Non Sapienza e storia: teologia politica.
La comunione che emerge.
Al termine della meditazione precedente penso che siano emerse alcune considerazioni preoccupanti...: ho capito che questo è il fine dell'esistenza e va bene!... ma come lo vivo nel mio ambiente, come mi impegna nella vita? Non sarà questo fine, così presentato e meditato, un invito ad uscire dal mondo, un invito a disinteressarmi di tutto? Ma com'è possibile oggi quando si parla sempre più e con molta frequenza di teologia politica, di futurologia, di storia e di identificazione nel processo storico? Che valore ha meditare ancora sul fine dell'uomo e universo? Ecco allora la nostra meditazione: solo illuminati dalla Rivelazione del fine ultimo e della Causa prima abbiamo la possibilità di comprendere e vivere una teologia politica per noi e la nostra comunità. Divideremo la nostra meditazione in una premessa e in tre punti (dove scopriremo: esiste una storia Sapienza per il mondo - ma questa è stata emarginata. Come risponderemo noi a questa Sapienza?)
Premessa
La secolarizzazione - il mondo autonomo da Dio - ha fatto parecchio cammino in questi anni ed è giunta ad emarginare il fatto cristiano e a confinarlo nella sfera delle cose private, della vita privata del cittadino. Nasce la domanda del cristiano: che fare?
1) Alcuni accettano questo cammino della storia e quindi vedono il cristianesimo come puro fatto di coscienza.
2) Altri reagiscono a questa riduzione del cristianesimo e giungono a identificare il cristianesimo con il processo della storia. Due strade da respingere. Infatti:
+ cristianesimo come fatto di coscienza: mistificazione del cristianesimo
+ cristianesimo identificazione alla storia: vanificazione del cristianesimo.
Per uscire da questa situazione è necessario ritornare alle origini, alla Sapienza che ha concepito, generato, salvato il mondo. Così solo possiamo ritrovare la nostra identità, il senso autentico della nostra missione nel mondo.
La nostra crisi di identità nasce dall'oblio della nostra origine. Non vogliamo guardare la nostra origine presso gli Atti degli Apostoli per cui noi abbiamo perso tutta la primitiva carità con cui si amavano, ma sul piano ontologico cioè del fatto che l'origine del cristianesimo è prima della storia, più in alto della storia.
Giov. 8,58 - Giov. 3. Se noi dovessimo dimenticare questa realtà rimarrebbe allora solo la storia e tutto verrebbe inglobato dalla storia, anche il cristianesimo che verrebbe declassato e ridotto a prodotto della storia. Se, invece, si riconosce al cristianesimo la sua origine, cioè la sua antecedenza (non è solo questione di cronologia...) alla storia, allora coerentemente si deve riconoscere che il cristianesimo può imporsi alla storia o con funzione di determinazione della storia ma mai riducibile alla storia stessa. Sapienza e storia dovrebbe essere intitolata questa meditazione, ed ognuno sente che prima dico Sapienza e poi storia. Un essere fedeli alla Sapienza che diviene storia e, quindi, un diventare fedeli a questa storia e rimanere fedeli a questa storia. Questa storia che si basa sulla Sapienza e non su ideologie, e si basa su una realtà precisa e non su costruzioni intellettuali dovrebbe dare molta serenità.
Poiché la Sapienza è Gesù Cristo e Gesù è un uomo, allora la Sapienza come storia è quella aperta dalla storia di Gesù Cristo e quindi dalla storia della Chiesa in quanto continua la storia di Gesù Cristo.
L'orizzonte della Sapienza è l'orizzonte della storia ma della storia creata dalla fedeltà all'azione di Gesù Cristo, cioè dalla fede.
(La storia non è un frammento, una fetta di tempo studiato ecc., non deve essere presa come un fatto, un'epoca senza né capo né coda).
+ Dio intenzionalmente ed  efficacemente ha pensato a una sola storia.
+ Non solo ma finalisticamente Dio ha ordinato tutta la storia all'avvento del Regno.
+ La Parola di Dio, Gesù Cristo crea la storia, nel senso che è prima ma anche nel senso che ancora oggi - è la sapienza - interpella, muove, rende nuovi, orienta...
+ E' tutto l'A.T. che continua con Gesù Cristo uomo e la Chiesa per un regno visibile...
-> Esiste allora una grande storia, la storia sacra, l'unica storia, della quale noi dovremmo rimanere fedeli
a) alle origini
b) al compimento termine
c) e all'oggi.
In questo senso la Sapienza compie la storia, dà un senso preciso e uno sbocco alla storia. Se oggi tutto questo non avviene è perché la Chiesa, come storia, è stata emarginata, privatizzata. Si è creato così un altro strumento o altra realtà interpretante la storia. La nostra azione? Riascoltare la Sapienza, la parola genuina di Dio. È qui tutta la teologia politica: non definire la Chiesa nell'ascolto, non solo parole, studio ma lasciarsi costruire e costruire una comunità cristiana in cammino verso il futuro. Con una nostra (questa) decisione possiamo essere uomini della storia oppure uomini che vivono accanto o fuori dalla storia. Originalità ed essenzialità del cristiano: o è questo sale o nulla!
Il cristiano non è innanzitutto il buono, intelligente, l'agitatore, ma è il fedele a Gesù Cristo che ci rinnova anche nell'intelligenza, nella politica. Un'intelligenza così rinnovata è la base dell'interpretazione della storia e orientativa della storia. È la Sapienza di Dio che continua... questa è la nostra teologia politica.
Non è teologia politica una teologia della rivoluzione - che è una ricerca per poter accettare o proporre una rivoluzione, e neppure una teologia che diventa copertura ideologica delle teorie più avanzate, ma una teologia che sviluppa tutti i valori e tutte le tensioni presenti nel messaggio escatologico in quanto tale. Il soggetto di questa teologia non può essere se non la comunità. È l'evidenziarsi della Sapienza... ma è pure la sicurezza orientativa..!
 
Il Problema. 1° punto.
