
Newsletter 32/10
Iniziamo oggi una nuova meditazione, dal titolo “La nostra vita come sfida“, proposta in un corso di esercizi spirituali per universitari tenuto a Emarese nel 1981.
Domenica 10 ottobre 2010
I Premessa
“Il cristiano di oggi e di domani sarà un mistico cioè uno che ha sperimentato qualche cosa oppure non sarà nulla” Karl Rahner
“Oggi il mondo ha più che mai bisogno di un ritorno alla contemplazione… il vero profeta della Chiesa futura sarà colui che verrà dal deserto… come Mosé, Elia, Paolo, Giovanni il Battista e soprattutto Gesù, carichi di misticismo e di quello splendore particolare che hanno solo gli uomini abituati a parlare a tu per tu con Dio” A Hortelano
II Premessa
Molti cristiani temono che il processo di secolarizzazione finirà per minare le basi della fede e che, di conseguenza, la vita di intimità con Dio verrà impedita da un progressivo indebolimento fino a estinguersi del tutto.
La impressione di molti è però diversa. La secolarizzazione si può equiparare alla notte oscura dei sensi. È la purificazione più radicale dell’immagine di Dio. Come conseguenza noi siamo orientati, in quest’era secolarizzata, a vivere la fede pura e nuda, senza equivoci e falsi sostegni.
(La nostra vita come sfida – I)
Newsletter 31/10
Domenica 3 ottobre 2010
C’è poi l’evangelizzazione della cultura. “La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca” (Paolo VI°). L’uomo privo della proposta culturale che nasce dalla fede è un uomo tradito, dimezzato, amputato.
Come fare in modo che la fede incida, come realizzare la promozione umana vera nella vita quotidiana? Con la missione culturale! Che non è semplicemente quella del libro cattolico o della conoscenza delle encicliche e dei documenti del Papa e dei vescovi, ma soprattutto l’impegno dei cristiani a fare cultura vivendola, essendo segno della presenza di Cristo e illuminando, attraverso tutti gli strumenti che abbiamo a nostra disposizione, l’umanità sui grandi problemi della nostra epoca: giustizia, pace, fame nel mondo, lavoro! Abbiamo la Rivelazione che ci rigenera e ci sostiene: è gravissimo non essere sale e luce che illumina.
In definitiva: il cristiano è colui che segue le orme missionarie di Cristo oppure perde tempo. E’ colui che vive realmente l’impegno missionario attraverso gesti che devono testimoniare e evangelizzare o perde tempo.
Chi non raccoglie con Cristo disperde.
(Fede e missionarietà – IX – Fine)
Newsletter 30/10
Domenica 26 settembre 2010
La vita nostra è missione. Non esiste cristiano che non sia pure in stato di missione!
Il cosiddetto “praticante“ è missionario. Se non è missionario è falsa e alienante la pratica religiosa, la sua Messa, il suo andare in Chiesa. Non può esistere cristiano che non sia missionario!!
Le Chiese giovani non hanno distinzione tra praticanti e cristiani non praticanti. Vivono e portano il messaggio evangelico! Dobbiamo imparare molto dalle Chiese giovani! Tutta la loro vita ecclesiale è missionaria.
(Fede e missionarietà – VIII)
Newsletter 29/10
Nell’ambito delle iniziative del Meeting della Comunità di S. Maria del Popolo (http://www.santamariadelpopolo.net/eventi/2010/meeting2010/meeting_home.html) ricordiamo che venerdì 24 p.v. celebreremo la S. Messa alle ore 21 in S. Maria del Popolo, in occasione del VII anniversario della morte di Don Comelli.
Domenica 19 settembre 2010
Dobbiamo prendere coscienza che siamo una “minoranza”! Le scoppole che abbiamo ricevuto dovevano farci ricredere.. dopo il primo colpo siamo ridiventati trionfalisti. La prima scoppola nel 1974 a proposito del divorzio: il 43% sono gli allineati. Nel 1981 la seconda grave scoppola che doveva togliere tutte le illusioni, quella dell’aborto: il 32,6%. E’ la verifica del cristianesimo in Italia. Sappiamo chi è pronto ad obbedire alle leggi di Dio! A questa grossa scoppola si aggiungono le allarmanti statistiche: la messa domenicale 38% nel ’53 – 20% oggi! Matrimoni civili a Roma 3% nel ’68; 28% nel ’85. Funerali civili a Milano l’8% nel ’70 – il 30% oggi! Il numero degli aborti, delle separazioni a Vigevano! Già nel ’75 la Cei affermava che l’Italia era diventata terra di missione. Ma come risponde la Chiesa? A questa provocazione la Chiesa rispose con un volto stanco e sfiduciato! Non parliamo, a questo punto, di Vigevano perché ci sarebbe da star troppo male e criticare moltissimo. Iniziative scialbe, fatte senza entusiasmo, che non vanno oltre il tentativo della conservazione. Troviamo, oggi, nelle nostre chiese un forte incremento delle iniziative non fondamentali… gite, teatri, sport, folclore oppure.. odore di morte, di stantio, di vecchio..!
