Questa newsletter settimanale propone un brano tratto dalle numerosi meditazioni presenti nei quaderni di Don Comelli. Se volete ricevere la newsletter, o volete segnalare le email di altri vostri conoscenti/amici che potrebbero essere interessati a riceverla, scrivete a info@doncomelli.it


Newsletter 14/2014

Domenica 13 aprile 2014

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Entrando nella Settimana Santa, interrompiamo la meditazione sulla beatitudine per proporre un brano dedicato alla Passione. Riprenderemo la pubblicazione settimanale della newsletter domenica 27 aprile.

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Nel Getsemani c’era anche il mio peccato che pesava nel cuore di Gesù; nel pretorio c’era anche l’abuso che io ho fatto della mia libertà che lo teneva legato; sulla croce c’era anche il mio ateismo che egli espiava. Nel deserto il tentatore gli mostrò tutti i regni della terra, qui gli mostra tutte le generazioni della storia, compresa la nostra e gli grida: guarda, guarda per chi soffri: guarda che cosa se ne faranno del tuo soffrire. Continueranno a peccare come sempre, non si daranno pensiero, è tutto inutile. Sì! c’eravamo anche noi alla crocefissione di Gesù…quanta confusione interiore, vergogna, malessere dovrebbe prenderci! E’ necessario che in noi, come allora, avvenga un terremoto..e si possa arrivare a percuotere il petto! Si legge in Lc. 22,61 che ad un certo punto della passione il Signore, voltatosi, guardò Pietro e Pietro, uscito, pianse amaramente. Lo sguardo di Gesù lo trapassò da parte a parte e lo cambiò. Proviamo ad immaginare una scena di due prigionieri in un campo di concentramento..Uno dei due sei tu che hai tentato di fuggire sapendo che questo sarebbe stata la morte per l’altro. Il tuo compagno, te presente, viene incolpato al posto tuo e tace; è torturato alla tua presenza e tace. Mentre lo stanno, infine, portando al luogo dell’esecuzione, un attimo solo, si volta e ti guarda in silenzio, senza ombra di rimprovero. Come tornerai a casa? Come dimenticare quello sguardo? Quanto ci ha amato. Frutto della meditazione sulla passione: amore infinito di Dio, orrore per ogni forma di peccato…e mettere a morte l’uomo vecchio!

Auguri di una Santa Pasqua!

Newsletter 13/2014

Domenica 6 aprile

La beatitudine è la felicità raggiunta. E’ l’appagamento, pieno di riposo e di pace, non di un qualsiasi desiderio, ma del desiderio che costituisce l’ideale della vita, il perché della vita. Moltissimi desideri di felicità sono egoismo, ma l’ideale della vita no! non è egoismo. Questa ricerca di felicità-beatitudine è Dio che l’ha posta e, una volta raggiunta, diventa un ulteriore segno della nostra somiglianza con Dio. Dio è beato perché è Dio. Per ciò che è e non per ciò che ha. Così deve essere per l’uomo. Non siamo beati perché possediamo qualche cosa, ma perché siamo quel qualche cosa che costituisce il nostro essere. Beato non perché hai raggiunto un voto alto, ma perché hai fatto il tuo dovere. La beatitudine dunque passa attraverso la fedeltà, la fedeltà al progetto di Dio.
(Beatitudine come vocazione – II)

Newsletter 12/2014

Domenica 30 marzo

Comincia oggi il testo di una nuova meditazione, dedicata alle beatitudini.
Le beatitudini promulgate da Gesù Cristo sul monte sono state sempre considerate come il vertice della esperienza cristiana e la pienezza del messaggio evangelico. I cristiani sono chiamati tutti a vivere queste beatitudini. Essendo dunque considerate come il vertice della esperienza cristiana, il che equivale a dire santità, è necessario per noi far diventare le Beatitudini motivo di attenta meditazione. Infatti la Beatitudine è l’espressione, il risultato di un cristianesimo perfettamente vissuto e pienamente realizzato. Cioè sarai beato, godrai della beatitudine se svilupperai la povertà in spirito, la purificazione del cuore, la mitezza e mansuetudine.
(Beatitudine come vocazione – I)

Newsletter 11/2014

Domenica 23 marzo

La vera preghiera cristiana è quella che rimette la nostra vita nelle mani di Dio; è quella che ci fa abbandonare alla volontà di Dio, quindi della Chiesa.
La preghiera penitenziale è consegnarsi alla Potenza di Dio che perdona attraverso la Chiesa. La preghiera Eucaristica è un consegnarsi a Cristo Signore per essere offerti al Padre.
Questa preghiera è il senso della vita cristiana; è il cammino della salvezza. La preghiera è la evidenziazione nella storia della nostra salvezza. Se esiste la salvezza, esiste la preghiera.
(Il dono della preghiera – XII – fine)

Newsletter 10/2014

Domenica 16 marzo
Lo Spirito dà alla preghiera la sua dimensione comunitaria. Non è la parola di un solitario a un Solitario, ma è una preghiera che abbraccia tutto il corpo mistico di Cristo e lo fa crescere nella Grazia. La preghiera comunitaria è la grande preghiera della sposa per lo sposo. È una preghiera grande, direi onnipotente. Questo non vuol dire cancellare il valore della preghiera privata: Gesù stesso ha detto “Quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto”. Rimane sempre questo contatto unico e inalienabile con Dio, ma esso viene assunto nella sua verità da una preghiera ancora più bella, quella del Corpo di Cristo. Dagli Atti degli Apostoli 1,14: “erano assidui e concordi nella preghiera”.
(Il dono della preghiera – XI)