Qui inizia il problema. Se esiste un'unica storia ed è quella di Dio per la salvezza del mondo, se esiste questa Sapienza che viene sperimentata dalla comunità e costruisce la comunità come storia e salvezza, come mediare questa fede, questa comunità perché assuma e orienti la storia? Facciamo innanzitutto un'analisi della situazione attuale per capire meglio il problema...
a) Vogliamo mediare questa "Sapienza", ma come fare? Esiste innanzitutto oggi una precisa crisi di linguaggio. Messia di moda, nuovi profeti cristiani hanno portato una enorme confusione. Si è perso il significato ultimo delle cose; tante meravigliose realtà hanno perso la possibilità di farsi intendere, capire. Non si riesce a portarle ad unità. E tutto questo è dovuto frequentemente all'invadenza di tanti rivenditori che tentano di piazzare ad ogni costo il senso da loro scoperto con un'analisi minuziosa e assai personale. Come può parlare la fede oggi?
Anche coloro che si identificano con il Giusto, perché amici e familiari, spesso tradiscono adulterando o forzando la voce! Facciamo oggi l'esperienza del nostro limite, dell'impotenza. Così nasce il silenzio. Vogliamo ritornare al silenzio. Ma non sarà un silenzio vuoto perché è nel silenzio che ci viene donato quel Qualcuno che riempirà della sua voce tutta la terra. Supereremo la crisi di linguaggio con un nuovo ascolto: "ciò che abbiamo udito ora ve lo riferiamo...".
b) Esiste oggi, in secondo luogo, la privatizzazione della Chiesa. Come mediare la salvezza allora?.
La nostra situazione sociologica è determinata, verso tutte le istituzioni portatrici di un messaggio non immediatamente perseguibile dalla società civile, da un processo di privatizzazione cioè ad una emarginazione della Chiesa dalla società civile. È la privatizzazione di tutti quei valori, rapporti e ripensamenti che la Chiesa ha.
+ La situazione è veramente così! Vederla diversamente è sognare. Se la situazione è tale; se la situazione ha emarginato la Chiesa come questa può annunciare il significato della storia che ha ascoltato nella fede, di testimoniare questa realtà che è necessaria per la società civile stessa, perché il messaggio della Chiesa è universale e globale? In che modo può oggi predicare il Gesù di tutti e salvare? Se "socialmente" è irrilevante non sarà se non anche "storicamente irrilevante"? Ma il tutto è ancor più complicato. Infatti:
b1) siamo di fronte ad una grossa problematica della società civile. E la Chiesa non entra affatto (accenno soltanto ad alcune realtà).
a) alienazione e dissociazione dell'uomo e del suo lavoro nei rapporti sociali organizzati. In altre parole è il sistema che sottomette strumentalizza l'uomo.
b) la ragione dell'uomo viene incanalata, meglio strumentalizzata al funzionamento della società civile.
c) la società civile cerca in ogni circostanza e con ogni mezzo di diventare esaustiva e globale per l'esperienza e le esigenze dell'uomo.
d) la società civile è sempre più basata sulla "razionalizzazione" nel senso Weberiano, cioè la ragione in tanto vale in quanto può essere tradotta in operazioni e, in questo caso, in operazioni utili al funzionamento più efficiente della società civile (In teologia la razionalità parte dalla resurrezione di Cristo per impostare razionalmente il futuro. La salvezza sta nella futurologia... ). Tutto ciò diventa drammatico perché, come dicevamo sopra, la società civile diventa di fatto esaustiva e globale dell'esperienza umana.
e) la società civile non intende certo negare la sfera privata però concretamente è la struttura economica con le sue leggi di sviluppo che pretendono di fornire i canoni di sviluppo alla storia stessa.
f) questo situazione particolare fa nascere tanti tentativi velleitari. E tutto questo è ben presente anche nella Chiesa e in certi gruppi Chiesa. E allora?
b2) Le rivalse del privato.
Di fronte a questa subordinazione effettiva dell'uomo al sistema per cui anche la "sfera privata" viene anche privata delle sue possibilità storiche, quali sono le reazioni di difesa che sono emerse storicamente?
Due tipi di reazione a seconda del modo di vedere la realtà, a seconda del rapporto fra teoria e prassi.
a) l'uomo è asservito... e lo sarà sempre più: occorre trovare il modo per creare o salvarci una coscienza critica. Sarà quest'uso indipendente e critico di molti che metterà, alla fine, in crisi il sistema stesso. È il tentativo della coscientizzazione: condizione necessaria per un cambiamento del sistema (tutti i mezzi, per alcuni gruppi, sono validi: dall'occupazione, alla lotta alla polizia per il loro significato ma per aumentare la coscientizzazione: scuola, fabbriche, collettivi ecc. ecc.).
b) il secondo gruppo: il rovesciamento dei rapporti è possibile solo attraverso un mutamento di rapporti di produzione in quanto sta proprio qui la radice ultima di ogni processo sociale. Quindi è solo la prassi rivoluzionaria... per la libertà e il trionfo dell'uomo.
Solo un gruppo avanzato può fare questo... ecco la funzione del partito o di gruppi particolari che devono creare precisi rapporti tra avanguardia e massa ecc.
-> Tutto questo è sì una rivalsa del "privato" alla società civile ma siamo ancora nella logica del potere, dell'oggettivizzazione del soggetto e, soprattutto, è ancora una ricerca disperata di una liberazione ad opera dell'uomo, una realizzazione di una storia "ancora fatto dall'uomo".
È ancora l'uomo che salva l'altro uomo ma sono ambedue nelle sabbie mobili: quanto più si dibattono affondano. A meno che una mano forte, che viene dall'alto, ci prenda e ci trascini fuori...
b3) Una rivalsa della società civile.
A queste tesi del "privato" risponde con massima attenzione al società civile, cioè reagisce in diverse direzioni volte tutte alla conservazione degli attuali rapporti di produzione quindi di potere.
a) far sì che le esigenze "private" possano essere soddisfatte. Sarebbe pericoloso per la società lasciare queste esigenze senza risposta.
b) un secondo modo di reagire va nella direzione di un progressivo assorbimento del privato.
