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March, 2017

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Newsletter 11/2017

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Domenica 26 marzo
Gesù ha sintetizzato il suo pensiono rispondendo alla domanda di un maestro della legge circa il comandamento più grande. L’episodio è raccontato da Mt. 22, 34-39; Mc 12,28-34; Lc 10,25-28.
Conosciamo tutti la risposta di Gesù:  il comandamento più grande è amare Dio e amare il prossimo. Con queste espressioni Gesù richiama due passi dell’Antico Testamento: Deut. 6,4-5; Lev. 19,17-18.
Mentre ricorda la legge antica Gesù introduce due novità importanti.
La prima: l’unione dei due comandamenti. Come ami Dio così ama il prossimo.
La seconda: è la rivoluzionaria concezione del prossimo.
Il prossimo non esiste già: prossimo si diventa. Prossimo non è colui che ha già con me dei rapporti di sangue, di razza, di affari ecc. ma colui verso il quale – forestiero, nemico ecc. – mi avvicino, faccio un passo! Dio è Padre di tutti. Se amo Dio devo amare tutti i fratelli al di là della razza, ecc.
(Fede e carità – XV)

Newsletter 10/2017

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Domenica 19 marzo
Ad un certo punto la parabola evangelica dice che il Samaritano si senti “mosso a compassione nelle sue viscere”. Vuol dirci che un’esperienza intensa gli ha aperto gli occhi, un’esperienza di tenerezza che lo ha spinto a farsi prossimo,
Vivere in compagnia di Dio vuol dire avere questi momenti contemplativi, vuol dire provare la tenerezza di Dio, la carità verso il bisogno. Chiediamo allo Spirito che ci faccia comprendere le parole di Gesù a riguardo della carità.
(Fede e carità – XIV)

Newsletter 9/2017

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Domenica 12 marzo
Noi dobbiamo misurarci sulla tenerezza di Dio.
Chiediamo allo Spirito Santo che ci comunichi la tenerezza di Dio, la capacità di vivere nella e della sua carità, di aiutarci a conoscere le vie misteriose attraverso le quali il miracolo della carità accade. Chiediamo di non seguire i passi frettolosi e egoisti del sacerdote e del levita, ma di camminare nella Sua tenerezza come il Samaritano.
(Fede e carità – XIII)

Newsletter 8/2017

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Domenica 5 marzo
Le difficoltà nell’esercizio della carità: gli alibi.
Il sacerdote e il levita dovevano scendere a Gerico per impegni. Il compito urgente dei due diviene un alibi per non perdere tempo con il poveretto. Anche la nostra fretta e superficialità sono un alibi. La carità dovrebbe essere il suggello della comunità, è il momento supremo di verifica e di autenticità della comunità. Se la comunità cerca alibi e non concretizza è nel peccato. Quanti alibi procuriamo! Dobbiamo studiare, vengono dei parenti, devo andare a .. e non si partecipa o si delega. Tanti pensano che l’esercizio concreto della carità verso chi è nel bisogno è un fatto facoltativo che va delegato a chi ha tempo o doti o inclinazione a fare questo. E’ vero che un gruppo animatore è normalmente indispensabile per suscitare e coordinare i servizi della carità ed è vero anche che alcuni servizi hanno bisogno di persone specializzate, ma è anche vero che la carità è un affare di tutti e richiede il contributo personale di tutti.
(Fede e carità – XII)