Domenica 6 febbraio 2011

Più grande è la dispersione interiore, più ci si allontana da Dio; più si è all’interno della molteplicità dispersiva (persone, avvenimenti, impegni, forti emozioni, divertimenti) e meno si sente la Sua presenza, la nostalgia di Lui, meno tempo si ha per Lui, non c’è più la volontà di contemplarlo per raddrizzarci; la fame di Dio diminuisce con l’aumentare delle difficoltà a “stare con Lui”! Eccoci entrati nella spirale.

Questa spirale procede su un vero declivio: mentre ci sciogliamo dal “totalmente Altro” veniamo presi dagli altri. Così: mentre il mondo e gli uomini ci reclamano e sembrano colmare il senso della vita, Dio diventa una parola sempre più vuota di significato fino a che diventerà qualche cosa di vecchio e inutile… che si tiene nella mano, nella bocca, si guarda, si rigira per concludere: “a che serve? Ora non serve più”. Il circolo si chiude; è lo stato acuto dell’inedia: eccoci sul rettilineo finale della morte, della morte di Dio nella nostra vita.

(La nostra vita come sfida - XIV)