La meditazione
 
Lo schema dei gradi di orazione proposto dalla maggior parte degli autori spirituali sulle orme di Santa Teresa è questo:
1) orazione vocale 2) meditazione 3) orazione affettiva 4) orazione di semplicità 5) raccoglimento infuso 6) quiete 7) unione semplice 8) unione estatica 9) unione trasformante.
 
I Sul meditare... che è conoscere Dio.
Se noi Dio lo conoscessimo intimamente, il colloquio fluirebbe spontaneo, inesauribile, gioioso. Impossibile non ascoltare, tacere con chi si ama. Tutta la nostra vita si trasformerebbe in una inesauribile preghiera. Tale fu la vita di preghiera per Maria SS. Ma noi Dio poco lo conosciamo. In questa vita noi vediamo come in "uno specchio, in enigma". Vale a dire che lo conosciamo solo imperfettamente. Per questo l'amiamo poco, siamo sordi alla sua voce e... troviamo tante difficoltà a parlare, colloquiare con Lui... non troviamo parole... pensieri; per tutto questo preghiamo poco o male o non preghiamo. Perché la nostra preghiera possa avere inizio, si svolga bene, si apra all'intimità profonda... è necessario conoscere la persona con cui vogliamo colloquiare, farci un'idea di Lui, sentirci quindi attratti dal suo infinito amore. Gesù questa scoperta di Lui la può dare gratuitamente... improvvisamente come a Saulo “Saulo Saulo perché..." cambia totalmente tutto, oppure ordinariamente, è frutto di desiderio, di studio fatto con amore, cioè è frutto di meditazione.
"Per la conoscenza del Dio increato, scriveva sant'Angela da Foligno, e dell'uomo Dio crocifisso, realtà e conoscenze indispensabili per la trasformazione spirituale... è di assoluta necessità leggere e meditare il Vangelo. Ora questa lettura, perché sia fruttuosa, richiede preghiera devota, attenta, sincera, umile, violenta, profonda, incessante, non solo di mente ma di cuore e di tutte le forze dell'anima".
Questo lavoro di profonda conoscenza che l'intelligenza compie durante la meditazione porta a scoprire sempre più le verità della fede, acquistano importanza, rilievo,... sintesi... e si impongono, oltre che alla mente, alla volontà... al cuore..!
Il discorso della montagna, ad esempio per chi lo medita a lungo non appare solo come una raccolta di meravigliose norme ma piuttosto come l'espressione più genuina dello spirito del Vangelo destinato a non restare lettera morta, ma a muovere, a produrre frutti di vita. Nella meditazione della vita di Gesù non rimane solo un fatto storico, un avvenimento passato, pur formidabile, ma entra in noi, diviene vita, amore, modello ispiratore, sicurezza nelle scelte; diviene il centro dei pensieri o della vita, il significato del vivere di tutto. Non sarà dunque solo adesione dell'intelligenza per la necessità della salvezza ma, a poco a poco, il calore del cuore, l'amicizia profonda, la luce della vita.
E' attraverso il "silenzioso discorrere interiore" che le verità, i fatti, i detti del Salvatore diventano entusiasmante vita per chi li medita. È in questo lavoro che l'astratto diviene concreto..!
Nella meditazione: gli effetti del peccato e in noi meditare la passione di Gesù. Ciò che ha rappresentato per tutti e per noi la sua vita... la sua Rivelazione... il dolore e l'umiltà di Maria SS. con tutte le virtù che vengono a galla, esercitate... Una conoscenza di Dio dunque, quella ottenuta con la meditazione, non tanto di carattere speculativo, frutto dello studio del documento, quanto pratico cioè spirituale per la vita, opera soprattutto della Grazia che soddisfa l'intelligenza ma riscalda il cuore per cui la preghiera viene ad essere un grande esplosione di ringraziamento, di gioia, di amore. È l'inizio dell'unione con Dio...
 
