Questa newsletter settimanale propone un brano tratto dalle numerosi meditazioni presenti nei quaderni di Don Comelli. Se volete ricevere la newsletter, o volete segnalare le email di altri vostri conoscenti/amici che potrebbero essere interessati a riceverla, scrivete a info@doncomelli.it


Newsletter 16/2013

Domenica 28 aprile 2013

L’amore di Dio è un amore tenace… eccolo inviare ancora i servi… perchè tutti siamo invitati ad entrare. A questo punto nessuno di noi può dire: ma non c’è nulla di buono in me, sono sempre stato un povero peccatore, un superficiale! Il comando di Dio è proprio per noi: zoppi, ciechi, malati, quelli che stanno lungo le siepi. Nessuno quindi deve sentirsi escluso! Nonostante la mia debolezza, i miei errori Dio mi invita, mi ama! E mi amava anche quando ero molto lontano da Lui. Ha continuato ad attendermi… fino ad oggi, qui.
(Dio chiama – III)

Newsletter 15/2013

Domenica 21 aprile 2013

Dio non è una conquista della nostra intelligenza: improvvisamente capiamo… ci viene incontro, ci inonda del suo amore… incominciamo una nuova vita…!
C’è un momento nella esistenza di tanti in cui tutte le idee che ci siamo fatti di Dio, della sua trascendenza e inaccessibilità cadono e scopriamo che Egli ci ha attesi come nostro papà e mamma dopo un lungo viaggio, ed ha sofferto perchè non riceveva notizie… ed hanno avuto il dubbio di averci perduti per sempre!
Scopriamo che ci ha attesi… che l’abbiamo fatto attendere… e allora un profondo rincrescimento ci pervade … fino alle lacrime! È un’angoscia che ci prende all’interno!
La coscienza si fa a questo punto più profonda e più vera: aspettava me, proprio me, mi aspettava a casa! Perchè, perchè sono stato così lontano? Così staccato? Perchè non mi sono accorto del suo amore e della sua attesa?
La storia spirituale di ciascuno di noi incomincia qui, da questa sbalorditiva scoperta. Ogni decisione ulteriore deriva solo da questa semplicissima scoperta. E questo fu anche per S. Paolo: “dopo l’incontro con Dio: io vivo ormai nella vita di fede…perchè mi ha amato e ha dato se stesso per me”.
(Dio chiama – II)

Newsletter 14/2013

Domenica 14 aprile 2013


Comincia oggi il testo di una nuova meditazione, dedicata alla chiamata di Dio.

Mt. 22, 2-14
Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti.
Si tratta di nozze, non di lavoro, di piacere di pochi: è un invito ad un convito. L’invito è chiaro: vieni con me; e siccome l’invito è chiaro, il rifiuto è cosciente. Non si può dire di aver rifiutato per non aver capito. È cosciente! È terribile la posizione di Gesù verso questi: “non gusteranno la mia cena in eterno”! “Chi pone mano all’aratro e si volge indietro, non è degno di me”.
Talvolta può nascere il dubbio, siccome siamo frequentemente lontani dall’amore e dal pensiero di Dio: vorrà proprio chiamare me? ma proprio me con tutti i miei difetti?
Amici, il nostro rapporto con Dio, il nostro dialogo con Dio (che potrebbe portarci molto lontano fino a dargli tutto…) comincia nel momento preciso in cui ci rendiamo conto che proprio noi siamo stati chiamati… per nome… è una scoperta fantastica…
(Dio chiama – I)

Newsletter 13/2013

Domenica 7 aprile 2013

Concludiamo con alcuni frammenti di San Giovanni della Croce sul problema “certezza-oscurità”, il dramma della fede: “Come conosco bene la fonte che sgorga e corre, sebbene sia di notte. Quella fonte eterna sta nascosta, come conosco bene dove sta, sebbene sia di notte. So che ogni luce da essa è venuta, sebbene sia di notte. Questa viva fonte che desidero in questo pane di vita io la vedo, sebbene sia di notte.”
Il profondo mistero della fede sta precisamente in queste due espressioni antitetiche che attraversano, scandiscono e dominano il canto: “come conosco bene”: certezza! “Sebbene sia di notte”: oscurità. L’atto di fede consiste in quella forza contrastante e unificante che cessa di essere paradosso nel momento in cui si comincia a viverla.
(Il dramma della fede – XIX)

Newsletter 12/2013

All’inizio della Settimana Santa, pubblichiamo un brano di una meditazione di Don Comelli sulla Passione di Cristo, augurando a tutti una Santa Pasqua.


