si sopportano: evviva lo spontaneismo che è figlio del soggettivismo. Viviamo dunque nel nuovo deserto. Il cammino verso Lui è irto di difficoltà. Le tentazioni cambiano di nome: secolarismo, orizzontalismo, edonismo, soggettivismo, spontaneismo, frivolezza. Quanti arriveranno a Lui, quanti abbandoneranno la marcia della fede? Solo un piccolo resto ancora ce la farà? Stiamo vivendo in un tempo di purificazione. La fede è un fiume che avanza. Le impurità si posano sul letto del fiume, ma la corrente non si ferma.
(Il dramma della fede – IV)
Domenica 18 novembre 2012
Difficoltà intellettuali
Per migliaia di anni l’uomo ha divinizzato la natura: quanti riti magici! Poi è entrata la scienza che ha spiegato tutto… e così abbiamo raso al suolo tutto, senza distinguere… Dio è diventato una ipotesi inutile. Ma per quante cose si scoprano, nessuno riuscirà a dare la risposta esatta al problema fondamentale dell’uomo: il senso della vita. Soltanto quando l’uomo si imbatte nel suo proprio mistero, quando sperimenta fino alla vertigine la stranezza di stare qui, di essere al mondo come coscienza, come persona, solo allora affronta gli interrogativi centrali: chi sono io? Per quale ragione la mia esistenza? Da dove vengo e dove vado?
Tra le nostre conoscenze bibliche e la limpidezza dei metodi scientifici qualcuno non si ritrova più. Dovrebbe essere un processo purificatore dell’immagine di Dio, ma qualcuno rimane bloccato e cade nel secolarismo, dove Dio agonizza fino a morire.
Quanti ci lasciano e ci stimano illusi! Ho l’impressione che il popolo di Dio si sia un’altra volta impantanato nelle acque di Massa e Meriba: difficoltà, crisi; è duro il tuo linguaggio, non lo comprendo: verginità, castità, povertà, obbedienza, autorità: e come in ogni epoca si realizzano le parole evangeliche: “Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con Lui” (Giov. 6,66).
Dopo lo scompiglio verrà la maturazione e la sintesi tra la scienza e l’amicizia con Dio. Intanto il periodo di prova aiuterà a purificare l’immagine di Dio. La fede, come dice Martin Buber, è una adesione a Dio ma non una adesione ad una immagine che uno si è formato di Dio, ma una adesione al Dio vivente!
(Il dramma della fede – III)
Domenica 11 novembre 2012
La prova del deserto
In diversi momenti i testi del Concilio Vaticano II ci invitano alla consapevolezza di vivere la fede come una peregrinazione (Lumen Gentium. n. 2,8,65) per lo più facendo espresso richiamo alla traversata di Israele nel deserto. Quella marcia fu una prova del fuoco… ne uscì fortificato il popolo di Dio. Ma quella peregrinazione fu colma di adorazione e di bestemmia, di ribellione e di sottomissione, fedeltà e diserzione, acclamazioni e proteste. Tutto ciò è il simbolo della nostra relazione con Dio mentre siamo in cammino; è simbolo delle nostre esitazioni e perplessità, che subiamo nella nostra ascensione verso Dio. La Bibbia ci dice che nessuno andò esente da tali mancamenti.
Al momento opportuno Dio chiama Mosé. Affronta il Faraone, riunisce il popolo disperso e si pone in marcia. È la marcia della purificazione, della fede autentica. Ma, fatti i primi passi, il dubbio sale alla gola in un grido (Es. 14,11-12). Si preferisce la sicurezza alla libertà.
Sale, caldo, sete: e la tentazione di abbandonare tutto, di ritornare indietro. Qui nasce il momento più terribile, la crisi più forte, la domanda più pesante: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?” (Es. 17,7). È il dubbio che raggiunge il culmine. E quel luogo venne chiamato Massa (prova) e Meriba (protesta). È la prova del deserto del popolo eletto.
Oggi la Chiesa, la comunità attraversa un nuovo deserto. Le minacce che incombono su noi sono le stesse: scoramento e avvilimento per eclissi di Dio – apparizione di nuovi dei che pretendono adorazione – e tentazione di non andare più controcorrente, di lasciar perdere tutto, di ritornare a casa, in Egitto, e così stare tranquilli.
(Il dramma della fede – II)