Questa newsletter settimanale propone un brano tratto dalle numerosi meditazioni presenti nei quaderni di Don Comelli. Se volete ricevere la newsletter, o volete segnalare le email di altri vostri conoscenti/amici che potrebbero essere interessati a riceverla, scrivete a info@doncomelli.it


Newsletter 06/2013

Domenica 10 febbraio 2013

Il brano di oggi è molto lungo, perchè non era possibile dividerlo. E’ una meditazione anche appropriata come introduzione alla Quaresima che inizieremo mercoledì prossimo.

L’esperienza della fede, la vita con Dio è questa: un esodo, un perenne “correre dietro”, invocando. Qui incomincia l’eterna odissea dei cercatori di Dio: la storia monotona e pesante, capace di fiaccare qualsiasi resistenza. A ogni istante, ogni tentativo di orazione, quando pare che il volto di Dio sia a portata di mano, già è fuggito: il Signore si avvolge in un manto di silenzio e si nasconde. Un volto perpetuamente inaccessibile: appare e dispare, si avvicina e si allontana, si concretizza poi svanisce. “Perché l’anima che ha incontrato Dio, conserva sempre il sentimento di non averlo incontrato? Perché un senso di assenza durante anche la più intima presenza? Perché l’invisibile oscurità di quel Qualcuno che è tutta luce? Perché appena lo intravediamo ancora si occulta?” (H. de Lubac).
Pecco? Dio tace! Non pecco anche a costo di grande sacrificio? Dio tace ancora; né una parola di riprovazione, né di approvazione.
Passi la notte intera nella veglia davanti al S. Sacramento. Solamente tu parli durante la notte, mentre l’interlocutore tace. Quando all’alba te ne andrai segnato dalla stanchezza e dal sonno, non ascolterai una parola amabile di gratitudine o di cortesia. L’Altro ha taciuto tutta la notte e ancora tace al momento del commiato. E in giardino: i fiori parlano, gli uccelli parlano, parlano le stelle. Solamente Dio tace. Tutto nell’universo è un’immensa e profonda evocazione del Mistero, ma il Mistero svanisce nel silenzio, tace!
La vita e l’universo attorno a noi si popolano di enigmi e di domande. Ci risuona nelle orecchie il grido di dolore e di disperazione. Vediamo le cose più orribili: morte, sequestri, violenza, disoccupazione, ingiustizie, guerre… Che cosa fa Dio? Non è forse Padre? Non può tutto? Perché tace? È un silenzio ostinato e insopportabile che mina a poco a poco anche le resistenze più solide. Si fa sempre più strada la confusione. E le voci si fanno più insistenti: dov’è il tuo Dio? E non sono voci solo di atei, ma di persone disperate che ancora vogliono credere. Anche noi, forse, ci lasciamo prendere dal silenzio sconcertante di Dio e allora nasce l’insicurezza e la domanda se tutto è vero oppure è stato tutto un inganno. Anche noi restiamo sconcertati dal Suo silenzio. È il salmo 29,8 che ci ricorda il nostro stato: “Ma quando hai nascosto il tuo volto, io sono stato turbato“. Geremia sperimenta, con crudezza terribile, il silenzio di Dio. Così si rivolge al Signore: “Non mi sono seduto per divertirmi nelle compagnie di gente scherzosa, ma spinto dalla tua mano sedevo solitario, poiché mi avevi riempito di sdegno. Perché il mio dolore è senza fine e la mia piaga incurabile non vuole guarire? Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti” (Ger 15,17-18)!
E non è la storia di Gesù durante la sua agonia? Il Padre tace.
Gesù doveva aver perso quasi tutto il suo sangue. L’emorragia porta la disidratazione con una sensazione asfissiante e disperata. Come conseguenza Gesù fu afflitto da quell’arsura che non solo prende alla gola ma tutto il corpo: la stessa sete dei soldati dissanguati sul campo di battaglia. Nessun liquido potrebbe colmare tale sete se non una trasfusione di sangue. Febbre altissima… confusione mentale… fallimento della sua opera. Salmo 69: “Salvami, o Dio: l’acqua mi giunge alla gola. Affondo in un abisso di fango, non ho nessun sostegno; sono caduto in acque profonde e la corrente mi travolge. Sono sfinito dal gridare, la mia gola è riarsa; i miei occhi si consumano nell’attesa del mio Dio“.
Nonostante che tutta la Passione venga vissuta in una mirabile serenità, ad un certo punto si entra in uno stato di confusione e di sconvolgimento. Crisi? Scoramento? Incubo? Momentanea notte dello spirito? Aridità in grado estremo? Certo è che ad un certo punto nel suo animo si fece buio, eclissi tale da giungere fino al grido: “Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?“. Il silenzio di Dio era calato sulla sua anima con il peso insopportabile di un mondo in sfacelo. Tuttavia tutto ciò fu solo sensazione! La fede non è un sentire, ma “sapere”. Gesù fu magnifico anche in quel momento. Aprì gli occhi, si scosse tutto, supera il sentimento ed esprime il suo sapere, la sua certezza! Avrebbe potuto dire: Padre non ti sento… non sei vicino… sei nel vuoto, nel nulla assoluto… Ma, nonostante tutto, tu sei qui… “nelle tue mani consegno il mio Spirito”. Fu un finale di gloria: il Padre l’attendeva a braccia aperte!
Sono molte le persone, compromesse con Dio, che giungono a espressioni molto amare per l’esperienza del silenzio di Dio. Molti dicono: se avessi la sicurezza della sua esistenza, allora farei tutto, con gioia, trasporto… se giungesse un giorno a rivelarsi, a parlarmi. Se avessi una sua improvvisa visita, una sua sola parola: tutto mi diventerebbe più facile, semplice… tutte le battaglie vincerei, sopporterei. Se lo vedessi, lo sentissi…
Una sorta di insicurezza sembra appartenere alla natura stessa della fede. Abbiamo sempre l’impressione di correre un rischio. È qui, precisamente, che traspare la grandezza della fede! È qui la nostra fede: la certezza di Lui!
(Il dramma della fede – XIII)