Domenica 24 marzo 2013

Nel Getsemani c’era anche il mio peccato che pesava nel cuore di Gesù; nel pretorio c’era anche l’abuso che io ho fatto della mia libertà che lo teneva legato; sulla croce c’era anche il mio ateismo che egli espiava. Nel deserto il tentatore gli mostrò tutti i regni della terra, qui gli mostra tutte le generazioni della storia, compresa la nostra, e gli grida: guarda, guarda per chi soffri; guarda che cosa se ne faranno del tuo soffrire. Continueranno a peccare come sempre, non si daranno pensiero, è tutto inutile.
Sì! C’eravamo anche noi alla crocifissione di Gesù. Quanta confusione interiore, vergogna, malessere dovrebbe prenderci! Non è solo, la passione, un avvenimento oggettivo da contemplare ma “patì”, “morì” per noi, per i nostri peccati. E’ stato messo in croce per i nostri peccati. E’ morto per noi! Meditiamolo sul serio. Diversamente la passione rimane qualcosa di estraneo, non ci tocca intimamente: la passione è la nostra redenzione.

Newsletter 11/2013

Domenica 17 marzo 2013

La certezza dell’amore di Dio, la certezza di essere destinati ad una vita incorruttibile e immortale è di importanza fondamentale. Tutte le notti oscure, tutti i silenzi, tutte le tragedie del mondo non riusciranno ad abbattere questo certezza. La fede dunque è certezza! E questo certezza non nasce dalla ragione, ma dal cuore: dall’essere stato lungamente con Lui. È qualcosa che senti anche se non vedi, che ascolti, anche se non parla… è legato all’intimità… È dalla vita con Lui che nasce una certezza: e allora vengano le notti oscure, le prove… il fascino di Lui, la nostalgia di Lui sarà più forte. È “l’ardere del cuore”.
(Il dramma della fede – XVIII)

Newsletter 10/2013

Domenica 10 marzo 2013

Se Dio si avvolge in un manto di silenzio e si nasconde dietro le nuvole, con un abbandono audace lo seguirò, sebbene niente veda e niente senta. Nonostante che migliaia di voci mi parlino di illazione, so che dietro il silenzio c’è Lui; lo seguirò ostinatamente, costi quel che costi! È bello dire ciò che Giobbe ripeteva: “Io so che il mio creatore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza la mia carne, vedrò il mio Dio. Io lo vedrò, io stesso, e i miei occhi lo contempleranno non da straniero!” (Gb 19,25-27).
(Il dramma della fede – XVII)

Newsletter 09/2013

Domenica 3 marzo 2013

Ecco qui il mistero finale della fede. Siamo stati strutturati per tendere ad un obiettivo infinito; incontriamo difficoltà a non finire: cuore di aquila con ali di passero! Che fare? Sappiamo che non possiamo volare in alto; e neppure tentiamo di agitare le ali. Soltanto ci abbandoniamo nelle ali del vento, e il vento è Dio. Lui finalmente può prestarci poderose ali di aquila. C’è qualcosa che a Lui è impossibile? Sappiamo di essere un mucchio di rovine e di desolazione, ma se ci abbandoniamo in Dio Lui ci trasformerà in una dimora affascinante.
(Il dramma della fede – XVI)

