Domenica 23 febbraio
Non dovremmo stupirci o spaventarci se non sempre possiamo pregare subito e facilmente; bisogna fare un po’ di tentativi e di ricerche. Non sempre poi questo stato di preghiera vuol dire stato di consolazione, di euforia, ma solo di verità. Può darsi anche che uno si senta in vena, si senta bruciato interiormente. I mistici ci parlano di una fiamma che brucia, dolorosa, nella quale però sentono di essere se stessi davanti a Dio. Dobbiamo certo stare attenti a non confonderlo con gli pseudo stati di preghiera. Non si tratta di leggere un bel libro sulla preghiera, di sentirsi entusiasti e di vivere un giorno o due di questa bella impressione. Questo può anche falsare la nostra preghiera: ci aiuta però non dura. Lo stato di preghiera è invece quello in cui gli aiuti esterni ad un certo punto tacciono e siamo veramente noi stessi, anche se poveri. Forse non è la preghiera così luminosa e bella di cui abbiamo letto nei libri; è poverissima, semplicissima, però è nostra. Non è uno stato indotto dalla lettura dei mistici, ma è uno stato che è maturato in noi spontaneamente; anche se non è una pianta gigantesca; un cedro del Libano, ma solo un piccolo fiore, un filo d’erba: ma è nostro, e ritrovarlo è molto importante.
(Il dono della preghiera – VIII)