Festa di tutti i Santi.
La festa di tutti i santi ci richiama alla santità, alla via alla santità, a cercare e battere una strada sicura che ci leghi a Dio e ai fratelli. Avendo una sola vita e non potendo così riparare ripetendo l'esistenza, ognuno comprende l'importanza di non sbagliare la strada.
Oggi a noi si presentano soprattutto due strade: ortodossia o ortoprassi? Cioè ciò che conta nella vita è credere bene o operare bene?
Alcuni cristiani sostengono questa via: più che credere, oggi è importante operare bene. La Chiesa, nel dettare la via della perfezione cristiana deve affermare che questa consiste molto di più nel migliorare le condizioni sociali per gli uomini piuttosto che aderire a verità di fede. È cristiano, così si afferma, non colui che accetta verità di fede ma colui che si batte per il miglioramento della società, contro l'oppressione e lo sfruttamento. Quello che conta non è dunque la fede ma la prassi. Secondo questi principi, di conseguenza, non cammina verso la santità, pur dichiarando di aderire a Cristo alla Chiesa, quel cristiano che non si impegnasse per la liberazione dell'uomo, per un mondo più giusto. Ma poiché la liberazione dell'uomo non può avvenire senza la distruzione di questa società, non sarebbe cristiano chi non lotta contro questo società. Così i veri cristiani sarebbero quelli che fanno un'opzione socialista, anticapitalistica, rivoluzionaria. È questa la strada giusta per la santità ove per santità intendiamo l'unione a Dio e il bene dei fratelli? Sarebbe la prassi? Altri cristiani, sempre su questa scia si affermano: la fede cristiana è vera ed è valida nella misura in cui spinge alla prassi ove per prassi si intende il "senso della storia" secondo le note tesi di Marx. Tutto ciò allora che non aiuta o sostiene questa presenza in una storia rivoluzionaria, per questi cristiani, non è fede. La fede è solo prassi rivoluzionaria.
Altri poi affermano che la Parola di Dio è interpretabile e giustificabile solo nella prassi. È stata dunque questa la strada dei santi? È questa la nostra strada? Credere bene o operare bene? È il motivo della meditazione.
Intanto diciamo che il credere bene, ortodossia, se non si traduce in operare bene (ortoprassi) non è strada di salvezza; ed è pure vero che l'operare bene, l'ortoprassi, che non si richiama al credere bene, ortodossia, non ha valore di salvezza.
La Sacra Scrittura insiste sulla necessità assoluta della fede per salvarsi. A tutti coloro che l'ascoltano Gesù chiede la fede. "Senza la fede è impossibile essere graditi a Dio". "Se non credete, morirete nei vostri peccati". S. Giov. "L'uomo è giustificato dalla fede indipendentemente dalle opere". Ma si afferma pure: "La fede senza le opere è morta". "Se possedessi fede da trasportare le montagne, ma non la carità, non sarei nulla". "La fede opera per mezzo della carità".
Da tutto ciò si deduce: 1) l'assoluta necessità della fede 2) l'assoluta necessità della prassi. Quindi: necessità di una fede che si traduce necessariamente in ortoprassi, pena il vanificarsi della fede. L'ortoprassi ha senso cristiano e valore salvifico se proviene dalla fede e la include. In altre parole: è la fede che dà alle opere buone che si compiono un senso cristiano perché fa sì che tali opere siano compiute nel nome di Cristo e per amore di Cristo. Infatti l'agire bene cristiano non è un agire bene qualsiasi ma un agire in Cristo. Affermare dunque che è cristiano solo colui che opera bene, ortoprassi, è far rivivere la dottrina contro cui San Paolo tuonò severamente. Volendo quindi rispondere agli interrogativi posti all'inizio: quella strada per la santità? Rispondiamo: fede che si traduce in opere di carità. Nel marxismo è la prassi che giudica la teoria: nel cristianesimo è la fede che giudica la prassi. E questa è cristiana non nella misura in cui va "nel senso" della storia secondo una prassi marxista ma nella misura in cui si adegua a quanto Cristo ha detto e fatto. È infatti Lui il Signore della storia, la via, la verità, la vita. È dunque solo la fede che rende vera, giusta, cristiana la prassi. Ecco perché non si può fare nel cristianesimo una scelta, accettando quei punti della fede cristiana che favoriscono la prassi storica della liberazione e respingendo quelli che sembrano non favorirla. Così non si possono accettare con entusiasmo quei punti della S.S. che parlano di liberazione e respingere come alienanti quelli che parlano di amore e di perdono di nemici; di rifiuto della violenza e della vita eterna. Il Vangelo non è autentico o inautentico secondo che favorisce o contrasta la prassi storica; ma, al contrario, la prassi storica è autentica o inautentica secondo che è conforme o meno con il Vangelo. Non è quindi giusto ciò che è storicamente efficace ma è giusto ciò che corrisponde alla fede. È la Signoria di Cristo sulla storia il motivo profondo del primato della fede sulla prassi storica.
Che lo accettiamo o meno è Cristo Signore che, in mezzo a mille contraddizioni umane, guida la storia, perché tutto si ricapitoli in Lui. Il fine della storia è la pienezza di Cristo in tutti.
Conclusione:
1) La via della santità passa attraverso la fede e, secondo la fede, si traduce in opere.
2) Se è nata una confusione è perché il cristiano che diceva di avere fede non operava di conseguenza.
3) Se è la fede che opera la via alla santità, ognuno faccia il suo esame di coscienza.
a) Se dico di aver fede: ho anche le opere? E quali?
b) Se dico che opero: sono secondo la fede, cioè secondo la Parola di Dio, secondo il Magistero?
4) Nel giudizio dobbiamo evitare ogni pressappochismo o faciloneria o forzatura, ma essere radicali in quanto si tratta di battere una strada, la vita, non più ripercorribile o riparabile.