Newsletter 08/2013

Domenica 24 febbraio 2013

In tempi moderni abbiamo un’altra esponente di questa fede di abbandono: Teresina del Bambin Gesù. Parole sovrumane: “L’aridità più assoluta e quasi l’abbandono furono il mio patrimonio. Gesù, come sempre, continuava a dormire nella mia navicella”. È di grande conforto per noi sapere che una persona tanto eletta ha vissuto con tanta pace e il sorriso l’abbandono della fede, nonostante l’assoluto silenzio di Dio. Questa testimonianza assume nuova grandezza alla luce di altre parole: “Può essere che Gesù non si svegli che al mio ingresso nell’eternità. Ma questo, invece di intristirmi, mi causa un grandissimo conforto”. Questa fragile donna è della stirpe di Abramo. Passa attraverso il dramma della fede. Le sue dichiarazioni, alcuni giorni prima di morire, ci lasciano muti e la elevano al di sopra di molti uomini che, nella Bibbia, chiedono un segno per avere la sicurezza di Dio. Teresina volontariamente ricusa questa grazia: “Non desidero vedere Dio su questa terra… Preferisco vivere di fede!”. E ci svela pure il segreto della sua fede: “Io mi considero un debole uccellino ricoperto solamente di una leggera peluria. Non sono un’aquila; di essa ho soltanto gli occhi e il cuore. Ma, malgrado la mia estrema debolezza, oso guardare fissamente il sole divino, il sole dell’amore, e il mio cuore sente in sé tutte le aspirazioni dell’aquila. L’uccellino desidera volare verso quel brillante sole che affascina i suoi occhi. Che cosa sarà di lui? Morirà di pena per non poterci arrivare? No! Non arriva nemmeno ad affliggersi. Con un abbandono audace vuole proseguire guardando fissamente il suo divino sole. Niente sarebbe capace di spaventarlo, né il vento né la pioggia. E se oscure nuvole vengono a nascondere l’Astro d’amore, non cambia direzione; sa che oltre le nuvole il suo Sole continua a brillare”.
(Il dramma della fede – XV)

Newsletter 07/2013

Domenica 17 febbraio 2013

Tre categorie di persone nascono dal silenzio di Dio:
1) Gli sconfitti dal silenzio: hanno abbandonato, dopo tante esperienze belle, profonde con Dio, definitivamente la vita di unione con Dio e si regolano, per vivere, come se Dio non esistesse. Per lunghi anni hanno vissuto, combattuto per la fede! Poi, prove, amarezze, e il suo silenzio! Si sono sentiti perduti. Non giungono a dire che Dio non esiste, ma che Dio non lo sentono più, è inutile tutto. Sono scoraggiati. E li prende uno spirito aggressivo: simbolo e segno di frustrazione. È la violenza compensatrice. Sono amareggiati e criticano tutto della Chiesa: autorità, istituzione, dottrina sociale… Si rivoltano contro la Chiesa ma è un rivoltarsi contro Dio!
2) I disorientati dal silenzio. Anche questi provengono da mille esperienze di festa con Dio. Quante rinunce, lotte per Lui! Passano gli anni e il silenzio sopravviene. E allora la paura, l’incostanza e, infine, l’apatia. C’è ancora la frequenza ai sacramenti ma per abitudine, c’è qualche orazione comunitaria, ma la vita ormai si riempie di tante compensazioni per riempire il vuoto interiore. Un tipico sintomo è la nostalgia. È il primo amore con il Signore… non tutto è passato! Si vorrebbe ritornare ancora… Con l’andar del tempo ci si riesce con una nuova e più forte esperienza di Lui.
3) I confermati. È una lunga e dolorosa storia la vita di costoro. Quante crisi, aridità, cadute: sempre coraggio, abbandono, lotta, rinascita. Quante preghiere: “mostrami il Tuo volto…”. Anche per questi Dio era silenzio ma non abbandonarono la lotta, nel silenzio. In mezzo alla più completa oscurità rimasero fedeli, abbandonati a Dio. Giunsero le crisi. Il cielo rimaneva muto, chiuso, ma non si persero: la certezza di Dio e in Dio fu la loro bussola. Come Abramo e tanti altri uomini si abbandonarono a Dio! Nello stile dei poveri di Dio si abbandonarono senza appigli, in piena oscurità, fiduciosi senza condizioni, al loro Dio e Padre. Certezza nella fede!
(Il dramma della fede – XIV)