Questa newsletter settimanale propone un brano tratto dalle numerosi meditazioni presenti nei quaderni di Don Comelli. Se volete ricevere la newsletter, o volete segnalare le email di altri vostri conoscenti/amici che potrebbero essere interessati a riceverla, scrivete a info@doncomelli.it


Newsletter 34/2014

Domenica 7 dicembre

Che io non mi comporti mai da padrone…  ma viva sempre l’esperienza che io sono povero e che il Signore è l’unico ricco, è l’unico Signore. E’ molto chiaro nella Bibbia: le cose sono dono del Signore, sono al servizio del Signore.

(Beatitudine come vocazione – XXII)

Newsletter 33/2014

Domenica 30 novembre

Le cose che senso hanno nella vita del Povero? Il povero non possiede le cose o le persone. Le riceve in dono secondo il disegno di Dio, secondo le istanze del Regno. Gli sono date non perché le possegga, ma perché le valorizzi a beneficio del piano di Dio. Questo gli impedisce di ricercare il suo comodo, il suo interesse, la sua superbia, la sua vanità, la sua soddisfazione nel possedere le cose. Bisogna meditare su tutti questi atteggiamenti possessivi. Il povero si purifica da ogni possessività perché tutto è del Signore e tutto deve essere visto  e trattato nella luce del progetto di Dio. Ogni qual volta si usa qualcosa solo per interessi terreni – cibo, corpo, l’altro ecc. – non si è più né servi né poveri: si diviene concorrenti di Dio, attentatori alla Signoria di Dio. E attenzione: è necessario che la povertà diventi effettiva per tutto! Un centesimo gelosamente difeso o custodito… può essere  una vera violazione alla povertà in spirito, mentre l’amministrazione di una ricchezza non è affatto violazione della povertà se fatta nel progetto di Dio.

(Beatitudine come vocazione – XXI)

Newsletter 32/2014

Domenica 23 novembre
Il servo della Bibbia è pieno di fiducia nel Signore: “Io grido a te, Signore! Dico: «Sei tu il mio rifugio, sei tu la mia eredità nella terra dei viventi». Ascolta la mia supplica perché sono così misero! Liberami dai miei persecutori perché sono più forti di me” Sal. 142 6,7. Così vissero i grandi servitori di Dio, che sono i veri poveri di Dio. Sperimentano la fiducia proprio perché sono poveri. Quando i profeti vengono investiti dallo Spirito e mandati, fanno l’esperienza della loro povertà. Si sentono incapaci, ma fiduciosi. E’ Lui che invia. Nel Nuovo Testamento due fatti:
– Atti 3,6 “Pietro gli disse: «Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!»”. Sono poveri, ma hanno il Signore e questo risponde alle attese. Il Signore mette realmente a disposizione tutto ciò che è e tutto ciò che ha. Il povero ha a disposizione Dio, ha la ricchezza di Dio.
– Moltiplicazione dei pani. L’uomo è povero ma Dio è il Signore, ha il pane per sfamare i 5000 e glielo dà. Gesù è il povero. Come può sfamare la folla?.. Alza gli occhi al cielo, invoca il Padre e il Padre non manda deluso il suo servo. Dio è a disposizione  del povero!

(Beatitudine come vocazione – XX)

Newsletter 31/2014

Domenica 16 novembre
Il povero, proprio perché si sente… povero, spera tutto dal Signore. Proprio perché è servo e povero può attendersi e sperare tutto dal Signore: così affermano molti salmi. Il servo della Bibbia non è uno sfaccendato, un piagnucolone. Si presenta con coraggio al Signore: “Io sono povero e bisognoso: di me ha cura il Signore. Tu sei mio aiuto e mio liberatore: mio Dio, non tardare” ( Sal. 40,18).
Il rapporto del povero con il suo Dio non è un rapporto distaccato, freddo, non è un’oppressione da parte di Dio. Anzi, è una dipendenza che fa emergere tutta una gioiosa testimonianza di vita. Questo Signore è ricco e potente; afferma la sua Signoria nel far sì che chi a Lui si affida viva felice, libero e impegnato nel servizio al Regno.

(Beatitudine come vocazione – XIX)

Newsletter 30/2014

Domenica 9 novembre
Sentirci servitori di Dio: è un programma! Direi che questo è l’aspetto più radicale della povertà in spirito. Non signori, concorrenti di Dio, ma servitori di Dio. Nella Bibbia esiste una certa sinonimia tra il povero di Dio e il servo del Signore. Il servo del Signore è un “anawim”, un povero. Il termine diventa chiarissimo quando lo si riferisce al Messia che viene presentato come il Servo, il povero di Jahvè. (Is. 42,1: “Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio”).
Gesù è proprio l’uomo che è venuto non a cercare la sua gloria ma la gloria di colui che lo ha mandato. E’ servo, è sottomesso, fa la volontà del Padre. Anche nelle circostanze concrete, gioiose o dolorose, vive da servo di Dio, cioè da povero. Allora appare chiaro che l’essere poveri, che sembra un atteggiamento rinunciatario e diminutivo, è in realtà l’atteggiamento giusto di fronte a Dio e a tutto il creato; è l’atteggiamento di colui che riconosce Dio come suo unico Signore e riconosce se stesso come servo!