Insomma ci troviamo di fronte a pseudo-comunità: non si legge la stampa cattolica, non si partecipa mai ad una catechesi, non si realizza alcuna collaborazione ecclesiale; si ha vergogna a esporsi, a parlare, a scrivere perché forse non si ha niente da dire…!
E allora? Che fare dunque?
Allora è necessario buttarci nella evangelizzazione; è necessario iniziare la evangelizzazione capillare; studiare, incontrarci, confrontarci nelle esperienze. E’ necessario realizzare vasti e più attenti gesti missionari. Trovare gesti o renderli tali: segni di Dio nella storia. Vincere la nostra presenza superficiale, che non sa e non dà nulla! Infatti, quale segno noi siamo per il mondo, quale modello alternativo emerge dal nostro vivere, dal nostro stare insieme, e quale proponiamo alla gente? Dobbiamo finalmente, con coraggio, arrivare a risvegliare la nostra fede perché conti nella vita. Perché vi sia questo risveglio è necessario che abbiamo una continua coscienza dell’urgenza di essere comunità in missione.
(Fede e missionarietà – VII)
Newsletter 28/10
Domenica 12 settembre 2010
La Chiesa, da noi, non è più “cristianità”. Si vuol dire con cristianità: una fede che nasce dall’ascolto e che genera comportamenti consequenziali, diviene arte, cultura, una evidenziazione di una vita di comunione che diviene comunità! Ora noi vediamo che i cristiani che vanno in Chiesa e che si dichiarano tali sono ritornati a una vita neopagana dove vale il vestito, il nome, la moda… e immoralità nel commercio, nel pagare le tasse, nel soggettivismo morale (nella messa, sulla sessualità, sull’aborto, nel divorzio) nel non preoccuparsi dell’educazione morale e religiosa dei figli permettendo tutto, nel disimpegno nelle responsabilità.. nell’infischiarsene di tutto.. basta star bene… La messa se si ha tempo e tralasciata… la domenica non più giorno del Signore! A questo punto occorre capire che è finita l’attesa in parrocchia, una pastorale di accoglienza nelle edifici della Chiesa, una pastorale di burocrazia sacramentaria ma si tratta di lasciare “l’unica pecora dell’ovile per andare verso le 99”. Si tratta di metterci in stato di missione -siamo in terra di missione- si tratta di invitare, andare incontro, dialogare, creare amicizia. E’ finita la pastorale residenziale, è necessaria una pastorale di annunzio, di testimonianza, di dialogo… trovare nuove forme espressive. Passaggio: da una pastorale di conservazione a una pastorale di evangelizzazione, di missione, di sofferente attenzione! Quanto lavoro per il giornale, radio, attività culturale, consultorio!
(Fede e missionarietà – VI)
Newsletter 27/10
Dopo la pausa estiva, riprende la pubblicazione settimanale della newsletter proseguendo la meditazione sul tema “Fede e missionarietà”
Domenica 5 settembre 2010
Le conseguenze della mancanza di un popolo incarnato cristianamente sono di fronte a tutti noi: immoralità, amoralità, cultura materialista, ignoranza, corsa al benessere, allo star bene, al divertimento, all’egoismo. Eppure sappiamo che cosa dobbiamo fare, non ci sentiamo proprio a posto nel nostro materialismo camuffato che appare cristianesimo! Abbiamo anche gli strumenti per realizzare la nostra vocazione storica, ma rimaniamo gretti, chiusi nei nostri interessi; ho un esame… ho preso moglie… devo lavorare! Gesù dice a questi invitati alle nozze della vita: “non gusteranno mai più la mia cena, in eterno”.
Se guardiamo la situazione del nostro ambiente vigevanese, dobbiamo arrivare alla conclusione che la nostra presenza, la nostra azione è solo quella missionaria che coinvolge l’azione caritativa e culturale. Prendono senso, questi due ultimi, dall’azione missionaria, azione che è il motivo della nostra esistenza. Non dimentichiamolo! Non abbiamo altro scopo!
Dobbiamo assumere una mentalità e un costume missionario. Uno stile missionario in tutto! Ciò significa che la nostra azione non è di conservazione, non è di chiusura, non è aperta soprattutto verso quelli che credono, ma agli inerti, ai lontani, a quelli in crisi, a quelli che hanno abbandonato tutto..!
