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September, 2014

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Newsletter 25/2014

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Domenica 28 settembre
I santi hanno imparato alla scuola di Gesù la beatitudine vera. Così S. Francesco: “Tanto è il bene che m’aspetto che ogni pena m’è diletto”. E’ un modo misterioso di essere felici in questo mondo e nell’altro. La coraggiosa accettazione del significato  della vita presente e di ogni avvenimento alla luce del disegno di Dio diventa motivo di serenità e di pace e, quindi, di felicità. Da questo punto di vista la lettera di S. Ignazio di Antiochia è stupenda. Il santo, mentre in catene viaggia  verso Roma per subirvi il martirio, sente che i cristiani si stanno adoperando per liberarlo. Allora scrive per supplicarli di non farlo. Invoca i suoi diritti ad essere esaudito. “Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto alle belve per mezzo delle quali potrò raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e sarò macinato dai denti delle belve per divenire pane puro di Cristo!”
E’ la logica di Cristo e del Vangelo. E’ la logica di una esistenza data a Cristo, radicata nel Signore e portata avanti senza le disposizioni delle piccole beatitudini provvisorie che imprigionano e offuscano la visione interiore e la libertà dell’uomo.

(Beatitudine come vocazione – XIII)

Newsletter 24/2014

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Domenica 21 settembre

Mercoledì 24 settembre, in occasione dell’undicesimo anniversario, verrà celebrata la S. Messa di suffragio per don Comelli alle ore 21.15 in S. Maria del Popolo,

La beatitudine in noi quando è vera diviene testimonianza cristiana autentica, storicamente visibile. Ma tutto ciò non può avvenire senza una decisione senza ritorni, un definitivo rinnegare se stessi. Non dobbiamo più perderci in felicità terrene, inquinarci in ideali non cristiani, ma tendere con tutto noi stessi al fine! E senza rimpianti. Nella fede se prendiamo Dio sul serio la beatitudine sarà vera e definitiva. Siamo stati creati per la beatitudine.

(Beatitudine come vocazione – XII)

Newsletter 23/2014

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Domenica 14 settembre
Nel conoscere veramente il Signore sta la nostra beatitudine: perché lo si conosce ascoltandolo, sperimentandolo, incontrandolo e allora si sviluppa in noi la beatitudine del completamento. E’ un conoscere vivo, che incide nella nostra vita perché è diventato avvenimento. Quando rimane conoscenza apparente, nominalismo, intellettualismo, non c’è beatitudine. Quando c’è avvenimento c’è sempre beatitudine, e la vita diviene la risposta ad una chiamata.
Nell’amare veramente il Signore sta la beatitudine. Che significa voler amare perché si è scoperto che è l’amore. Perché si è scoperto che è il tutto.

(Beatitudine come vocazione – XI)

Newsletter 22/2014

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Domenica 7 settembre
E’ importante vivere, essere nel Signore per raggiungere la beatitudine. Chi vive nel Signore è beato, chi muore nel Signore è beato, chi soffre nel Signore è beato, chi è povero nel Signore è beato. Emerge così in maniera definitiva e piena che la beatitudine dell’uomo è Dio perché Dio solo è beatitudine. La vocazione dell’uomo alla beatitudine non ha altra motivazione e altro contenuto che il Signore. La fedeltà  è la strada!

(Beatitudine come vocazione – X)