Domenica 23 maggio 2010

Tutto l’Antico e il Nuovo Testamento presentano la conversione come supremamente necessaria, come condizione storica, come verità e identità dell’uomo. L’uomo concreto, senza eccezioni, è oscurato dal disordine che porta in sé, è malato profondamente, è afflitto in continuazione dalla tendenza a allontanarsi da Dio, a corrompere se stesso, a staccarsi dal prossimo.
Tale tendenza è una forma di suicidio perché ti autodistruggi, perdi di vista le realtà fondamentali, e la malizia del peccato corrompe tutto. La Bibbia ci racconta molto sul comportamento di peccato dell’uomo. Esaminiamo:
a) peccato come apostasia continua da Dio. Assume la forma di idolatria in tutte le forme possibili: si tratta dell’attrazione irresistibile che sull’uomo esercitano le forme materiali: culto di se stesso, culto di altre persone umane, culto di forze umane o materiali, culto politico, ecc. La nostra età è una sfilata ancora più ricca e variegata di questa idolatria sempre risorgente.
b) peccato come lacerazione dell’uomo: che gli piaccia o no, che se ne accorga o no l’uomo è internamente lacerato, ferito, senza pace; è nella insoddisfazione, nel vuoto lancinante, cammina verso un vuoto disperato e moltiplica … vuoto!
c) peccato contro il prossimo: il peccato, lo scisma da Dio si consuma sempre, inesorabilmente, contro il prossimo, che viene assoggettato, oppresso, disprezzato, corrotto, deviato, maltrattato.
d) peccato contro la creazione. L’uomo che fa scisma da Dio, che danneggia se stesso, che danneggia il prossimo, non può non danneggiare anche il mondo.

(Convertiti e credi al Vangelo - XVI)