Newsletter 05/2013

Domenica 3 febbraio 2013

Le forze più profonde dello spirito sono messe in azione dai meccanismi della fede. Il credente, sollevato in alto da queste incontenibili forze, tende ad avvicinarsi al suo Universo per possederlo e riposarvi. Ma a un determinato momento dell’orazione, quando l’anima, già presso la soglia di Dio, ha l’impressione che l’obiettivo sia a portata di mano, Dio svanisce come un sogno, diventa assenza e silenzio. È ancora questo scontro con il nostro limite, la nostra debolezza e incapacità! Questa realtà che ci sconcerta è intrinseca all’atto di fede. La vita di fede è, nello stesso tempo, un’avventura… e una disavventura. Sappiamo che alla parola: “Dio”, corrisponde un “contenuto”. Ma chi di noi può raggiungere l’infinito “contenuto” di Dio? Rimarrà sempre per noi un mistero. L’eternità consisterà nella definitiva eliminazione di quel velo. Nel frattempo saremo degli eterni pellegrini (e brontoloni): sempre lo cercheremo… e mai lo incontreremo.
(Il dramma della fede – XII)

Newsletter 04/2013

Domenica 27 gennaio 2013

In questo vivere giorno per giorno in cerca del Signore, ciò che più può sconcertarci e ci sconcerta nel nostro cammino di fede è il silenzio di Dio.
I nostri occhi sono fatti per il possesso, ciò è evidente. Quando essi giungono a vedere colori, prospettive, dimensioni, si sentono appagati; hanno raggiunto e realizzato il loro obiettivo. Anche le orecchie, per la loro conformazione, sono destinate a captare voci, suoni, melodie. Quando possono ascoltare si tranquillizzano; hanno realizzato il loro obiettivo. E così per le differenti potenze che compongono la struttura umana: potenza intellettiva, intuitiva, sessuale, affettiva ecc., con le finalità proprie di ciascuna potenza. Ottenuto lo scopo, si tranquillizzano, hanno realizzato il loro obiettivo. Qui però esplode il mistero: tutte le potenze raggiungono il loro scopo e rimangono soddisfatte. Ma l’uomo, l’uomo rimane insoddisfatto. Che cosa significa ciò? Vuol dire che l’uomo è un’altra cosa, è qualcosa di più che la somma di tutte le potenze sue. È un “io” profondo che trascende tutte le altre potenze, le sintetizza e cerca di dare un significato.
Ancora: l’uomo, nato da un “sogno” dell’Eterno, è un abisso sconfinato perché ideato e scavato secondo una misura infinita. È fatto dall’infinito e affamato di Infinito. Nessuna creatura potrà riempire questo abisso di infinito che è l’uomo; solo un Infinito potrà colmarlo. Essendo l’immagine dell’Invisibile e risonanza e testimonianza del Silenzioso, l’uomo possiede forze inquiete e inquietanti che aspirano, con continuità e testardaggine, verso un Centro di gravità, dove finalmente acquietarsi, pacificate, dando finalmente fine alla corsa.
(Il dramma della fede – XI)