(Beatitudine come vocazione – XVIII)

Newsletter 29/2014

Domenica 26 ottobre

Il povero è uno che ha tanto vivo il senso della creaturalità da metterlo a fondamento della sua identità: io sono una creatura di Dio, io sono perché Dio mi ha voluto; continuo ad esistere perché Dio mi dà la vita; ciò che sono lo devo solo a Lui. Ha coscienza cioè di essere di Dio e di dipendere da Lui in ogni attimo. Ed è una coscienza non subita, con amarezza, con rammarico o spirito di ribellione, ma con senso di abbandono, di gioia, di beatitudine. Dio è il mio tutto! Lo gusto nella preghiera.(sono la tua creatura…) e nella vita concreta ho piena di fiducia in Lui; ed è un’esperienza creaturale che vive e che lo aiuta a mettersi in condizione di verità di fronte a Dio… lo aiuta a percepire il senso vivo e storico dell’affermazione che il Signore è il Signore!: “Io dico al Signore: Tu sei il mio Dio”. Sal.139, 7. “O Dio, tu sei il mio Dio”  Salmo 62, 1. E’ un riconoscimento fondamentale per arrivare ad un atteggiamento effettivo, a testimoniare il nostro essere servitori di Dio ovunque siamo.

(Beatitudine come vocazione – XVII)

Newsletter 28/2014

Domenica 19 ottobre
Dio solo è il Signore. L’inizio del decalogo consegnato da Dio a Mosè sul Sinai è proprio questo: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile. Non avrai altri dèi di fronte a me.” (Deut. 5, 6-7). Sempre ritorna in tutta la Bibbia questa affermazione. Dio è il Signore! Così nel Vangelo e nella prassi della Chiesa Gesù Cristo è il Signore! Ma gli uomini hanno preferito e preferiscono i Signori del mondo. Il primo chiaro episodio lo troviamo nel libro di Samuele “Il Signore disse a Samuele: «Ascolta la voce del popolo, qualunque cosa ti dicano, perché non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni più su di loro. Come hanno fatto dal giorno in cui li ho fatti salire dall’Egitto fino ad oggi, abbandonando me per seguire altri dèi, così stanno facendo anche a te.” (Sam. 8, 7-8). L’uomo vuole costruirsi il suo Signore. L’uomo non vuole servire il Signore ma vuole essere signore di se stesso. E da qui iniziano tutti i disordini del mondo. In altre parole: se non si riesce a scoprire e vivere la povertà in spirito, che Dio solo è il Signore di tutto e di tutti, l’uomo si aliena negli idoli ed è portatore dei più grossi disordini e squilibri.

(Beatitudine come vocazione – XVI)

Newsletter 27/2014

Domenica 12 ottobre
Beati i poveri in spirito.
Chi è il povero? Quando la Bibbia parla del povero esprime una situazione davanti a Dio nella quale emerge la consapevolezza che Dio è padrone di ogni bene e datore di ogni bene, e l’uomo è colui che di questo bene ha bisogno. Il povero è prima di tutto il povero davanti a Dio, è un essere convinto di aver bisogno di Dio.
Osservate i passi nella Bibbia, nei salmi, nei profeti. Questa dipendenza, questa situazione di dipendenza dell’uomo da Dio si radica nella creazione. Cosa vuol dire? L’uomo è creato da Dio, è chiamato all’essere ed è collocato da Dio a vertice della creazione. Dio ha creato tutto per la sua gloria. Non poteva fare se non così! Ora, al vertice della creazione ha posto l’uomo con la funzione di possedere la terra in modo tale che tutte le meraviglie del creato possano cantare la gloria di Dio. Il povero scopre questa collocazione sacerdotale in cui glorifica Dio, diventa la voce e la coscienza della creazione. Il povero sente e ha questo sguardo universale e si sente al servizio del progetto di Dio.

(Beatitudine come vocazione – XV)

Newsletter 26/2014

Domenica 5 ottobre
Alla luce di quanto abbiamo detto, le beatitudini proclamate da Gesù nel discorso della montagna sono da considerare come un tutt’uno, evitando di isolarle una dall’altra. In fondo, piuttosto che di beatitudini, dovremmo parlare di beatitudine. Se noi le mediteremo ad una ad una è per penetrare il senso e il contenuto dell’unica beatitudine.
Non si pensi dunque leggendole: “io scelgo la prima” oppure “io scelgo la terza”. Ci può essere una sensibilità spirituale per una piuttosto che un’altra. Ma la beatitudine è Dio e Dio è indivisibile! Hai tutte le beatitudini se possiedi la beatitudine.

(Beatitudine come vocazione – XIV)

Newsletter 25/2014

Domenica 28 settembre
I santi hanno imparato alla scuola di Gesù la beatitudine vera. Così S. Francesco: “Tanto è il bene che m’aspetto che ogni pena m’è diletto”. E’ un modo misterioso di essere felici in questo mondo e nell’altro. La coraggiosa accettazione del significato  della vita presente e di ogni avvenimento alla luce del disegno di Dio diventa motivo di serenità e di pace e, quindi, di felicità. Da questo punto di vista la lettera di S. Ignazio di Antiochia è stupenda. Il santo, mentre in catene viaggia  verso Roma per subirvi il martirio, sente che i cristiani si stanno adoperando per liberarlo. Allora scrive per supplicarli di non farlo. Invoca i suoi diritti ad essere esaudito. “Vi scongiuro, non dimostratemi una benevolenza inopportuna. Lasciate che io sia pasto alle belve per mezzo delle quali potrò raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e sarò macinato dai denti delle belve per divenire pane puro di Cristo!”
E’ la logica di Cristo e del Vangelo. E’ la logica di una esistenza data a Cristo, radicata nel Signore e portata avanti senza le disposizioni delle piccole beatitudini provvisorie che imprigionano e offuscano la visione interiore e la libertà dell’uomo.

(Beatitudine come vocazione – XIII)