E tutto questo per togliere quella carica di critica o aggressività della sfera privata (è la tecnica della desublimazione repressiva descritta da Marcuse).
c) e un terzo modo di reagire: contro il pericolo latente della sfera privata si mette in opera un'educazione diversa o un processo di condizionamento che renderà irrilevante e irrisorio ogni tentativo privato.
In tutto questo caos ove la Chiesa è completamente emarginata, come annuncerà la salvezza?
C) dobbiamo aggiungere, a questo punto, come tutta la società si dibatta nella ricerca impossibile del senso del tutto - e innanzitutto della storia. Non prendiamo in considerazione la scoperta della storia che ne fa Vico, Kant, Hegel, Marx ecc. ma: storia = libertà come autonomia, perché non c'è nessuno che possa fare da guida dell'intelletto; oppure storia come opera delle mani dell'uomo. Queste indicazioni fanno scivolare il problema sulla domanda, sulla causa ecc. che ritardano o fanno progredire la storia. È un complesso problema questo che in ultima analisi porta a scartare inevitabilmente fin dall'inizio la considerazione del "nuovo", del "diverso", che non è dato all'uomo di produrre o anche solo di immaginare. Ognuno vede che siamo nel materialismo storico. Analisi, prassi ecc. ma si determinano frequentemente dei ritardi, repressi, involuzioni che non danno più alcun senso alla storia nel suo divenire. Comunque è un fatto che molti, oggi, coscientemente o incoscientemente vivono di questa realtà. Allora? Come uscire da questo non senso?
Rifugiarsi nella fede senza capire il senso della storia? Rifugiarsi nella fede per ritrovare sicurezza che sfugge però a precise responsabilità, travagli per godere magari in forma parassitaria dei risultati del lavoro degli altri? O non è, al contrario, la fede a dare un significato proprio a questa fatica, a richiamare l'uomo a precise responsabilità?
Ma allora che ruolo deve assumere la Chiesa, sempre più privatizzata, perché questo significato appaia a tutti come serio ma proprio per questo veramente liberamente?
Che deve fare una comunità cristiana perché possa pronunciare quella parola, non già evasiva e facile a tutti i gusti, ma esigente e vera, che possa avvicinare agli uomini Dio e formare il suo Regno? Come dunque mediare la Sapienza?
D) Una comunità che vuole essere responsabile di fronte alla propria fede e all'istanza del proprio tempo non può rifugiarsi in situazioni facili. Essa non può richiedere un riconoscimento pubblico di un proprio posto nella società civile. Deve piuttosto dar prova di capacità di fare intendere la propria voce, deve riuscire a dar risonanza alla propria fede proprio perché consapevolmente accettata. Sarà questa consapevolezza, nella comunità, vissuta in intensità che farà apparire la fede non come "cosa privata" o socialmente ovvia (ci sono anche i cristiani...) ma manifesterà una precisa rilevanza per la società civile stessa.
-> D1 Quindi dobbiamo realizzare un "luogo" dove sperimentare la fede (che cosa vuol dire credere con tutti i cambiamenti radicali di rapporti ecc...) dove si evidenzia la presenza di Dio oggi che parla; dove avvenga il trionfo manifesto della sua Parola nella storia umana, trionfo che coincide con il granello che muore per portare frutto - che è Dio al servizio e che manifesta un criterio diverso di vita in un mondo che cerca di autogiustificarsi e autoesaltarsi.
Questo è il nostro rischio e la nostra responsabilità nel costruire la storia o, meglio, nel realizzare la storia da sempre da Dio e Gesù Cristo tracciata.
-> D2 Stabilito che debba esistere questo "luogo" dobbiamo ancora dire del come questa comunità si inoltrava nella terra straniera, pur restando sotto una tenda cioè in condizione di pellegrinaggio.
È facile infatti ideologizzare la fede e intenderla come copertura di istanze particolari. La fede non può attendere la sua giustificazione dalla sua capacità di interpretare l'esigenza di libertà dell'uomo o cose simili. In questa luce non capiremmo neppure più la libertà e la giustizia che Dio vuol dare all'uomo. (Siamo nella situazione di coloro che cercano nella fede in Dio una copertura a istanze sociali...).
Dio non attende di essere giustificato dall'uomo ma è l'uomo che deve attendere di essere giustificato da Dio. Così è per la storia. Non attende di essere giustificata. È adulta e continua da sola. Noi non le aggiungiamo o togliamo nulla. Come è ridicolo pretendere che la nostra stretta di mano al vincitore di una gara posso aggiungere qualcosa il suo valore, così è ridicolo il tentativo di metterci a sostenere la storia o ci limitassimo a ingrossare il codazzo dell'avanguardia giunta per ultima nell'arena storico politica. Non è in ciò che deve viaggiare la comunità cristiana.
Può essere senz'altro comprensibile che alcuni cristiani trovino tutto ciò esaltante e cerchino così di superare il complesso di minoranza arcaica e superata. Ma non è miglior modo di aiutare la storia. Noi amiamo la storia, vogliamo fare la storia, stare nella storia ma la nostra storia non è una identificazione alla storia o sequela alla storia. Il nostro cammino nella storia è determinato dalla sequela di Cristo. La nostra presenza nella storia e la nostra responsabilità verso la storia ha come suo riferimento il significato della storia voluto e operato dalla Sapienza. È questo cammino nella storia che giudica e salva la storia. Il nostro atteggiamento nella storia sarà solo un atteggiamento cosciente e responsabile di obbedienza alla Sapienza che orienta la storia.
La storia, quella vera, è l'uomo maturo (umanità) uscito dalla fase narcisistica dell'esistenza che deve e che si mette in cammino dietro le indicazioni di Dio.
La storia dunque prende forma per noi da quando ci accorgiamo che Dio ci pone delle domande. È la storia cioè la vita degli uomini che deve rispondere alle domande di Dio e non viceversa (anche se poi Dio risponde tutte le nostre domande...). Se le cose stanno così la storia siamo noi che la facciamo. Non è qualcosa che ci passa accanto o al di sopra. La storia siamo noi, è la nostra vita quando accetta e vede le novità di Dio, quando accetta e fa suo il giudizio di Dio e si costruisce secondo questo giudizio. In questo senso non si sfuggirà al pericolo della ideologizzazione della fede, ma sarà fede - vita che fa ed è storia.