Newsletter 03/2013

Domenica 20 gennaio 2013

Francesco d’Assisi fu un credente che godette per gran parte della sua vita della sicurezza luminosa della fede; tuttavia alcuni anni prima di morire cadde in una cupa depressione  che i suoi amici qualificarono come gravissima tentazione spirituale e che durò circa due anni. Così scrivono i biografi: “Sappiamo solamente che fu una continua agonia nella quale il Poverello, apparentemente abbandonato da Dio, camminava tra le tenebre, tormentato da tanti dubbi ed esitazioni che quasi stava per disperarsi. Fu una inquietudine grave ed invincibile e Francesco ebbe bisogno di un intervento di Dio per uscirne”.
Nei primi anni della conversione Dio gli aveva rivelato che doveva vivere secondo il Vangelo. Con la semplicità di un bambino tutto fece come il Vangelo dice… fino alla nudità. Non volle nulla anche per la congregazione, lavoro manuale, privi di riconoscimenti. Volle i frati poveri, liberi, allegri. Non biblioteche ma Vangelo ovunque! Questo stile di vita attirò migliaia di fratelli. Poi… alcuni si vergognarono di essere poveri, piccoli, minori e si iniziò un’altra corrente… capeggiata dal legato pontificio, e i sapienti! Quelli dicevano: abbiamo bisogno di saggi e di gente ben preparata. Francesco rispondeva: abbiamo bisogno di semplici edi umili. Quelli esigevano diplomi universitari. Francesco contestava: il diploma della povertà. Quelli reclamavano grandi case per studi. Francesco ripeteva: umili capanne per passare attraverso questo mondo.
Quelli: mani pronte alla battaglia agli eretici. Francesco: penitenti e convertiti: la Chiesa deve essere così! Dunque Francesco lottava per la vita evangelica. Ma il dramma stava qui: mentre aveva la sicurezza interiore della voce del Signore alla Porziuncola, dello stile di vita che doveva essere evangelico – povertà, umiltà ecc. il rappresentante del Papa e i sapienti dicevano che la volontà di Dio, la necessità della Chiesa e i segni dei tempi chiedevano un ordine strutturato, in lotta, all’insegna dell’efficacia. Ecco il dramma: a chi obbedire? Dove stava effettivamente la volontà di Dio? E in quel terribile momento la voce di Dio taceva – lunga agonia… che vuole Dio da me? Dicono che… ma il Signore mi ha ordinato… che cosa devo fare oggi? E il dubbio atroce: porto avanti una mia opera o l’opera di Dio? Lui è ignorante, la gerarchia sapeva le urgenze! Era logico che dovesse pensare che fosse lui a sbagliare, lui, l’insignificante Francesco! Ma allora la voce di Dio a San Damiano, alla Porziuncola, erano stati deliri, fantasie? Dio per me è stato una allucinazione? E il povero Francesco si rifugiava le notti a Rieti, a La Verna, sui monti: bussava alla porta di Dio e Lui taceva. Invocava piangendo e Lui taceva. Incominciò lui, allegro e semplice, a diventare triste. E poi, dopo notti e giorni terribili, allucinati, in cui incominciò a disperare della sua stessa salvezza, Dio gli parlò. Fu allora che compose l’inno più glorioso uscito dal cuore umano: “Il cantico di frate sole”. Come sparì la gravissima tentazione? Con un atto di assoluto abbandono!! “Signore, rispose Francesco alla Voce, si faccia di me secondo la tua Parola”. E la gioia e l’allegria inondò nuovamente la sua vita.
(Il dramma della fede – X)

Newsletter 02/2013

Domenica 13 gennaio 2013

Per chi di noi vuol vivere la fede totale non può se non apparire commovente la crisi sofferta dal profeta Elia durante la sua peregrinazione verso il monte Oreb.
Profeta forgiato dalla lotta, da Dio, coraggioso: sfamato e dissetato al torrente Cherit, aveva fronteggiato re, smascherato potenti, confuso e scannato gli adoratori di Baal al torrente Kison. Da un uomo di siffatta tempra non ci si poteva attendere un cedimento. Tuttavia questo si produsse e grave pure! E sale verso l’Oreb, simbolo del cammino di purificazione della fede (1 Re 19,3-7). Sorprende questa profonda depressione del profeta. Come Gesù: “La mia anima è triste…”.
Per coloro che hanno preso sul serio Dio e vivono nella sua vicinanza e presenza tali scoramenti sono caratterizzati da una vera agonia, come descrive San Giovanni della Croce. Non c’è uomo che s’avvicini a Dio che non abbia sofferto o soffra di simili processi di purificazione, che sono come ondate di oscurità che nascondono Dio, qualcosa che opprime, distrugge… chiami e non senti nulla! Ma Dio al momento opportuno dà un segno del suo amore. E tutto risplende, ritorna..!
(Il dramma della fede – IX)