II Meditare è conoscere se stessi.
Infatti ci aiuta moltissimo scoprire ciò che siamo con tutti i nostri limiti. Senza questa seconda conoscenza l'uomo sarebbe mancante per tutto. "Secondo me" dice S. Teresa d'Avila "se non cerchiamo di conoscere Dio non arriveremo a conoscere noi stessi. La vista della sua grandezza ci mostrerà la nostra piccolezza, quella della sua purezza, la nostra impurità; la sua umiltà, quanto noi siamo lontani dall'essere umili". Uno degli aspetti più tragici della nostra vita è la nostra cecità... è gravissima perché pensiamo, al contrario, di vederci bene..! "Se foste ciechi... ma dite, noi vediamo... ecco il peccato...". Per vedere, per conoscerci quali in realtà noi siamo è necessario confrontarci con la vera misura dell'uomo cioè Cristo: "Io sono la luce del mondo... chi cammina dietro me...". Finché ci compariamo con altri compagni di viaggio... come gli Apostoli che si sentivano pronti a tutto e poi... Così noi a confronto con gli altri: quasi perfetti... e a confronto di Gesù: ambizioni, sotterfugi, pigrizie, accomodamenti! E poi ci sono le adulazioni... ci sono gli interessati... i falsi pietismi e tutto ciò può dare giudizi interessati, viziati..! Ma quando incominciamo a meditare l'umiltà di Betlemme, le fatiche e la povertà del suo apostolato, le sue privazioni, le donazioni di sé fino alla passione mortale, allora cadranno tutte le illusioni nate da una troppo facilmente presunta rettitudine e generosità.
Cadranno le illusioni attorno a noi stessi, nella riflessione pacata e spassionata nel misurare il desiderio e la realizzazione, il modello e il nostro essere copia, i propositi e le nostre meschine realizzazioni, le decisioni e le cadute... scopriremo il nostro nulla. Prenderemo allora la nostra giusta posizione di fronte a Dio e il dialogo non solo sarà possibile ma avrà un senso. Eviteremo, tra l'altro, il pericolo di credere di ascoltare le parole di Dio mentre in realtà ascoltavamo noi stessi; di crederci umili quando in realtà era ancora la superbia a dominare la nostra vita; di crederci altruisti quando in realtà eravamo ancora un impasto di egoismo.
Il dialogo tra Giobbe e Dio: iniziato bene poi, sotto l'infierire del male e degli amici... parole amare tutto diviene incomprensibile. Riprende la giusta conversazione quando Giobbe riprende il suo giusto posto di fronte a Dio, riconosce la propria presunzione, il proprio nulla!
La meditazione, scrive San Tommaso, sulla bontà e sui benefici di Dio fa sì che l'uomo l'ami; la considerazione del proprio nulla e della propria indigenza lo porta a non presumere più di se stesso e a sottomettersi e fidarsi veramente di Dio".
III Meditare e pregare.
Meditare è lo stesso che pensare, riflettere. Ma un riflettere alla luce della fede, per meglio diventare un tutt'uno con la Parola di Dio; si sente amore, volontà di servire, quindi,... pregare! Un pregare più con l'intelligenza che con la volontà; un discorrere tra sé e sé ponderatamente, passando di verità in verità, di considerazione in considerazione, di conclusioni in conclusione senza costrizioni: diviene la meditazione una orazione discorsiva. Oltre all'intelligenza entra in moto la volontà: affetti, sentimenti che si fondono con intelligenza: è il termine della meditazione. "La meditazione, scrive San Francesco di Sales, non è altro che un pensiero attento, reiterato, volontariamente trattenuto dall'animo per muovere la volontà a santi e salutari affetti e risoluzioni".
È nel lavorio lento, penetrante, diuturno della meditazione che noi riusciamo a scoprire un poco del mistero di Dio e così pure nel nostro peccato. Scopre finalmente la bellezza del vivere secondo Dio, la serenità... e l'attrattiva del suo amore. Scopre che senza di Lui... scopre l'umanità priva di lui e prega! Non è questo un puro lavoro intellettuale ma un ascetismo di fede: ci facciamo guardare, guardiamo noi stessi e il mondo con i suoi occhi e la sua passione. Il trattenersi a cuore a cuore con Dio, dopo aver più o meno a lungo considerato la sua Parola, costituisce la parte più importante della meditazione. È una logica conclusione. Ma innanzitutto, prima di tutto meditare, sforzo per meditare. Il pericolo più grosso che corre colui che si mette a meditare è quello di non sforzarsi nell'approfondimento della meditazione oppure abbreviarla… o darla per scontata… non meditare a sufficienza. Ogni scuola di spiritualità, di tutti tempi, non ha mai dimenticato di mettere in guardia dal grosso pericolo che corre colui che vuole entrare in relazione con Dio, al colloquio con Dio, senza la debita preparazione... e lo sforzo proporzionato; in una parola senza il faticoso lavoro della meditazione. L'ascetica vera non conosce "vie brevi" le scorciatoie, i metodi rapidi. Tutto quello che per essa ha valore è fatto, oltre che di grazia di Dio, di sacrificio e di insonne attività. La meditazione non fa eccezione a questa regola generale. Pur essendo un fatto complesso cui partecipano grazia e natura, intelligenza, volontà, sentimento essa è essenzialmente di ordine intellettuale tale perciò da richiedere seria e costante applicazione della mente; mancando la quale non può non accadere che l'interiore lavorio della ragione scivoli sul piano di un sentimento vago, impreciso o, peggio ancora, nel sentimentalismo. Come non c'è vera pietà senza un solido fondamento teologico così, ordinariamente, non c'è vera conoscenza spirituale di Dio e di se stessi, senza il faticoso e perseverante lavoro compiuto con la meditazione. Questo lavoro è frequentemente penoso... senza un'applicazione seria molte anime vegetano... pietà superficiale, sentimentale, passeggera, sempre esposta a crisi. È un lavoro costoso dell'intelligenza per svuotarsi e riempirsi di Lui.
Questo lavoro della meditazione non ha surrogati non può essere sostituito da altri mezzi.
Oppure la conoscenza della scrittura, della teologia... ma al principio della divina avventura ci deve essere un desiderio. Una grande volontà di cercarlo, conoscerlo, possederlo.
Sant'Agostino: "Signore, non disdegnare questo filo d'erba assetato".