D3 Quale sarà la nostra risposta a tutto questo? Inizia qui un grande rischio: voler rispondere a Dio senza ascoltarne la domanda. Se è la risposta alle sue domande che fa la storia, occorre conoscere queste domande per sfuggire al rischio - che è molto comune - di inventare semplicemente una risposta così perché ci piace, è a me congeniale. E poi c'è un secondo rischio: quello di sommergere la domanda con tante nostre parole e discussioni. Purtroppo siamo fatti così e corriamo sempre questo rischio. E' allora con "tremore e timore" che ci avvicineremo alla Parola ma anche con estrema fiducia perché sarà Lui a rivelarci ciò che neppure possiamo immaginare; scopriremo la sapienza folle della croce, salvezza... ma stoltezza per molti. Con preghiera, con umiltà rivediamo e ascoltiamo la Sua Parola - domanda per potergli rispondere facendo risuonare fino ai confini della terra questa storia-sapienza.
Rilettura della Bibbia onde capire che la Chiesa, oggi, non può essere "privatizzata".
 
II° La domanda che attende la risposta
Giobbe 28,1-27 oppure Bar. 3,9-38
È la Sapienza che è prima e va oltre ogni intelligenza. È la novità totale e globale di Dio verso l'uomo. È una novità inaccessibile ad ogni tentativo... ad ogni fatica umana. L'autore non disprezza la fatica umana anzi è stupefatto per tante realtà... ma compie una umile confessione: Dio conosce una Sapienza, un "significato" che non è dato a noi di avere, né di raggiungere o di costruire.
a) Israele, popolo nomade e poco raffinato, soffriva ad un certo punto una crisi di identità. A confronto con i popoli vicini, abili commercianti e culturalmente aperti soffriva. Pur nella sofferenza intuiva che non poteva, pur mescolandosi a quei popoli, accettare la loro concezione di vita e così perdere la propria originalità. Oscuramente il popolo ebreo, reso attento dai profeti, capiva che quella cultura non era in grado di dare quella vita che Israele ricercava (siamo ai nostri giorni per tanti gruppi...).
La Sapienza è di Dio, non dell'uomo perché solo Lui è il Creatore. Da Lui è la Sapienza che illumina ogni cosa. Bar. 3,14. La conoscenza della realtà sta solo in colui che l'ha creata. Israele quindi non poteva, mescolandosi a quei popoli, tradire quanto era ormai loro coscienza.
La caratteristica di questo popolo non sta negli interventi storici di Dio, nei miracoli, nelle avventure ma nell'essere stato fedele alla Sapienza - promessa, una fedeltà che si è scontrata con i popoli ed ha fatto "storia".
Per Israele la Sapienza di Dio era irriducibile....
A1) Però Israele non è stato un eunuco, un separato dal mondo. Ha conosciuto - c'è sempre rimasto dentro - la gioia di vivere, la forza dell'intelligenza, i cedimenti dell'idolatria. Nonostante questo si rialza in forza di una "memoria". Memoria della fedeltà di Dio alla sua promessa, memoria di un fatto concreto che diviene garanzia per il presente e orientamento per il futuro.
Quest'esperienza di novità di Israele, a differenza degli altri popoli, può essere spiegata dalla fedeltà alla memoria che diventava storia e ancora suscitatrice di fedeltà. Se Dio ha promesso operando, così... (è valido ancor oggi...) Dio ha creato, è entrato nella storia...
Israele tenterà qualche volta di sfuggire a questa memoria e, nell'oblio, si caricherà di gioielli, monili ecc. Osea 2,15. Per chi ha incontrato Dio, avverrà un'altra storia solo distruggendo questa memoria di incontro, solo allontanandosi dalla fedeltà. Terribile situazione di ingratitudine in certuni... "Li ho fatti pascere... Dio...". Osea 13,6. Siccome è questa memoria la garanzia per il futuro, ecco sorgere i momenti di culto che avevano lo scopo di ricordare quanto Dio aveva fatto affinché il popolo gli restasse fedele (vedete come si delinea la storia sacra?...).
Non era un altro vuoto ma un ricordo di ciò che aveva fatto, di ciò che può e vuole fare ora, e di ciò che farà!
Culto come attualizzazione della Sapienza (Non è la Messa?). Da questa "memoria" Dio presente che agisce prende il via l'impegno morale. I valori vengono sostenuti solo da questa memoria. Deut. 8,11. Se cessa la memoria cessa pure l'impegno. Che cosa sarà allora il peccato? Un tentativo di sottrarsi alla memoria cioè, in altre parole, un uscire dalla storia della promessa, un rendere noi storia con le nostre scelte egoistiche. Il peccato è il blocco e la distruzione della storia. Come, d'altra parte, è la memoria vissuta che fa germinare la storia in una storia sempre più ampia. Tutto diventa una novità strepitosa, una grande storia santa!
a2)  Sapienza e storia.
In questo modo di vivere degli israeliti, la loro religione vita non era dunque una scoperta intellettuale. È il risultato dell'aver accettato l'intervento storico di Dio, la sua Rivelazione. La Sapienza di Dio che opera nella coscienza e che quindi non è originata dalla storia, diventa reale solo nella storia. In che modo? Esperienza di Abramo: fede che accetta e vive. Fede in una Parola che indirizza che è diventata e diventerà ancora fatto, avvenimento. È la struttura della Rivelazione o Sapienza. Perché sappiamo che Dio è fedele nell'adempiere alla sua promessa che noi accettiamo ancora oggi la Sapienza che interpreta la realtà presente. Se le cose stanno così solo nell'obbedienza di fede può continuare la storia, solo nell'obbedienza alla Sapienza passa la storia di Dio. A base ci sta la sicurezza dell'adempimento della storia, come ieri, così oggi, un adempimento che genera il futuro che sarà escatologico. Un futuro che noi con le sole nostre forze non potremmo né prevedere, né immaginare. È dunque una memoria che rende possibile l'obbedienza. L'obbedienza, suscitata dalla memoria-presenza, rende e crea una storia sempre nuova.