Newsletter 01/2013

Domenica 6 gennaio 2013

Così è tutta la storia di Israele. Dio appare e scompare.
Dio ha voluto che questa storia fosse una storia di fede. Così oggi, come allora, la nostra vita di fede si scontra, ad ogni passo, con il silenzio di Dio, la prova di Dio, la notte oscura. Non dimentichiamolo!!
Il popolo di Israele in Egitto: esce ed è notte oscura. Gli viene promesso… ed è il deserto… costruisce il tempio e viene saccheggiato, la città santa e viene distrutta! Sono queste le notti oscure nella via della fede.
Nella notte Israele e noi tendiamo ad abbandonare Dio perché ci sentiamo abbandonati da Lui. Ma poi, purificati, Dio ci appare più radioso che mai. La storia dei profeti e dei santi fu così. La storia stessa di Israele, tra oscurità e prove, passa dal sogno di una grandezza terrena alla chiarezza, alla vera fede in Dio.
(Il dramma della fede – VIII)

Newsletter 35/2012

Domenica 16 dicembre 2012

Abramo in tutti questi avvenimenti non solo recupera la fede, ma la consolida, fino a vivere come amico del Signore. Abramo è forte ormai, ha raggiunto la maturità della fede… e qui lo coglie la prova più grande, la notte dello spirito, spaventosa…. Ma vediamo la serietà di Abramo (Gen. 22,1-2): qui la fede biblica raggiunge la cima più alta.
Quando riceviamo un ordine, anche se massacrante, può essere bello, eroico… Ma per accettare un ordine assurdo o bisogna essere pazzi o le ragioni di tale sottomissione sorpassano completamente le nostre regole e il nostro concetto di eroismo.
Peniamo nelle carni di Abramo. Aveva sempre sospirato di avere un figlio. Era anziano. Aveva perso tutte le speranze. Poi Dio glielo promette. A Dio tutto è possibile… ma il tempo passa, delusioni… e poi finalmente arriva! Felice, ha una discendenza, ora può morire in pace. E qui arriva l’ordine terribile!! Una richiesta pazza e tanto barbara avrebbe potuto demolire la fede di tutta una vita. Poteva pensare ad una allucinazione. Tuttavia ancora una volta crede. Questo credere contiene una fiducia e un abbandono illimitati. Possiamo immaginare il dialogo di Abramo con se stesso: Lui sa tutto, può tutto, è il provvidente..!
E’ la fede: fiducia illimitata; è come sentirsi sicuri nonostante tutto, perché Lui è potente, giusto, buono, sapiente nonostante le apparenze diverse. Questa è la grande fede biblica.
Leggete come Abramo si comporta, pieno di pace, di tenerezza: Gen. 22,3-14. “Dio provvederà”, è come una melodia di fondo che dà senso a tutto. “E Abramo chiamò quel luogo “Dio provvede””.
(Il dramma della fede – VII)

Newsletter 34/2012

Domenica 9 dicembre 2012

Il nuovo testamento presenta Abramo come esempio della fede… nessuno forse visse come lui il dramma della fede! Dio dà ad Abramo un ordine che al tempo stesso è una promessa: “Vattene dal tuo paese… farò di te un grande popolo” (Gen. 12,1-2). Abramo credette. Che cosa significò per lui questo credere? Significò firmare un assegno in bianco, sperare e abbandonarsi a Lui senza calcoli, ciecamente, rompere con tutta una situazione ben consolidata: con i suoi 75 anni Abramo partì senza sapere dove andava: (Ebrei 11,8). Questo abbandono tanto fiducioso gli verrà a costare molto caro e lo costringerà a uno stato di tensione non esente da confusione e perplessità. Intanto passano gli anni e non arriva il figlio promesso. Dio mantiene Abramo in una continua incertezza, e in varie occasioni gli rinnova la promessa del figlio. In questo periodo Abramo vive una storia di fedeltà, nella quale si alternano le angosce e le speranze, rendendosi ridicolo di fronte a sua moglie: “avvizzita come sono… e tu sei vecchio” (Gen. 18,12). La solitudine incomincia a bussare al cuore di Abramo. Nonostante le vittorie su diversi re, il suo cuore comincia a infiacchirsi, la fede tentenna, l’angoscia guadagna terreno. Arriva il momento oscuro… e si lamenta con il Signore: (Gen. 15,2-3). Dio gli riconferma la promessa, ma Abramo è in preda alla crisi di fede. Dio per tutta risposta lo invita fuori della tenda: “guarda le stelle del cielo, contale se puoi”. (Gen. 15,5)… anche noi viviamo la necessità della conferma… E nacque Isacco!
(Il dramma della fede – VI)