(Fede e missionarietà – V)
Newsletter 26/10
Domenica 11 luglio 2010
Guardando il mondo con gli occhi di Dio, guardando l’umanità dalla Croce di Cristo come è possibile rimanere abulici, chiusi nei propri schemi, non buttarci a capofitto nel mondo, in famiglia, fra gli amici per evangelizzare o sollecitare una promozione umana? No! Non si riesce a capire come può esistere un cristianesimo della domenica, della Messa, delle parate o del folclore e poi mai una parola di annuncio, una presenza missionaria, solidale..!
E’ mia convinzione che non si abbia una coscienza storica, di essere stati chiamati personalmente, di avere una missione precisa!
Perdiamo tanto tempo in cose effimere e futili… gli anni passano e non si evangelizza nulla! Siamo troppo ripiegati su noi stessi; sentiamo l’esigenza di divertirci, ci sentiamo stanchi, sfiduciati.
Ma dov’è il coraggio dei martiri, dei santi, il coraggio dell’Eucaristia che riceviamo, la rivoluzione della Messa?
(Fede e missionarietà – IV)
Newsletter 25/10
Domenica 4 luglio 2010
Dobbiamo prendere coscienza che abbiamo una missione da compiere.
Prendere coscienza che siamo un popolo storico, con una tradizione, alleato, e che la nostra nascita è stata voluta in funzione di una missione: la riconciliazione del mondo con Gesù Cristo. Come era chiara e vissuta da Gesù la missione, così è per la Chiesa, così è per noi che della Chiesa facciamo parte.
Dobbiamo mettere in crisi le nostre finalità grette e meschine. Dobbiamo scardinare tutte le finalità che non fossero in sintonia con la finalità della nostra esistenza.
E’ il grande scopo della nostra esistenza. E’ il nostro turno nella storia. E’ la finalità di Dio; è operare secondo Dio! Da qui il coraggio, le decisioni, le preghiere, il vivere comunitariamente, il far esplodere mille proposte, avere fervida fantasia, donare se stessi e tutto il proprio tempo non solo quello libero!
Tutte le nostre giornate, tutte le nostre iniziative, tutte le collaborazioni, i dialoghi sono da vedere, giudicare e orientare alla luce della missionarietà. Ogni riconciliazione deve avvenire nel piano di Dio che è la missionarietà!
(Fede e missionarietà – III)
Newsletter 24/10
Domenica 27 giugno 2010
Questo era il motivo della creazione: formare un popolo, una cosa sola, una sola famiglia. E’ il fine di tutta l’azione di Dio. Poi venne il peccato, la rottura. Ma il piano di salvezza di Dio per portare comunione continua fino alla venuta di Gesù Cristo: nella croce la riconciliazione.
Gesù ha iniziato la missione, ma questa deve essere continuata, perché tutti sappiano, vivano nella luce della Rivelazione. Qui nasce la Chiesa che ha come scopo la continuità della Missione della Trinità e, quindi, di Gesù: annunciare a tutto il mondo, fare discepoli tutti!
Noi siamo la Chiesa! Il popolo messo a parte, il popolo che si chiede, oggi, il perché della chiamata di Dio. Dobbiamo prendere coscienza che abbiamo una missione da compiere.
(Fede e missionarietà – II)
Newsletter 23/10
Proponiamo una nuova meditazione dal titolo “Fede e missionarietà – Riconciliare con l’annuncio”. E’ stata proposta nel 1985, ma mantiene ancora intatto il suo valore di invito pressante a essere missionari qui, oggi.
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Domenica 20 giugno 2010
La nostra esistenza è una chiamata. Se ci siamo è perché Dio ci ha chiamati: chiamati personalmente e comunitariamente. C’è tutta la storia dell’uomo… la storia di Israele. Non ci saremmo se non ci avesse chiamati. Noi siamo messi a parte, come Israele, curati particolarmente. Per noi ci sono stati la Rivelazione, i profeti, gli interventi storici, Gesù Cristo, la Madonna, la Chiesa. Tanta premura e attenzione deve far sorgere la domanda sul perché di tutto questo. Dio non chiama per chiamare, per divertirsi. Quando chiama Adamo – Abramo – Mosè – Davide – Isaia – Amos – Elia è per un progetto preciso. Occorre avere la coscienza di essere stati chiamati.
Coscienza dunque di essere un popolo Chiamato, un popolo messo a parte. Un popolo con cui Dio stesso scende a patti e giunge addirittura a creare l’Alleanza.. a incarnarsi per sentirsi in comunione, consanguineo..!
(Fede e missionarietà – I)