+ Ma è anche vero che l'obbedienza fonda la memoria. È infatti l'obbedienza della fede che rende possibile oggi una memoria, e la rende visibile, sperimentabile; il che rende disponibili gli uomini al futuro promesso da Dio.
+ La memoria, fondata nell'obbedienza, diventa quindi missione. Perché? Perché missione consiste nella crescita obbediente, attraverso la memoria, del fatto con cui Dio salva la storia. Questo fatto diviene un preciso annuncio! Diviene un mezzo attraverso cui Dio continua a far operare la sua salvezza, a comunicare al mondo la sua pace, la sua giustizia, la sua libertà. E tutto questo è reso presente da tutti coloro che sono obbedienti alla promessa. Non solo ma attenzione: oggi la fedeltà di Dio, che si rende presente nell'obbedienza del suo popolo, è l'unica cosa che noi possiamo conoscere di Dio nella storia stessa.(Pista enorme di meditazione per noi... è tutta la storia di Israele per i popoli vicini... è la nostra storia per il mondo intero...).
La sua fedeltà passa attraverso la nostra fedeltà: così continua la storia.
B) Gesù, Sapienza di Dio.
Allo stesso modo del V.T. e anche il N. T. attribuisce solo a Dio il possesso della Sapienza. Rom. 16, 27. 1 Cor 25. Il N. T. dice espressamente che Gesù Cristo, morto e risorto, è la Sapienza di Dio!! 1 Cor. 1,24. Tutta la tradizione antica si realizza ormai in Gesù Cristo, Sapienza di Dio 1 Cor 1,30. Egli non ha parlato soltanto a nome della Sapienza, ma ha parlato come la Sapienza di Dio in persona.
Che significa tutto ciò?
B1
Con la identificazione completa tra la Sapienza di Dio e Gesù Cristo il N. T. ci dice ormai che la Sapienza non è un'idea, una maniera diversa di vedere e criticare, ma una persona presente nella storia. Ormai la sapienza della storia è la storia di una persona precisa, di Cristo crocifisso e risorto; di Cristo presenza del Padre e Signore di tutte le cose. Quando il N. T. identifica la Sapienza del Padre e Gesù di Nazaret, vengono rese impossibili tutte le fughe, sia nel passato, in noi, nel futuro, in sistemi diversi, nelle strutture...! È la sola Sapienza che viene a liberare il mondo dal male... che viene a illuminare... È necessario ricondurre tutto qui, ricapitolare tutto qui, far sì che ogni ginocchio qui si pieghi...!
Questo inginocchiarci obbediente permette a noi e al mondo di sfuggire a due grossi pericoli:
- al formalismo, alla indeterminazione, alla cecità storica...
- alla identificazione con la storia.
Gesù Cristo non è fuori dalla storia, non si identifica con la storia, è norma della storia. Chi lo rifiuta... rifiuta...! Egli così diviene la fonte critica reale dell'assolutizzazione storicistica, sia di marca conservatrice che di marca progressista. Tutto ciò può continuare in noi solo a patto di una obbedienza profonda al fatto e al piano, non appropriandoci del tutto o strumentalizzando. Del fatto cristiano e storia sacra possiamo essere solo dei collaboratori responsabili, mai attori. E questa responsabilità deve estendersi, proprio per non diventare attori, ad una obbedienza alla Chiesa che ha fissato un "canone interpretativo". Seguendo questo canone sfuggiremo ed eviteremo la mistificazione nella interpretazione. Importa quindi l'obbedienza ad un giudizio! Che garantirà pure l'obbedienza della fede sarà pure la capacità di operare nella storia e di realizzare nella storia cose che la storia neppure sogna. Tutto questo renderà l'obbedienza della fede credibile alla storia. Noi dobbiamo testimoniare questa obbedienza nella storia. Solo nella storia (dove per storia s'intende il "fare" la storia nel "fatto" che non è dato dalla storia di fare) l'esperienza della fede mostra la sua credibilità. E' tutto da meditare!!
Questa credibilità potrà non convincere però diverrà pietra di paragone, motivo di scandalo, interrogativo..! Proposta finalmente! Dio ci pone una domanda. Attende una risposta, non una soluzione. E questa risposta o compito storico. Proprio ciò che ci viene richiesto dalla identificazione della Sapienza con l'avvento di Gesù Cristo.
B2 Qual è dunque questo compito risposta? Sapienza che si fa comunione.
Cristo è Sapienza di Dio, significato ultimo della storia perché questa è destinata ad essere ricapitolata in Lui (Ef..1,10) in maniera tale che tutte le cose siano in Lui riconciliate. Nella croce infatti Gesù Cristo annulla tutte le divisioni. Egli è il nostro Salvatore, liberatore, perché solo Lui ci libera da quel male che non permette all'uomo di realizzarsi, ci permette di creare in noi finalmente l'unità. Egli è la nostra pace, in quanto con il suo sangue ha fatto degli uomini divisi una cosa sola (Ef. 2,14). È la Sua pace che Egli dà al mondo e che poi è Lui stesso che abbatte ogni odio, frontiera, divisione; che avvicina i lontani e unisce i vicini (Ef. 2,13-17) in maniera che tutti possano giungere al Padre in un solo spirito (Ef. 2,18).
Questa sapienza, diversa da quella che il mondo cerca, è quindi la Comunione con Dio e con i fratelli, ottenuta nella follia della croce e non nella saggezza autonoma della storia. (Già si intravede il compito risposta alla Sapienza: Cristo!). Per questo mentre “i giudei chiedono dei segni e i greci della saggezza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso". 1 Cor. 1,23.
Il mistero della comunione ovvero la Sapienza di Dio in Gesù Cristo ora si trova a scontrarsi... fino alla vittoria finale quando Cristo sarà tutto in tutti e la comunione sarà così compiuta (1 Cor. 15,24-22). Questa sapienza divina nella storia va molto oltre tutte le possibili regolazioni di conti, di pace, di giustizia che la storia può solo immaginare.
La comunione infatti che Dio dà fonda una comunione tra gli uomini che è al di sopra di ogni equa spartizione di beni. Il cristiano non deve trovare nella Sapienza un modo per essere più giusto perché la comunione che Dio vuole è totalmente altro, nuovo...