Newsletter 33/2012

Domenica 2 dicembre 2012

La fede, nella Bibbia, è un atto e un atteggiamento che coinvolge tutto l’uomo: la sua fiducia profonda, la sua fedeltà, il suo assenso intellettuale e la sua adesione emozionale; abbraccia anche la sua vita impegnando la sua storia intera con i progetti, le emergenze, gli eventi. La fede biblica, nel suo sviluppo normale, racchiude i seguenti elementi:
– Dio si mette in comunicazione con l’uomo;
– Poi Dio pronuncia una Parola e l’uomo si dona incondizionatamente
– Dio mette alla prova la sua fede.
– L’uomo si turba e vacilla
– Dio si manifesta di nuovo
– L’uomo conduce a termine il piano tracciato da Dio partecipando della forza stessa del Suo Signore.
Questa è la fede che indusse Abramo ad ubbidire al comando: “Io sono Dio onnipotente; cammina davanti a me e sii integro” (Gen. 17,1). Espressione carica di un forte significato; Dio fu l’ispiratore della sua vita; fu anche la sua forza e norma morale; fu, soprattutto, il suo amico. “Abramo credette al Signore che glielo accreditò come giustizia” (Gen. 15,6). Con queste parole l’autore sacro vuole indicare non solamente che la fede di Abramo ebbe un merito eccezionale, ma anche che essa condizionò, impegnò e trasformò tutta l’esistenza del padre dei credenti.
(Il dramma della fede – V)

Newsletter 32/2012

Domenica 25 novembre 2012

Difficoltà dell’esistenza
Sono accettati oggi, come criteri di vita, l’immediatezza, l’efficacia, la rapidità. In contrasto la vita di fede è lenta ed esige una costanza infinita per arrivare, per togliere quel difetto ecc. Di conseguenza ci sembra sempre di essere agli inizi mentre altri trionfano..! Inoltre, sotto l’influenza delle scienze psicologiche e sociologiche oggi prevalgono i criteri soggettivi. Ciò che era oggettivo, come la verità di fede, la norma morale, hanno perso attualità e valore cedendo il passo ai dati personali e istintivi (io provo così! Io non mi sento… io…). Oggi è di moda l’emozionale, l’affettivo, lo spontaneo. Con questo modo di giudicare e di vivere non c’è più posto per il dominio di sé stessi (e perché?), l’ascesi, il superamento, la privazione che sono elementi indispensabili della marcia verso Dio. Tali concetti e parole a molti sono perfino ripugnanti; come minimo li ritengono pregiudizievoli per lo sviluppo della personalità. La comodità è diventata suprema norma di comportamento. Questa nuova norma di condotta coincide con l’ideale della società dei consumi: trarre il massimo dalla vita, concedersi tutte le soddisfazioni. È l’eterna proposta dell’insipienza: “profumiamoci, coroniamoci di rose…” Sap. 2,7-8. Oggi si parla diversamente ma lo scopo è identico: “bisogna evitare sacrifici; bisogna favorire la spontaneità, non bisogna violentare la natura, è necessario assicurare l’autenticità”.
Oggi non sappiamo che farcene del silenzio. Svago e divertimento per evitare il vuoto della solitudine; le norme stabilite non si sopportano: evviva lo spontaneismo che è figlio del soggettivismo. Viviamo dunque nel nuovo deserto. Il cammino verso Lui è irto di difficoltà. Le tentazioni cambiano di nome: secolarismo, orizzontalismo, edonismo, soggettivismo, spontaneismo, frivolezza. Quanti arriveranno a Lui, quanti abbandoneranno la marcia della fede? Solo un piccolo resto ancora ce la farà? Stiamo vivendo in un tempo di purificazione. La fede è un fiume che avanza. Le impurità si posano sul letto del fiume, ma la corrente non si ferma.
(Il dramma della fede – IV)