Newsletter 9/2014

Domenica 9 marzo
Attenzione a non bloccare la preghiera con tante inutili parole per cui lo Spirito tace. Mettendo dentro alla preghiera tante cose inautentiche, il dialogo non avanza e mette a tacere lo Spirito, che fa emergere le cose vere, quelle che veramente dobbiamo chiedere. Lo Spirito dà cordialità e affettuosità alla preghiera cristiana.
Rom. 8,15-16. “Non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura ma uno spirito di figli adottivi per mezzo per mezzo del quale gridiamo Abbà Padre. Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio”. Anche la gioia della preghiera cristiana viene perciò dallo Spirito che ci dà questa verità, ci attesta che siamo figli e quindi ci permette di parlare come tali.
(Il dono della preghiera – X)

Newsletter 8/2014

Domenica 2 marzo

Passando ad una riflessione più generale, ci chiediamo: che cosa è tipico della religione cristiana? Un grande padre spirituale – P Mollat – dopo aver molto riflettuto sulla Bibbia, era giunto a questa conclusione: l’elemento tipico nella preghiera cristiana è di essere “preghiera nello Spirito”. Gv. 4,23: “Dio va adorato in spirito e verità”. Verità cioè nella realtà del disegno salvifico, nell’obbedienza al piano divino: questo è suscitato dallo Spirito.
Affermava P. Mollat che quella cristiana è una preghiera nello Spirito perché lo Spirito suscita e sostiene le nostre preghiere: Rom. 8,26. “Noi non sappiamo che cosa chiedere”. Quindi come gli Apostoli gridano nella tempesta qualcosa che manifesta la loro poca fede, “lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza perché nemmeno sappiamo che cosa conviene domandare”. Come possiamo quindi pregare in verità? Possiamo solo mandare delle grida che esprimono davvero ciò che ci è necessario: allora lo Spirito stesso “intercede per noi con gemiti inesprimibili”. Qui lo Spirito appare come suscitatore della preghiera e sostenitore: viene in aiuto in una situazione stagnante e ci porta avanti mettendo in moto la preghiera.
(Il dono della preghiera – IX)

Newsletter 7/2014

Domenica 23 febbraio
Non dovremmo stupirci o spaventarci se non sempre possiamo pregare subito e facilmente; bisogna fare un po’ di tentativi e di ricerche. Non sempre poi questo stato di preghiera vuol dire stato di consolazione, di euforia, ma solo di verità. Può darsi anche che uno si senta in vena, si senta bruciato interiormente. I mistici ci parlano di una fiamma che brucia, dolorosa, nella quale però sentono di essere se stessi davanti a Dio. Dobbiamo certo stare attenti a non confonderlo con gli pseudo stati di preghiera. Non si tratta di leggere un bel libro sulla preghiera, di sentirsi entusiasti e di vivere un giorno o due di questa bella impressione. Questo può anche falsare la nostra preghiera: ci aiuta però non dura. Lo stato di preghiera è invece quello in cui gli aiuti esterni ad un certo punto tacciono e siamo veramente noi stessi, anche se poveri. Forse non è la preghiera così luminosa e bella di cui abbiamo letto nei libri; è poverissima, semplicissima, però è nostra. Non è uno stato indotto dalla lettura dei mistici, ma è uno stato che è maturato in noi spontaneamente; anche se non è una pianta gigantesca; un cedro del Libano, ma solo un piccolo fiore, un filo d’erba: ma è nostro, e ritrovarlo è molto importante.
(Il dono della preghiera – VIII)

Newsletter 6/2014

Domenica 16 febbraio
Se è vero che possiamo pregare in qualsiasi momento e in qualunque tempo, non possiamo però entrare in una preghiera un po’ prolungata e perseverarvi con frutto se non si realizza quella certa condizione di posizione corporea, di ritmo, di tipo di pensiero nei quali veramente ci sentiamo davanti a Dio. È ciò che S. Ignazio intende quando dice: “Trovata la posizione giusta vado avanti senza cambiare finché non mi sento soddisfatto, tranquillo”. Certe volte uno arranca, gira, è inquieto: anche questa preghiera è buona davanti a Dio; ma per essere vissuta ragionevolmente deve sfociare ad un certo punto in questo atteggiamento in cui dico a Dio me stesso, mi lascio conoscere, mi apro a Lui come sono. È un non so che per cui sentiamo che questa preghiera è più vera di altre, pure ugualmente buone.  Gli esercizi spirituali, il silenzio dovrebbero proprio aiutarci a focalizzare questo stato di preghiera per poi poterlo ritrovare facilmente.
(Il dono della preghiera – VII)

Newsletter 5/2014

Domenica 9 febbraio
Se è vero che possiamo pregare in qualsiasi momento e in qualunque tempo, non possiamo però entrare in una preghiera un po’ prolungata e perseverarvi con frutto se non si realizza quella certa condizione di posizione corporea, di ritmo, di tipo di pensiero nei quali veramente ci sentiamo davanti a Dio. È ciò che S. Ignazio intende quando dice: “Trovata la posizione giusta vado avanti senza cambiare finché non mi sento soddisfatto, tranquillo”. Certe volte uno arranca, gira, è inquieto: anche questa preghiera è buona davanti a Dio; ma per essere vissuta ragionevolmente deve sfociare ad un certo punto in questo atteggiamento in cui dico a Dio me stesso, mi lascio conoscere, mi apro a Lui come sono. È un non so che per cui sentiamo che questa preghiera è più vera di altre, pure ugualmente buone. Gli esercizi spirituali, il silenzio dovrebbero proprio aiutarci a focalizzare questo stato di preghiera per poi poterlo ritrovare facilmente.
(Il dono della preghiera – VI)