Bonoheffer scriveva “Etica” pag. 21: "chiunque legga anche superficialmente il Vangelo non può fare a meno di notare la scomparsa di quel mondo di separazione, di conflitto e di problematica morale. Il punto di partenza di tutto è l'unità ritrovata in Dio, in se stesso, con gli uomini, nelle cose". Perciò la Sapienza non è soprattutto una conoscenza più raffinata e sicura del bene e male, che è poi lo sforzo di tanta filosofia, ma è la capacità che la e risurrezione di Cristo hanno di riconciliare tutte le cose. La Sapienza anche se è conoscenza, non è riducibile alla scientificità di un discorso, alla profondità di un discorso (non è solo giornale, discussione, apologetica ecc.) ma è un avvenimento che sta a monte di tutto questo, un avvenimento che non è nostro e può diventarlo solo nell'obbedienza, così come è stato un avvenimento ed una vittoria ottenuta nell'obbedienza (Fil. 2,8-9).
E' proprio l'esistenza di questo avvenimento che ci permetterà di agire, inventare, programmare. La storia integrale che accettiamo solo nella fede, è quindi possibile solo nella realtà di un "fatto" che si dimostra capace di dare significato ed unità a tutti gli altri fatti che determinano la storia dell'uomo e la costituiscono. Colui che accetta nell'obbedienza La Sapienza giudicherà le leggi dello sviluppo della società civile partendo dal gesto di riconciliazione di Cristo, dall'unità con Dio ma soprattutto porrà qualcosa che è ben più profondo, e cioè una comunione con Dio e i fratelli dove anche la conoscenza del bene e del male, storicamente acquisita, viene rimandata alla sua radice ultima, all'unità con Dio e che è Dio stesso.
C Dove abita questa Sapienza?
In una comunità convocata, adunata dall'Eucarestia. La Chiesa - comunità eucaristica, è l'abitazione della Sapienza di Dio! La Sapienza abitò in Israele che conobbe e sperimentò la Sapienza divina.
La Chiesa, il nuovo Israele, ha fatto esperienza di questa Sapienza di Dio in quanto ha conosciuto il mistero della riconciliazione nel sangue di Cristo.
Il suo sangue ha unito i popoli e riconcilia tutti coloro che accettano questa pace. Gli Apostoli e Paolo stesso sono chiamati a predicare un Vangelo di riconciliazione capace di unificare popoli differenti.
C1) Allora tutto questo fantastico mistero della Sapienza di Dio che passa attraverso il Gesù di Nazareth e viene rivelata come indirizzo e destino globale della storia abita concretamente in mezzo a noi quando la Chiesa pone, vive la comunione, la novità della vita umana riconciliata in Cristo.
La comunione non è qualcosa che noi possiamo disporre al di fuori dell'obbedienza. Essa è infatti il dono dello Spirito (2 Col. 13,13; Fil. 2,2) il quale ci unisce a Cristo risorto instaurando in noi un nuovo tipo di esistenza, nuovi rapporti, una comunione profondissima: "Chi aderisce al Signore è un solo spirito". 1 Cor. 6,18.
(Se dovessimo così vivere la comunione..! Che non è solo capire, donare l'intelligenza ma è una radicale partecipazione di tutto noi stessi sia che siamo vicini o lontani... fa parte di noi... è l'unità e la libertà ritrovata...)! Ma senza questa comunione con Cristo è impossibile parlare di comunità cristiana, della Chiesa. La comunione tra gli uomini si fonda in questa comunione con Cristo che ci libera e ci dona lo Spirito.
Bonhoeffer scriveva nella "Vita comune" ed. 1969 Brescia pag. 59: "Comunione cristiana non è un ideale che dobbiamo sforzarci di realizzare, ma una realtà data da Dio in Cristo alla quale possiamo partecipare. Nella comunione spirituale regna solo la parola di Dio; nella comunione psichica accanto alla parola domina ancora l'uomo dotato di particolari forze, esperienze, di disposizioni suggestivo-magiche... Perciò nel primo regna lo Spirito, qui la psicotecnica, il metodo...".
Questa comunione con Cristo ricevuta e non creata da noi, ricevuta sacramentalmente, è a fondamento radicale di una comunione con i fratelli.
È il Sacramento che ci salva e ci unisce e riconcilia tutti coloro che partecipano allo stesso Sacramento! "Il calice della benedizione che benediciamo non è la comunione del Corpo di Cristo? Infatti siamo un solo corpo e un solo pane quanti partecipiamo dell'unico pane". 1 Cor. 10,16-17.
La comunione sacramentale fonda la comunione fraterna Fil. 2,1-2. Fil 3,10 sottolinea la inscindibilità della comunione con Cristo e con i fratelli.
In questa luce si comprendono le frasi: "non vi erano bisognosi..." si facevano collette... venivano chiamati "quelli della koinonia". Quindi erano visibili, apparivano insieme, erano perseveranti nel ritrovarsi ecc.
+ Questa comunione diventava storicamente feconda, non per una conoscenza più profonda, ma orientava l'umanità, cioè la storia...
+ Questa comunione diventava una realtà critica nei confronti della storia e realizzava ciò che la storia neppure immaginava! Non solo uguaglianza ma fratellanza...
+ Questa comunione diventava il "luogo" dove avveniva la fedeltà di Dio alle sue promesse "fedele è Dio che vi chiamò ad essere in comunione con il Figlio suo". 1 Cor. 1,9.
Questa comunione era ed è invito alla comunione annuncio di comunione "perché anche voi abbiate comunione con noi e la nostra comunione sia con il Padre e il figlio suo Gesù Cristo” (1 Giov. 1,3)".
Una Chiesa capace di testimoniare questa comunione cioè questa riconciliazione di Gesù Cristo, questa salvezza di Dio è già la nuova creazione che prefigura e media il destino della storia.
In questo si manifesta la Sapienza di Dio che il mondo come tale è incapace di accettare, di conoscere e di riconoscere nella sua forza di rinnovamento per il mondo stesso.
Quando la Chiesa, nell'obbedienza, riesce ad accettare questo miracolo di Dio nella storia, questa irruzione reale di Dio (sarebbe fantastico!!!) allora le potenze di questo mondo non potranno non prendere atto della potenza di Dio, della Sapienza di Dio.
Cioè i responsabili, i pensatori, gli attenti alla storia non hanno un altro mezzo per venire a conoscenza della Sapienza di Dio: l'esistenza di una Chiesa comunione, cioè di una Chiesa che nella storia viva il mistero della riconciliazione e della comunione. Qui è la funzione della Chiesa-comunità nel mondo: non vive per sé stessa ma annuncia a tutti, vivendo, la Sapienza di Dio. Quando il mondo s'accorgerà di questa Sapienza, si lascerà compenetrare da questa stessa Sapienza e allora cadrà anche la distinzione tra Chiesa e mondo. Tutto sarà ricapitolato!
Ca) Esiste una grande ignoranza di questa Sapienza che è la salvezza della storia.
La comunione realizzata nella Chiesa e, attraverso questa Chiesa che si visibilizza, nella storia, tende, ha come scopo il riconoscimento della Sapienza di Dio da parte della storia, il riconoscimento dell'avvenimento di Cristo: “ Che tutti siano una cosa sola come... affinché...". Giov. 17. La Sapienza è entrata nella storia, ma la storia chiusa nei suoi schemi l'ha rifiutata votandola alla morte di croce. Questa Sapienza che si rende attuale, grazie a Dio, in coloro che la seguono, continua oggi attraverso la Chiesa. Alla Chiesa corrisponde ancora oggi il rifiuto del mondo, chiamato a riconoscere la Sapienza, ma la rifiuta perché non è del mondo e odia i discepoli così come ha odiato il maestro. Questa opposizione ai discepoli è un tutt'uno con il mancato riconoscimento della Sapienza con la quale il mondo si scontra, anzi ne è un effetto. Così dice Giov. 15,21: "Tutto ciò ve lo faranno a causa del mio nome, perché essi non conoscono colui che mi ha mandato". Occorre dare una grande importanza a questo passo per poter capire il vero rapporto esistente tra la comunità e la storia. "Non conoscono... non hanno conosciuto..." il verbo conoscere! E si oppone alla Sapienza-comunità perché è impossibile al mondo uscire fuori da se stesso, trovare il Salvatore. Il mondo in quanto tale è così perché si è costruito sul principio dell'autonomia. E questo anche quando onora Dio ma stima la propria giustizia come giustizia divina. Ecco allora che cosa dice Paolo ai Rom. 10,2 ss: "Essi hanno zelo per Dio, ma non secondo conoscenza. Ignorando infatti la giustizia di Dio e volendo stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio". (Questa espressione qualifica molto bene quella storia che dice di tendere all'Assoluto).
Il mondo, nella sua autonomia, non può se non odiare ciò che non è suo. La storia, nella sua autonomia, non può costruirsi nell'obbedienza. Ecco allora la distinzione Chiesa-mondo si fa molto chiara: non è altro se non una opposizione tra obbedienza e autonomia. In altre parole: la storia è chiamata a riconoscere la Sapienza perché è il Signore, il primo, il Creatore. Non riconoscendola si avrà un mondo autonomo ma non di Cristo (Nel NT si dice che Cristo è capo di tutte le cose quindi del mondo e della Chiesa (Col 1,17) ma solo questa è detta il suo corpo e mai il mondo. Se il suo corpo inizia dall'Eucaristia e dall'unione sponsale è chiaro che solo la Chiesa lo riconosce e lo accetta unendosi a Lui realizzando una sottomissione sponsale Ef. 5,25 nell'obbedienza.)
Cristo è il Signore di tutto e celebra la sua vittoria nella comunità. La comunità diventa una storia che prende atto, nell'obbedienza, dell'avvenimento di Cristo Salvatore e vive la storia con una precisa caratteristica; il mondo invece è una storia che si oppone a questo riconoscimento e tenta di costruire un'altra totalità di significato.
La Comunità celebra la presenza e vittoria del Signore... meditare..! Ma pure un compito enorme di salvezza per il mondo. La Chiesa deve servire il mondo rendendo presente la Sapienza attraverso una visibile e sperimentabile vita di comunione.
La comunità si presenta come una funzione storica della salvezza, annunciata da Cristo, come la Sapienza della croce più saggia della saggezza umana. Ha la propria funzione di illuminazione che spetta a Cristo. È la donazione di Cristo oggi al mondo. Meditare!!
Se non pone questo servizio alla storia - sale - luce - lievito nella storia, verrà decisamente calpestata!! Perché tutto questo avvenga: obbedienza al Vangelo. La legge evangelica, pedagogo, accettata, è la dimostrazione del superamento dell'atteggiamento autonomo e ateo dell'uomo. Ma è a poco a poco superamento della legge per diventare amore. Cristo presente che ama. Ci educhiamo accettando nell'obbedienza la Sapienza per trovare ciò che cerchiamo: incontrare ed entrare in comunione con Cristo e quindi con i fratelli. Siamo nella riconciliazione, nella ricapitolazione di tutto. A questo punto ognuno intravede la risposta alla domanda di Dio. Ci ha interpellato attraverso la sua storia: attende la nostra risposta nella "sua Sapienza". Essa va giocata con tutti i rischi e ad ogni costo con tanta responsabilità: siamo di fronte qualche cosa che è molto più grandi di noi.
 
III Parte
La Sapienza di Dio diventa reale solo nella risposta storica dei credenti. Chi crede non può se non permettere che avvenga, nella sua esistenza, l'avvenimento storico e la novità totale. Quest'avvenimento-novità passa solo attraverso l'obbedienza. Solo l'obbedienza nella risposta al piano divino rende presente la Sapienza.
Che metodo seguire nel rispondere?
a) l'esistenza cristiana è la risposta ad una vocazione, cioè chiamata, ad una domanda che ci viene rivolta. È Dio che sceglie, chiama. È Dio che si rivela e si dà un nome. Noi non diamo un nome a Dio ma solo lo invochiamo. E ci chiama in quel posto, luogo, casa che Dio rivendica a sé. Tutto vuole... Noi, la storia, tutto è oggetto di scelta da parte di Dio. Allora? Non è esatto dire che noi scegliamo la storia. Pretendere di scegliere la storia e di sceglierla in direzione del progresso è una solenne ingenuità perché misconosce il fatto che prima di noi questa storia è già stata scelta da Dio. La nostra risposta sta in una comunione che si realizza nell'obbedienza in un'invenzione della realtà sempre nuova, e in una risposta al tutto creata dall'avvenimento. L'invenzione della risposta è avvenimento di Dio e di ciò che Dio ha promesso alla storia!!!
È infatti l'avvenimento che illumina tutto di luce nuova. Tutto prende un nuovo significato. Tutto l'orientamento e la liberazione della storia inizia da qui. Ogni cosa rimane tale ma finalmente diamo al tutto il senso, e tutto si inserisce in una totalità organica e chiara. Tutto questo dona la Sapienza. Nascono nuovi rapporti... nuove invenzioni... la speranza... un nuovo cammino! Quest'avvenimento "totalitario" "globale" porta ad un compito, ad una missione che si giocherà però con grande responsabilità in relazione ad un "fatto" che è prima di noi e che determinerà un nuovo avvenimento, quello della mediazione cristiana. È la comunità che cerca il modo di far avvenire oggi la promessa divina, e rendere sperimentabile oggi la Sapienza-Salvezza. Questa è la nostra teologia politica!!! Prendendo sempre più coscienza dei suoi compiti legati all'avvenimento dovrà passare da oggetto a soggetto di mediazione della totalità-Sapienza. Allora:
1) Intendere: grande sintesi. È la teoria... Intuire tutto il piano, tutta la domanda che Dio pone alla storia... Nell'intendere è implicita la continua conversione. Non essere miopi... È l'esperienza di fede che dà inizio alla comunità.
2) intesa: obbedienza. Obbedienza allo Spirito... nasce un comportamento... una perseveranza... Perché non possiamo prendere delle sviste e sbagliare il criterio è l'obbedienza ad un "canone" interpretativo. Il criterio di verità, per sfuggire alla falsificabilità, la Chiesa lo trova dentro l'obbedienza.
Solo l'obbedienza garantisce alla comunità la verità del proprio esistere, del proprio gesto, dell'agire. Ma è una obbedienza che deve garantire pure le condizioni di libertà onde intendere la sua voce..! Se così non fosse sorgerebbe, nella comunità, il giuridismo, il moralismo, i sensi vietati che mortificherebbero l'inventiva della comunità. E questo è un pericolo grosso che potremmo correre, quanto più la comunità non ascolta lo Spirito... Sarà la ricchezza della fede a far superare tutto..! Un intendere la voce e la domanda e un rispondere libero nell'obbedienza..!
-> Qui prende molta importanza anche l'autorità. L'autorità come garanzia "autoritativa" e immediata della comunione. Se si vuole vivere la comunione nella storia, questa comunione ha bisogno di una funzione autoritativa che la garantirà. Quanto più vi sarà esperienza di fede e quindi di vita comunitaria tanto più l'autorità prenderà senso e valore!
3) Comunità visibile nell'obbedienza. Deve rendere presente alla Storia la Sapienza. Deve rendere presente la totalità della morte e risurrezione: tutta una novità.
a) se la Chiesa deve rendere presente la Sapienza non potrà farlo se non accettando, nella sua esistenza, l'alterità di questa Sapienza.
b) e deve farlo nell'ambiguità della storia che può rendere opaco ed equivoco il gesto.
c) perché questo non avvenga e non avvenga soprattutto la tentazione di mistificare la Sapienza di Dio con la nostra saggezza occorrono dei segni minimi per scoprire la falsità dell'obbedienza. Quali?
1) l'agire per il Regno dei cieli. In essa si manifesta da Sapienza perché è capace di dare ciò che un uomo non può dare.
- La riconciliazione, la preghiera, la povertà, la verginità, la giustizia, la libertà quando raggiungono dimensioni tipicamente cristiane manifestano il carattere altro della salvezza che Dio ha preparato per la storia. Certo che anche la storia può scoprire tutto questo. Ma la comunione che Dio dà ecc. è una comunione che l'uomo non riesce a porre. Essa è una riunione laddove non esiste motivo umano perché ci si riunisca.
Nel perdono dell'offesa inizia un rapporto che non può partire dalla storia, ma da Dio. Inizia la creatura nuova: 2 Cor. 5,17 ss.
2) Così anche nella storia si dà a volte il grido spontaneo della preghiera, l'invocazione di aiuto dettata dal bisogno. Ma attendere Dio quando nulla ce lo fa attendere, far silenzio in noi per chiamarlo e ascoltarlo, per svolgere e inventare da questo ascolto una risposta, ecco ciò che la storia non può immaginare se vuole mantenere fede alla propria autonomia.
3) La storia conosce la povertà conseguenza dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo ecc. Ma la storia non conosce la povertà di colui che essendo ricco fece povero se stesso per arricchire... Non può capire il gesto di autoimpoverimento che annuncia la speranza cristiana...
4) La storia conosce gli eunuchi... ma non può accettare quelli per il regno dei cieli...
5) La storia conosce la giustizia come distribuzione... ma una giustizia che ci giustifichi e vada oltre a tutte le divisioni eque….
6) La storia: libertà come autonomia... non accetta la libertà come una obbedienza a un piano...
Tutto questo evidenzierà un qualche cosa che non sarà "socialmente ovvio" ma una presenza, una voce precisa, un richiamo, la salvezza, la liberazione.
La risposta alla domanda di Dio:
Un volto storico di comunione con Dio e i fratelli che, vivendo per il Regno dei cieli, inventa una storia che è Sapienza di Dio presente. È teologia politica ma è impegno politico del cristiano. Vivere la comunione! Fedele alla Sapienza diverrà la Sapienza presente nell'obbedienza. La privatizzazione della Chiesa si romperà quando sorgerà una Chiesa che, nella comunione obbediente, renderà presente la Sapienza di Dio.
(Educazione alla comunione come impegno permanente. Educazione permanente: educazione alla comunione. Vedere quaderno esercizi spirituali studenti 1972).